Il senso degli inglesi per la democrazia – Le nostre idee non oltrepassano le nostre esperienze (David Hume)

 

 

di Angelo Giubileo

(avvocato-scrittore)

 

Il premier britannico Boris Johnson

Winston Churchill disse un giorno di novembre del 1947 alla Camera dei Comuni: “E’ stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”. Ritengo che avesse ragione per una serie di motivi. Innanzitutto, in ragione del fatto che la democrazia non è che una forma di governo, nient’altro, e quindi una forma di controllo e gestione di ciò che oggi chiamiamo “eventi” e fino a ieri chiamavamo “fatti”. E quindi, secondariamente, una forma di controllo dei fatti comunque “peggiore”, perché affidata a una maggioranza di individui, e quindi sottratta al controllo di ogni singolo individuo. Dato che – come ha bene sottolineato in epoca più recente la Prima Ministra Margaret Thatcher – “non esistono società ma individui”. E ciò, in aggiunta al fatto altresì imprescindibile che, in quanto uomini, ci è toccato in sorte di non poter governare il destino ignoto e avverso che ci attende. “Peggiore” dunque sì, ma migliore rispetto a tutte le altre forme di governo che Churchill diceva erano state fino ad allora sperimentate. Nel 1947, dopo la fine del secondo conflitto storico “mondiale”, la popolazione globale si era appena sottratta alla presa di controllo da parte del governo nazista e quindi, in generale, la forma di controllo della democrazia era apparsa alla stessa stregua di “una manna piovuta dal cielo”. Ma, verso la fine del secolo scorso, l’ordine fideistico e progressista del “crescete e moltiplicatevi” si è nei fatti rivelato un vero e proprio boomerang per l’intera popolazione del nostro pianeta. Churchill, di fronte alla tendenza crescente della popolazione mondiale, aveva già presagito il destino futuro di possibili forme di governo peggiori rispetto alla “democrazia” in genere o una forma di “democrazia” in specie peggiore rispetto a quella fino ad allora generalmente sperimentata. E così – dopo l’imperativo democratico e progressista di quest’inizio secolo, e cioè l’esportazione della democrazia -, sarebbe ora invece il caso di discutere se la forma di democrazia ancora sperimentata nel primo Novecento sia piuttosto compatibile con una popolazione di quasi otto miliardi di uomini, oltre al fatto che una democrazia – come in specie quella oggi dell’Unione Europea – universalistica e consensualistica – tanto per intenderci modello-social, Facebook o altri – è stata è e rappresenterà sempre un fallimento. La democrazia non ha niente a che fare con la “verità”, ciò che i Greci antichi chiamavano “episteme”. E infatti, secondo Platone, la verità appartiene all’ordine “divino”, e quindi ignoto, del Fato e non all’ordine della polis. In generale, sembra che gli inglesi abbiano compreso meglio la lezione della storia. E dei classici.

 

 

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