SARNO: i misteri sommersi di un fiume ancora da bonificare

 

Aldo Bianchini

SARNO – A metà degli anni ’60, poco più che ventenne, spesso con pochi amici andavo da Salerno nell’area del “fiume Sarno” per assaporare, in quelle specie di imbarcadero-ristoranti, posti lungo le sue rive, i mitili e i pesci di acqua dolce (mista a quella di mare che risaliva lungo il letto del fiume) che andavano per la maggiore ed erano gustosissimi.

Dopo pochissimi anni, già agli inizi degli anni ’70, il travolgente degrado ambientale portò via tutta quella bellezza che rigogliava su entrambe le sponde del prestigioso fiume della Campania. E pensare che tuttora l’area della fice del Sarno insiste, nonostante il veleno scaricato in mare, su un miracolo della natura dal nome “Banco di Santa Croce” posto alle porte della famos costiera sorrentina: “una miniera di biodiversità – spiegava Valerio Zupo, ricercatore della Stazione zoologica “Anton Dohrn” di Napoli – stranamente collocata vicino ad una delle aree più inquinate d’Europa, la foce del fiume Sarno in Campania, ricca di nutrienti organici ma anche di fanghi tossici, nonostante i tentativi di ripristino dell’equilibrio ecologico”. Una specie di calderone “caurarusso” marino situato a poco più di dieci metri di profondità e qui dentro abitano ancora: “Pesci e crostacei … Non mancano gamberoni, aragoste e polpi ma anche pesci, come cernie, scorfani, saraghi, tagri e tordi verdi. Le cernie raggiungono dimensioni notevoli, anche di decine di kg: di fatto dal Banco arriva il pesce che viene catturato nelle zone circostanti. Secondo una simulazione al computer di qualche anno fa, la produzione è simile a quella di un impianto di acquacoltura molto efficiente” (fonte Il Mattino di alcuni anni fa).

Ebbene, nonostante questo miracolo della natura, l’uomo continua con malefica pervicacia ad inquinare centimetro per centimetro tutti i suoi 24 km. di lunghezza (con un bacino notevolmente esteso per circa 500 km-quadrati); tanto da essere definito il fiume più inquinato d’Europa insieme ai suoi affluenti Solofrana e Cavaiola attraverso l’Alveo Comune Nocerino.

Quello del Sarno è un pozzo senza fondo, almeno per l’ingente quantità di denaro pubblico investito senza alcun risultato.

Ad ogni progetto, d ogni promessa di bonifica, seguono silenzi interminabili con tanti soldi che scompaiono nei flutti dell’antico fiume, addirittura osannato fin dall’antichità.

 

E come tutti gli altri sindaci che lo hanno preceduto in questi ultimi sessant’anni ecco spuntare anche il neo rieletto sindaco Pasquale Aliberti pronto a denunciare “al Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri l’allarme miasmi del Sarno che sta invadendo la città. In città è emergenza. In programma un tavolo tecnico a palazzo Mayer con dirigenti e forze dell’ordine. Spunta anche l’idea di un consiglio comunale monotematico proposto dalla commissione urbanistica e ambiente guidata dal forzista Gennaro Avagnano da tenersi, su idea del consigliere forzista Luigi Cavallaro sul controfosso destro del fiume Sarno” (questa la notizia diffusa dal quotidiano Il Mattino – ediz. 08.08.23 a firma di Nicola Sposato).

Non sono in grado di prevedere cosa realmente accadrà dopo la denuncia pubblica di Pasquale Aliberti e i suggerimenti anche dell’opposizione di portare il caso in sede regionale; tutte iniziative lodevoli se non fosse, però, che il “caso Sarno” è già da decenni assurto alle cronache mondiali; tutto, quindi, lascia prevedere che quella di Aliberti, della sua maggioranza e dell’opposizione non sia altro che un palliativo alle rimostranze della gente che proprio non ne può più di questa situazione.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *