La voce del padrone/6: mamma Rai

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Appalti, consulenze e produzioni esterne, contratti di collaborazione inutili e super pagati, telegiornali pressoché identici, decine di troupe che si spostano in Italia e in giro per il pianeta per lo stesso appuntamento, trasmissioni che si copiano tra loro, conduttori che si scherniscono a vicenda, costose ed insipienti sedi regionali, corrispondenti ed inviati a gogò; tutto questo ed altro ancora é la RAI, gentili signori, la RAI di oggi ovviamente e non quella di ieri e dell’altro ieri. Non l’ho detto io ma l’ UsigRai (il sindacato dei giornalisti della tv di stato) per rispondere e raccogliere la sfida di Matteo Renzi lanciata dalla tribuna del festival dell’economia di Trento. Tutto per via di quei benedetti tagli (si parla di una somma di circa 170milioni di euro recuperabili dalla vendita di Rai/Way già decisa nel 2000 e che l’allora ministro per le comunicazioni Maurizio Gasparri sospese senza alcuna giustificata motivazione. Ne vedremo delle belle nei prossimi mesi, questo é garantito; la Rai é un vero e proprio avamposto di potere politico ma anche personale di molti giornalisti che del servizio pubblico ne hanno fatto una roccaforte privata di appartenenza e di casta, in moltissimi casi anche senza alcun merito professionale specifico. Mamma Rai fu lottizzata quasi subito dalla politica che dovette aspettare una decina di anni per assegnare il primo canale alla DC ed il secondo al PSI, poi arrivò il terzo canale per il PCI e nonostante la diversità del pensiero politico tra gli staff delle tre reti ben presto si arrivò ad una omologazione dei programmi e ad una classificazione troppo marcata dell’informazione elargita dai telegiornali. In barba ovviamente a quel principio di “servizio pubblico” che dovrebbe essere al di sopra di tutti e al di fuori di ogni schieramento. E’ positivo che il sindacato dei giornalisti abbia accettato la sfida di Renzi, ma é secondo me una sfida persa in partenza, non fosse altro perché all’interno della tv di stato non ci sono più quelle marcate professionalità fuori dagli schieramenti e lontane dalla politica in grado di garantire autonomia e indipendenza. Del resto cosa possiamo, oggi, pretendere quando per decenni abbiamo assistito allo scempio di raccomandazioni a tutto tondo per far entrare in Rai cani e porci, come si suol dire. Per non spaziare troppo in giro basta fermarsi a quanto accaduto tra le province di Salerno e Avellino ai tempi di Carmelo Conte (PSI) e Ciriaco De Mita (DC) ed alla paurosa infornata di giornalisti realizzata dai due politici in cerca di sempre maggiori spazi mediatici in campo regionale e nazionale. Non che questi inserimenti siano stati per loro molto di aiuto; difatti quando hanno avuto bisogno, soprattutto per Conte, tutti si sono rifugiati dietro mentite spoglie pur di tenersi  molto lontani dal loro mentore di riferimento. Ma questa, ovviamente, é altra storia che meriterebbe nuove e più approfonditi capitoli di questa lunga telenovela che riguarda la tv in generale ed anche la mia tv, quella che ho fatto per oltre venticinque anni, una tv di provincia ma, forse, sperimentale e di avanguardia. Come finirà la “battaglia della Rai“, credo sostanzialmente in fumo, come tante altre cose, l’effetto Renzi si affievolirà e mamma Rai continuerà a dispensare prebende e potere, quello mediatico s’intende, alla faccia di tutti.

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