SCUOLA: non fu mobbing … respinto il ricorso contro la Cimino

Aldo Bianchini

 

SALERNO – La notizia è di qualche giorno fa; il giudice del lavoro Leonetti ha assolto, con formula piena, la dottoressa Caterina Cimino (già dirigente scolastica del Genovesi) dall’accusa di mobbing ovvero ha respinto la richiesta avanzata dalla professoressa Teresa Masi contro la stessa Cimino per fatti risalenti agli anni 2008 e 2009.  Ovviamente è necessario attendere le motivazioni che il giudice del lavoro ha posto a base del suo provvedimento assolutorio per capirne di più, anche perché la materia è sensibilissima e la sentenza potrebbe <<fare scuola>> per altre vicende analoghe; cioè la decisione di Leonetti potrebbe costituire un <<precedente giuridico>> molto interessante, per questo va seguita fino in fondo. Ho atteso qualche giorno prima di dare la notizia perché volevo capire se e come la stampa locale si fosse mossa dopo aver strombazzato l’accusa nei confronti della Cimino come fosse già stata una sentenza definitiva. Niente, neppure una riga dedicata all’assoluzione. Il caso balzò agli onori della cronaca nel novembre del 2012 con titoli ad effetto: <<Mobbing: indagata preside del Genovesi>>, <<Mobbing a scuola, ecco il mio calvario>>, <<Mobbing su una prof, a processo la Preside>> oppure <<Mai vessata la prof dal preside Cimino>> (questo il titolo di una lettera aperta inviata ai giornale da Giuseppina Giliberti, già collaboratrice della Cimino). Poi, nel gennaio del 2013 come in una escalation rapida e successiva, si passò addirittura ad altre e forse più inverosimili accuse contro la Cimino rea (secondo le dichiarazioni di un escluso !!) di aver favorito, con la complicità di quattro collaboratori, il figlio Francesco, nell’assegnazione di alcuni progetti scolastici; ma di questo mi occuperò certamente a parte quando sarà il momento.  Tutto questo tanto per stigmatizzare l’enfasi accusatoria e il clima irrespirabile che si era creato artatamente (la sentenza ne è la prima prova) intorno alla figura ed all’azione manageriale della dirigente scolastica Caterina Cimino. Già nel novembre del 2012 scrissi qualcosa sul caso senza andare oltre la garbata precisazione che <<non credevo assolutamente>> nella colpevolezza della Cimino. Mi interessai più approfonditamente del caso, invece, nel febbraio del 2013 qualche giorno dopo aver appreso dai giornali di questa nuova farneticante accusa nei confronti della Preside; lo feci con un titolo che già in se conteneva molte risposte: <<Caterina Cimino: e se fosse lei la vittima ?>>. Era il 10 febbraio 2013 e nel contesto dell’articolo prima analizzai il termine <<mobbing>> spiegandolo per i non addetti ai lavori e poi, dopo aver sottolineato la funzione delicatissima del <<dirigente pubblico>> che la gente comune (e la stessa legge) vorrebbe più decisi e più incisivi sotto il profilo del riconoscimento del merito scrissi testualmente: <<“Fino a che punto può spingersi un dirigente nel disciplinare l’attività del proprio dipendente senza cadere nella trappola del mobbing “. In verità questa è una domanda che dovrebbero porsi anche i magistrati prima di ogni loro legittima decisione. Del resto questa domanda è il “filo conduttore” del libro “I nullafacenti” (ed. Mondadori) di Pietro Ichino. Anzi per dirla tutta Ichino nella prefazione è molto duro e si chiede:Perché, mentre si discute di tagli dolorosi alla spesa pubblica per risanare i conti dello Stato, nessuno propone di cominciare a tagliare l’odiosa rendita parassitaria dei nullafacenti ?”. Per carità il mio non è assolutamente un giudizio sul caso di specie ma soltanto una considerazione di carattere generale che, comunque, chi vuole seriamente operare nel mondo dell’informazione deve porre ai propri lettori. Un ragionamento che, ovviamente, non inficia e non mette in discussione né l’operato dei magistrati né gli atteggiamenti diversi e contrapposti delle parti in causa. Il giudizio ci dirà la verità, almeno quella giudiziaria>>. Ebbene sembra proprio (ma è necessario attendere le motivazioni) che il giudice del lavoro Leonetti abbia ispirato il filo conduttore della propria sentenza assolutoria alla domanda logica che avevo posto nel 2013 e che ho riproposto qualche rigo più sopra.  Anzi in questi ultimi mesi, con l’avvento del rottamatore Matteo Renzi (che molti già innalzano sugli altari del rinnovamento !!), questo concetto del limite della valutazione di merito dei dirigenti pubblici nei confronti dei sottoposti sembra essere stato spinto molto più avanti della stessa dimensione che al problema dava il giuslavorista Pietro Ichino. Secondo il verbo di Renzi il dirigente che non valuta il merito di quelli che devono operare nell’ambito del suo <<modello organizzativo>> vanno decisamente puniti, alla faccia del presunto mobbing. Nell’attesa delle motivazioni è stata restituita, intanto, alla professoressa Caterina Cimino la dignità tutta sua di essere stata per decenni tra i migliori e più efficienti dirigenti scolastici che la Città di Salerno abbia mai avuto.

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