La corsa del Dragone

La corsa del Dragone comincia a rallentare: una buona occasione per il Made in Italy

 

Filippo Ispirato

Nello scenario economico internazionale l’economia cinese continua a macinare  nuovi traguardi con una crescita del Pil a livelli che nessun paese  industrializzato (Europa, Giappone o Usa che sia) riuscirebbe a replicare  neanche nelle sue più rosee previsioni. L’economia in Cina è basata soprattutto sul mercato delle esportazioni e il

costo della manodopera è ancora a livelli molto bassi, ma un primo dato di  rallentamento della superpotenza asiatica arriva dall’indice Pmi dell’industria  manifatturiera, che riassume il totale degli ordini industriali, in calo dalla  primavera e oggi al suo minimo da inizio anno.  Il rallentamento è dovuto principalmente a tre aspetti: – l’appeal della Cina comincia a diminuire, in seguito all’aumento del costo

del lavoro della sua manodopera; infatti, già da qualche anno l’attenzione, da  parte di diverse multinazionali, si concentra su altri paesi con manodopera a  costo più basso per l’apertura di nuovi insediamenti industriali (in  particolare il Vietnam e tutta la penisola dell’Indocina).  – la Cina si trova in una fase della sua crescita in cui, oltre che  preoccuparsi di mantenere il livello dei costi di produzione bassi per le  esportazioni, dovrebbe cominciare a prendere in considerazione la sua domanda  interna. Il reddito disponibile dei cinesi è aumentato in maniera sensibile  nell’ultimo ventennio e, quindi, con una popolazione di 1 miliardo di persone  (pari a tre volte quella degli Usa e a più di 15 volte di quella dell’Italia, Francia e Germania) la Cina dovrebbe considerarsi non solo come mercato di  produzione ma anche di consumo. L’Impero Celeste non è riuscito a muoversi in tal senso e a promuovere delle azioni mirate alla crescita del proprio mercato interno, che reputa, invece, i prodotti europei come appetibili e sinonimo di uno status sociale agiato. – la corruzione è ancora a livelli molto alti e limita fortemente il potenziale di crescita del paese insieme alla situazione politica saldamente in mano al partito comunista cinese che controlla totalmente l’economia. Al di la comunque di ogni considerazione sui problemi di Pechino, bisognerebbe  approfittare di questo momento di defaiance per cogliere delle buone occasioni di crescita e di sviluppo. Per l’Italia ed il made in Italy, sempre apprezzato sia nel campo del design, della moda, dei motori e dell’agroalimentare, solo per citarne alcuni, potrebbe essere una buona occasione considerando le potenziali dimensioni del mercato asiatico e la possibilità di spesa da parte dei nuovi ricchi di Pechino o Shangai sempre più orientati alla ricerca di prodotti di qualità. La Cina non dovrà essere considerata solo come nostro concorrente, come minaccia, ma ora più che mai come un’opportunità per i nostri prodotti di eccellenza. In questo l’Italia dovrà competere con le altre nazioni che già da tempo si sono mosse in tal senso, Germania fra tutte, in modo da creare per le nostre aziende e soprattutto per i giovani delle nuove occasioni di sviluppo in un momento economico tra i più difficili dal dopoguerra ad oggi.

 

 

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