I PARTITI INVISIBILI DEL VALLO DI DIANO

Antonio Citera

Il termine politica, deriva dal greco “polis, città”, ossia l’amministrazione della cosa pubblica per il bene di tutti. Tutti in egual misura, anche coloro che non sono smossi da ideali o  da valori che geneticamente accompagnano il percorso di ognuno, sono teoricamente preposti all’ambito politico, e possono occuparsi della gestione dello Stato, o sue strutture sub territoriali, quindi anche chi subisce gli effetti della stessa, e di conseguenza scende in piazza a protestare, “fa politica”.  Da anni siamo testimoni o peggio vittime di classi dirigenti che si contendono poltrone, che non permettono uno scambio generazionale, o meglio ancora, addomesticano i pochi e li tengono a guinzaglio come cagnolini. Che la gente ormai sia sconfortata , e che i più condividano con loro mestizia, insicurezze e rabbia non è un mistero, ma non è giusto essere negativi e sconfortati perché questa posizione soffoca e reprime la crescita ed il miglioramento. Non è la violenza e la rabbia, il percorso per costruire positività. Viviamo una situazione in “par condicio”, con delusioni e repressioni da entrambe le parti politiche, peccato che non si consideri che prima di ogni evoluzione positiva, per la soddisfazione e la crescita personale e sociale, ciascuno deve fare un passo verso la disponibilità e l’impegno personale, un passo verso la costruzione di un nuovo contesto dove l’etica, la morale, la coscienza e lo spirito di sacrificio, condite da una buona dose di coraggio, portino a prendere quelle costose decisioni di sacrificio che ci vedrebbero artefici di un futuro diverso.
Davvero nel turismo e nei servizi, avremmo infinite risorse da qualificare e sfruttare, la nostra cecità e gli interessi di chi attualmente lucra sfruttando la situazione facendo balenare pronte riprese senza impegno e sacrifici, porta tutto alla consunzione ed allo sfascio. Solo una nuova consapevolezza dei giovani veri (cioè quelli che hanno meno di 40 anni anagrafici) delle loro capacità di poter costruire di nuovo questo vecchio mondo, come fari di luce per il resto del comprensorio, con garbo e decisione tanto da coinvolgere tutti con l’esempio e la determinazione, può salvare loro stessi e noi tutti, dallo sconforto e dall’autodistruzione. OGGI IL BUON SENSO non si può rivendicare o riscontrare ne a destra ne a sinistra, e non basta chiamarsi al centro per riciclarsi, servono programmi e progetti concreti di risanamento dei conti pubblici, di recupero e sviluppo sociale. E CHI HA DISTRUTTO ed anche chi ha consentito la degenerazione attuale, non è in grado di rivendicare la capacità di poter ricostruire. Chi ha contribuito alla distruzione, se voleva invertire la rotta, avrebbe dovuto accorgersi della necessità ed operare per tempo. Accorgersi ora (comunque tardi ma ancora non irrimediabilmente) significa ammettere incapacità manifestata nel non programmare a tempo debito. I giovani si prendano la cura di forgiare il loro futuro. OGGI SERVONO PASSIONE E PROFESSIONALITA’ e solo i giovani possono avere il coraggio necessario e la determinazione.    Quale futuro avevano i ragazzi che accompagnati  dalla loro valigia di cartone, legata con i lacci delle scarpe, che lasciavano la loro terra in balia di maltrattamenti ed odio di razza, nelle gelide giornate vissute col sacrificio di chi non ha mai mollato. Nonostante ciò, non si sono rassegnati, hanno costruito con tenacia il loro futuro.  Tutto questo per noi. Ma  la nostra illusione ci ha portato lontano dal reale, le conquiste non hanno valore assoluto e non durano nel tempo, ma vanno alimentate, il buon welfare, il benessere non sono irreversibili.  Anche la democrazia andata persa nel tempo, resta una conquista che come la storia ci dimostra, si affievolisce se non consolidata da linfa vitale, da nuove regole, da quel senso etico che dovrebbe distinguerci. Siamo diventati troppo ricchi in troppo breve tempo, senza riuscire a esprimere cultura diffusa di senso dello Stato e dell’interesse generale, ed ora ci ritroviamo ad essere i nuovi poveri in un sistema che ci è sfuggito dalle mani.

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