MIGRANTI: qualcuno fermi la giudice Apostolico … lettera aperta

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Il nuovo “caso Apostolico”, risalente ad un pio di settimane fa, scuote fin dalle fondamenta il già tormentato rapporto a tre: politica – magistratura – forze dell’ordine e nell’affermare questo sfido chiunque a contestare la mia considerazione, Bisognerebbe scrivere un decalogo netto e preciso per dire cosa deve fare la politica, come si deve comportare la magistratura e quali sono i confini di un poliziotto in assetto antisommossa che si trova difronte un manifestante violento e rissoso; non tutti, per carità ma una buona fetta di manifestanti sono da sempre violenti e rissosi, forse peggio dei tifosi allo stadio che si sfrenano per dare sfogo a tutte le loro frustrazioni.

Dopo il “caso di Iolanda Apostolico” (giudice civile del Tribunale di Catania) balzata agli onori, o agli orrori, della cronaca per aver preso parte ad un manifestazione piuttosto agitata (per non dire altro !!) contro l’allora decreto immigrati del ministro Salvini, ecco arrivare il “caso Moffa” per scoprire che Francesco (questo il nome di battesimo del Moffa) è il figlio della Apostolico; che il 29 marzo 2019, dopo che la mamma aveva manifestato il 25 agosto 2018 per la Diciotti, aveva preso parte ad una manifestazione anti aborto a Padova per urlare contro la polizia “assassini” e “animali”).

Ma la scoperta più grande è che “anche i giudici hanno i figli” e che, come per tutti gli altri figli, cosa non fa una madre per un figlio, e nella fattispecie cosa non fa una madre magistrato per un figlio che è incappato, suo malgrado, nei rigori di una polizia violenta.

I figli so’ pezzi ‘e core”, cantava Mario Merola in una delle sue storiche sceneggiate napoletane; ma quelle erano sceneggiate; altra storia è la realtà in cui i figli rimangono sempre pezzi di cuore anche se quello che fanno non deve ricadere sui genitori, così come le colpe dei genitori non devono mai ricadere sui figli.

Il rapporto si complica quando i genitori (o i figli) per difendere quel “pezzi di cuore” vanno in un’aula giudiziaria (non si capisce a quale titolo !!) per testimoniare, astutamente e da consumati giuristi, che i figli avevano detto che la polizia era stata violenta; una inquietante “testimonianza de relato”, non c’è che dire.

Rinviato a giudizio insieme ad altri 13 manifestanti Francesco Moffa è stato, fortunatamente per lui, assolto da ogni accusa per il reato di “resistenza e violenza a pubblico ufficiale” per “aver colpito con un pugno gli scudi del personale di pubblica sicurezza”.

Non ho letto la sentenza ma presumo che il giudice monocratico che ha assolto il giovane Moffa lo abbia fatto sulla scorta del famoso “libero convincimento” che il ragazzo aveva agito per legittima difesa, quasi come per pararsi dagli scudi che potevano colpirlo; tutto bene, non fa una grinza, la giustizia innanzitutto. Una giustizia che anche in questo caso non è completa; difatti se il giovane si è difeso c’è stato qualcuno che lo ha attaccato, e questo qualcuno è rimasto impunito.

Cosa dire ? almeno per me non rimane che lanciare un avviso ai naviganti, cioè alle forze dell’ordine: “Quando in assetto antisommossa dovete caricare le folle mi raccomando di chiedere prima i documenti di identità; eviterete così di imbattervi in spiacevoli conseguenze per aver colpito la coscia di una ragazza (amica del figlio di una giudice) con una manganellata”.

La politica, la magistratura e le forze dell’ordine facciano quindi presto a mettere nero su bianco un “decalogo creativo” su cosa deve fare la politica, come si deve comportare la magistratura e quali sono i confini di un poliziotto in assetto antisommossa. Nel frattempo l’Avvocatura Generale dello Stato ha proposto ricorso per Cassazione contro le decisioni dei giudici di Catania e Firenze che avevano, con due distinte ordinanze, scavalcato il decreto Cutro.

Grazie a lei, comunque, la politica potrebbe avere via libera nell’assegnare la gestione dei rimpatri alle Corti di Appello ovvero direttamente ai Giudici di Pace; per buona pace dell’Apostolico.

Alla giudice dott.ssa Iolanda Apostolico chiedo di spiegarmi (semmai leggerà questo articolo … ma le vie del web sono infinite !!) cosa doveva fare quel giovane carabiniere Mario Placanica (intrappolato in un defender) il 20 luglio 2001 per non sparare al volto del giovane manifestante Carlo Giuliani (manifestante no-global nel corso del G/8 di Genova) e comunque difendersi per non essere a sua volta ucciso, in considerazione del fatto che altri suoi colleghi giudici lo hanno assolto certificando la sua non violenza ?

  • CARLO GIULIANI – L’impegno sociale e la passione politica – Figlio di Adelaide Cristina Gaggio e Giuliano Giuliani, Carlo nasce a Roma il 14 marzo 1978. Dopo il liceo scientifico, sceglie la facoltà di Storia all’università. Dal servizio civile presso Amnesty International a Genova, all’adozione a distanza di un bambino tramite la comunità di Sant’Egidio, è un ragazzo impegnato nel sociale. Ha a cuore le lotte politiche e per un periodo è iscritto a Rifondazione Comunista. Il 2001 è l’anno delle contestazioni no-global al G8 di Genova e lui è in piazza tra i manifestanti

 

 

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