Padula/11: vantaggi ingiusti e danni irreparabili !!

Aldo Bianchini

PADULA – Le parole che ho mutuato nel titolo “vantaggi ingiusti e danni irreparabili” sono l’essenza della costante dialettica e ripetitiva che il Procuratore della Repubblica di Lagonegro, Vittorio Russo, utilizza nel contesto di tutta la sua lunga “richiesta di rinvio a giudizio” a carico di ben undici personaggi, tutti legati in qualche modo con il Comune e tutti, o quasi, legati alla vicenda prima tecnica e poi giudiziaria che ha portato in data 1° aprile 2014 al sequestro della struttura di proprietà dei F.lli Giuseppe e Antonietta Blosi. Da diversi mesi la struttura, per la cronaca, è stata in gran parte dissequestrata e i Bloisi hanno potuto riprendere la loro attività commerciale denominata “Sportissimo Bloisi” lungo la SS/19 in loc. Cardogna di Padula. La Procura si intrattiene costantemente sulla descrizione dei “vantaggi ingiusti” e sui “danni irreparabili” quasi come a voler descrivere un clima da ultima spiaggia, da grande sfida tra due soggetti: uno avvantaggiato ingiustamente e l’altro proditoriamente danneggiato irreparabilmente dai comportamenti illeciti e fuorvianti che, ognuno per la parte di proprie responsabilità, gli undici indagati avrebbero avuto nel determinismo dei vantaggi e dei danni. Una sorta di “disegno criminoso a sfondo politico” artificiosamente attuato da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni e da semplici cittadini compiacenti e desiderosi di ottenere i vantaggi ingiusti.  Sullo sfondo la battaglia, anche non volutamente personale o necessariamente personalizzante, tra due gruppi imprenditoriali: da un lato “Sportissimo Bloisi”  dei F.lli Bloisi e dall’altro la “Vematel snc”di Vincenzo Sanseviero. Non vorrei contraddirmi con quanto lungamente scritto nelle precedenti puntate di questa storia ma la vicenda mi appare troppo riduttiva se la si restringe ad una battaglia personale tra i Bloisi e Sanseviero; qui, nell’ufficio tecnico del Comune di Padula, c’è stato un qualcosa che la Procura tenta di portare verso l’identificazione di “un disegno criminoso a sfondo politico” ma che in realtà potrebbe anche semplicemente ricondursi a due fasi ben distinte nell’interpretazione della legge regionale sull’urbanistica in zone ad alto tasso di sviluppo turistico e commerciale (come Padula è grazie alla Certosa di San Lorenzo) che era nata (credo nel 2004) con grandi aperture e che mano a mano negli anni è stata ricondotta sotto la disciplina delle leggi urbanistiche nazionali. Ma perché la Procura insiste nell’ipotizzare il “disegno criminoso a sfondo politico” ? Insiste per il fatto che la dilatazione dei tempi e delle autorizzazioni richieste, tempestivamente e intempestivamente, al Sanseviero potrebbero far pensare e credere al disegno criminoso e far passare l’idea che qualcuno è stato favorito di proposito e qualche altro è stato danneggiato artatamente. E perché ? Secondo la Procura perché non avrebbe pagato “le mazzette” richieste; questo almeno si evince dalla lunga richiesta di rinvio a giudizio. Ed a chi sarebbero state pagate le mazzette ? La procura ha un’idea precisa e cita, per nome e cognome, anche l’imprudente funzionario che avrebbe richiesto le somme; nome e cognome che io non faccio non per paura di querele ma perché a me quasi mai interessano i singoli nomi preferendo andare alle radici dei fenomeni. Ma c’è un problema, come dicevo nella scorsa puntata; possibile che nessuno è andato in galera ? E allora se nessuno è andato in galera come fa la Procura, in maniera anche forzata, a descrivere dettagliatamente le fasi della richiesta e del diniego ? Probabilmente perché la Procura segue un vecchio schema accusatorio, frutto del libero convincimento del magistrato, e descrive dette fasi per irrobustire nella mente del GUP il castello accusatorio in danno degli undici indagati, dieci dei quali non hanno alcun rapporto con le mazzette ma che (sempre secondo la Procura) potrebbero in parte essere i presunti destinatari delle prebende. Perché altrimenti non si spiegherebbe in alcun modo la frase “richiedeva espressamente la somma di 20-30mila euro per fare regali ai funzionari che avrebbero dovuto esaminare la pratica”. Ma c’è un altro problema che potrebbe mettere in discussione l’impianto accusatorio della Procura. Se dopo le dichiarazioni di “ignoto 1” e del suo rifiuto di sganciare soldi per mazzette non sono scattate le manette, come non sono scattate, perché il diretto interessato “Ignoto 2” non ha querelato per calunnia “Ignoto 1” ?  probabilmente perché l’accusatore ha parlato di aria fritta e l’accusato non ha ritenuto neppure di controbattere per le vie giudiziarie ad un’accusa che allo stato è assolutamente inconsistente o, in via subalterna, perché ha pensato che era meglio zittire. Ma allora perché la Procura ha avuto la necessità di evidenziare, comunque, nella richiesta di rinvio a giudizio la storia delle mazzette richieste e non pagate ? Ripeto quello che ho detto prima, innanzitutto per avvalorare l’ipotesi accusatoria agli occhi del GUP e poi per quell’antico e non giusto vezzo che hanno molti pubblici ministeri di inserire nelle loro richieste anche fatti e circostanze assolutamente non provate. A tal proposito voglio ricordare a tutti, visto che ci troviamo nel Vallo di Diano, lo scontro epocale che ci fu tra l’on. Enrico Quaranta e il giudice istruttore Domenico Santacroce che all’epoca era in servizio presso il tribunale di Salerno prima di venire a Sala come Procuratore capo. Ebbene in una ordinanza di rinvio a giudizio per gli assassini del boss “Alfonso Rosanova” nell’ospedale di Via Vernieri, “don Mimì” inserì (per dare maggiore spessore al suo castello accusatorio) uno stralcio di una conversazione “de relato” che un pentito avrebbe sentito da un altro pentito che a sua volta avrebbe ascoltato direttamente dal boss ucciso; il fatto riguardava un presunto colloquio a sfondo politico intervenuto tra il boss Rosanova e il senatore Quaranta qualche anno prima. In quel caso accadde la fine del mondo e Quaranta riuscì a difendersi molto bene, fino al punto che Santacroce fu spedito a Palermo per qualche tempo. Questo per dire che gli impianti accusatori vanno presi, sempre e comunque, con le pinze. Ma allora potrebbe essere accaduta la stessa cosa nel caso in questione che più ci interessa ? E’ presto per dirlo. Bisognerà aspettare e vedere quale peso il GUP intenderà dare alla “provocazione” della Procura. Ma nella storia che sto raccontando, ovviamente, ci sono altri aspetti inquietanti che cercherò di analizzare nelle prossime puntate.

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