Telecom: ci avviamo verso un possibile declassamento?

Filippo Ispirato

Nelle ultime settimane la notizia della vendita di Telecom Italia alla compagnia spagnola Telefonica  non è stata accettata di buon grado dall’opinione pubblica e dalla classe politica del nostro paese, in quanto tale operazione finanziaria è stata percepita come una perdita di potere per l’Italia dal punto di vista finanziario sullo scenario europeo ed internazionale, in quanto si  perderebbe il controllo diretto sul comparto telefonico nazionale.

Nel fine settimana scorso si è tenuto il Consiglio d’amministrazione di Telecom, che ha ratificato le dimissioni del Presidente Franco Bernabè. In attesa della designazione del nuovo presidente, le deleghe operative sono state attribuite provvisoriamente all’Amministratore Delegato Marco Patuano.

Il Consiglio d’amministrazione doveva ratificare il piano industriale del gruppo telefonico, che invece è stato congelato, in attesa di capire come si evolverà la situazione al vertice della società anche alla luce delle ultime modifiche dell’assetto di Telco, che detiene il 22.4% di Telecom.

Vista la situazione non rosea del colosso telefonico l’agenzia di rating Moody’s già dai primi di Agosto ha messo sotto osservazione Telecom Italia e non esclude un suo possibile declassamento nei prossimi giorni dall’attuale Baa3 ad un gradino inferiore, collocandolo tra i titoli cosiddetti “speculativi” per il loro più elevato grado di rischio di insolvenza.

Per l’agenzia americana Moody’s l’unica chance di Telecom per mantenere l’attuale rating era legata alla capacità della sua dirigenza di reagire in tempi brevi alla situazione attuale attraverso l’attivazione di misure concrete per rafforzare il bilancio e ridurre i rischi finanziari.

Attualmente Telecom Italia non ha ancora preso decisioni in tal senso, né in termini di aumento di capitale, né in termini di cessioni di asset strategici, che le avrebbero fornito la liquidità necessaria per ripianare i debiti accumulati ed avere una gestione ordinaria più serena; i mercati finanziari si attendono, quindi, a breve un probabile declassamento del gruppo in breve tempo.

La levata di scudi che si è tenuta in questi giorni da parte dell’opinione pubblica ed in particolare dalla nostra classe politica sulla vendita agli spagnoli e sul suo declassamento, è sembrata, a nostro parere, piuttosto tardiva e demagogica.

Questo perché nel 2009 si è verificato un caso simile in cui il gruppo italiano Enel ha acquistato il 92,06% di azioni della spagnola Endesa diventandone di fatto proprietaria, senza che nessuno, né italiani né spagnoli, abbia battuto ciglio.

Per gli italiani l’acquisto dell’azienda spagnola non si è rivelato un ottimo affare visto il forte indebitamento in cui versava al momento dell’acquisto; tale operazione si è tradotta, quindi, in un assunzione di debiti che hanno pesato sul bilancio dell’Enel.

Nel caso della Telecom stiamo vivendo un caso che è diametralmente opposto; potrebbero essere stavolta gli spagnoli di Telefonica ad acquisire il gruppo italiano con il suo pesante indebitamento; questo potrebbe forse anche essere positivo per il bilancio di Telecom.

Gridare allo scandalo per la vendita di Telecom Italia sembra inoltre, come detto prima, tardivo e demagogico: perché non si è intervenuti anni addietro quando l’azienda ha effettuato scelte sbagliate accumulando pesanti debiti nel corso del tempo? Se si fosse avviato un serio piano di ristrutturazione finanziaria e di opportuni investimenti in tecnologia se ne sarebbe potuta evitare la vendita.

Forse la cattiva gestione italiana era accettata solo perché italiana? Non sarebbe meglio una  gestione efficiente, economica ed efficace indipendentemente da chi la gestisce?

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