GIUSTIZIA: quella penale è finita in tv

 

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Potrei anche capire la rabbia dei magistrati per il rischio di vedersi sottrarre una consistente fetta dei “poteri” che nel corso di questi ultimi decenni hanno arraffato anche grazie all’insipienza della politica che si è arresa come Cristo sulla croce; ma non posso assolutamente condividere il loro atteggiamento intransigente contro la politica ogni qualvolta quest’ultima si azzarda a proporre delle modifiche, per non dire riforme.

Una chiusura, quella dei magistrati, che inquieta o dovrebbe inquietare qualsiasi semplice cittadino; eppure ogni singolo magistrato dovrebbe rappresentare proprio quella tipologia di persone aperte ad ogni tipologia di confronto e dibattito, anche al fine di raggiungere meglio la possibile verità che è, in definitiva, la loro missione professionale molto lontana dall’esercizio forsennato del potere.

A tal proposito è significativo l’incontro a Palazzo Chigi il 5 marzo 2025 tra la presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni e il presidente dell’allora neo eletto presidente dell’A.N.M. Cesare Parodi; un incontro presentato dalla stampa nazionale come un momento che finalmente avrebbe potuto portare una schiarita nei rapporti tra politica e magistratura anche perché lo stesso Parodi, appena eletto, aveva decisamente parlato in questo senso.

L’incontro si tenne, ma assunse subito un significato soltanto istituzionale; il presidente Parodi aveva già letteralmente cambiato pensiero e pochi giorni dopo l’incontro incominciò anche lui a scagliarsi contro il governo e l’annunciata (solo annunciata !!) riforma.

La magistratura, quindi, non riesce a riformarsi da sola per ridare alla sua immagine quell’austera serenità, riservatezza e fermezza che un tempo aveva nell’immaginario collettivo; ed è per questo che il ramo penale della giustizia è ormai ridotto ad un teatrino mediatico infarcito di opinionisti di tutti i generi, spesso incapaci, altezzosi e saccenti; per non dire di tutte quelle galline parlanti che occupano gli schermi televisivi dalla Rai a Mediaset, passando per Sky e La/7.

Il “segreto istruttorio” è come quello di Pulcinella ed anche gli atti secretati arrivano nelle mani dei giornalisti prima ancora degli avvocati e degli indagati. Ricordo quando nel lontano 1992/1993 l’allora sindaco Vincenzo Giordano, almeno in più occasioni, si lamentò per il fatto che “un giornalista” fosse arrivato in Comune per chiedere, addirittura, se era già arrivato il PM Michelangelo Russo (titolare di molti fascicoli di indagini sulla pubblica amministrazione). Già allora, quindi, le veline preziose viaggiavano a velocità supersonica. Una vergogna !!

Il cosiddetto “caso Garlasco” che in questi mesi imperversa televisivamente tra bugie, scoop, documenti inesistenti e ricostruzioni più che fantasiose. Eppure per Garlasco c’è il procuratore di Pavia “Fabio Napoleone” (notissimo per la sua grande professionalità) che fino a questo momento ha dato una lezione di riservatezza e di silenzio che dovrebbe poter insegnare qualcosa a tanti pubblici ministeri; ma non c’è niente da fare, la giustizia penale è tracimata dal suo alveo naturale ed è anche diventata oggetto di discussioni da bar dello sport, dove un tempo si parlava soltanto di calcio.

Scrivono saggiamente Fabrizio Rippa e Guido Trombetti su Il Mattino (ed. 12.06.25): “”La giustizia penale è sempre stata “spettacolarizzata”. L’enorme cifra simbolica -che inevitabilmente caratterizza quel ramo dell’ordinamento giuridico l’unico capace di infierire sul “corpo” dell’essere umano- ne ha sempre permesso un utilizzo strumentale da parte dei detentori del potere pubblico, per lo più collegato alla presunta efficacia general-preventiva della pena. Certo, oggi siamo lontani da quello splendore dei supplizi di cui ci ha tramandato il grande sociologo e filosofo francese Foucault. Egli nelle preziose pagine del suo “Sorvegliare e punire” ci spiega che il supplizio giudiziario deve essere inteso anche come rituale politico. Fa parte delle cerimonie con cui il potere si manifesta“”.

Ma oggi, nel 2025, abbiamo soltanto bisogno di giustizia giusta e non di manifestazioni di potere; da qui la necessità della riforma; anzi di riforme periodiche per garantire democrazia, sicurezza e giustizia. Ma attenti, quando parliamo di riforma della giustizia ne parliamo impropriamente; quello che ci vuole nella nostra Nazione è la riforma della magistratura; a cominciare dalla Suprema Corte della Cassazione che proprio in questi giorni, facendo sfoggio di potere, ha fatto irruzione sulle decisioni del governo.

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