SALIS: la prima cosa buona di Elly, tra libertà e liberalismo

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Dopo tante critiche, devo dare atto ad Elly Schlein della prima cosa molto positiva fatta (almeno a parole !!) nella sua breve vita da segretaria nazionale del Partito Democratico (P.D.) nato dalle ceneri di quelli che furono i gloriosi Partito Comunista Italiano (P.C.I.) e Democrazia Cristiana (D.C.).

Alludo, ovviamente, alla vicenda relativa alla disavventura (ma solo per colpa sua !!) rovinata sulle spalle di Ilaria Salis, la cosiddetta sacerdotessa del liberalismo, incarcerata in un Paese straniero, molto straniero, come l’Ungheria di Orban accusato di autoritarismo.

Senza bisogno di ricorrere ad eccessivi sofismi filosofici e letterari è facile, anche per un bambino, capire che se tu vai in un Paese straniero a trazione autoritaria e non liberalista (come l’Italia, dove ormai non si capisce più niente) non puoi e non devi pretendere di poter fare le stesse cose che semmai nel nostro Paese, leggi – norme e consuetudini farlocche, ti consentono di fare.

Ma in Italia è vietato qualsiasi semplice ragionamento, da noi vige la complessità di un sistema politico-giudiziario da brividi, che spesso è accompagnato da una assoluta confusione ed accavallamento legislativo di difficile comprensione anche per chi quelle leggi e quelle norme dovrà farle rispettare. Da noi, purtroppo, è così. E tanto per evidenziare che non sono proprio totalmente privo di ogni spunto culturale ricordo a tutti l’attacco del discorso sulla democrazia che Pericle pronunciò nel 461 a.C.: “Qui ad Atene noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Qui ad Atene noi facciamo così”.

In queste ultime settimane, alla vista della Salis, con polsi e piedi ammanettati (chi non frequenta i tribunali italiani non sa che anche da noi i carcerati attraversano lunghi corridoi completamente ammanettati e incatenati l’uno all’altro) in tanti si sono giustamente scandalizzati perché qui da noi in aula si entra sempre senza manette. Ovviamente parliamo di due sistemi molto diversi; sistemi che comunque devono essere rispettati perché l’occidente è una parte del mondo che professa la presunta libertà e l’est, invece, è quella parte in cui si esercita con forza l’autoritarismo. Ma c’è naturalmente una variante pericolosissima che la Salis, così come la Schlein, dovrebbe conoscere benissimo: qui da noi quella libertà (che in altri Paesi occidentali ha precisi confini) è diventata liberalismo mischiato a vero e proprio fanatismo politico-religioso.

Fortunatamente se ne è accorta in tempo la segretaria del PD, Elly Schlein, che alle traboccanti richieste di candidare per le Europee la “new pasionaria Ilaria” e dopo un confronto con il padre di quest’ultima e, infine, dopo aver capito che la pasionaria non è vittima dell’autoritarismo di Orban, ha così sentenziato sulle frequenze dei cinque minuti di Bruno Vespa: “… No, questa ipotesi non è in campo … Ho letto elucubrazioni su trattative. Non c’è nessuna trattativa per candidare Ilaria, e ho voluto incontrare suo padre per discutere con lui come possiamo riuscire a togliere una cittadina italiana da questa situazione umiliante mi scuso per il clamore mediatico che si è creato …”.

Bene, brava; così ha allontanato quella stagione stonata (se giusta o sbagliata sarà la storia a giudicare) creata dai Radicali quando in rapida successione candidarono alle elezioni nazionali ed europee personaggi del calibro di Tony Negri (ispiratore filosofico della B.R.), Enzo Tortora (noto presentatore televisivo), finanche la pornostar Ilona Staller e tanti altri; ha capito la Schlein che quel modello radicale ha soltanto garantito l’immunità a quei personaggi ma non ha funzionato come sistema politico innovatore, avendo trascinato la libertà nell’assoluto liberalismo.

 

 

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