Morte Bianca: condannati i responsabili della morte di Michele Siano

Marilena Mascolo

Si è concluso ieri davanti al Giudice Monocratico del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il processo a carico dell’Ing. Simeone Massimo, dell’arch. Giorgi Ovidio e dei dipendenti RFI Bracale Nunzio e De Blasio Balduino, tutti imputati di omicidio colposo in danno di Siano Michele, giovane operaio morto la notte del 02.12.2004 nel mentre effettuava lavori sulla tratta ferroviaria di Sessa Aurunca. Il Giudice Dott. Enea, dopo una camera di consiglio durata diverse ore, ha ritenuto responsabili dell’omicidio l’Ing. Simeone Massimo l’arch. Giorgi Ovidio e Bracale Nunzio, accogliendo le richieste del PM Dott.a Cozzolino e delle parti civili rappresentate dall’avv. Giovanni Falci del Foro di Salerno; i primi due imputati sono stati condannati alla pena di anni due e mesi sei di reclusione e il Bracale alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. L’infortunio mortale ebbe a verificarsi per l’investimento di un treno merci che transitò sul binario adiacente a quello in cui la vittima stava lavorando. In dispregio del piano operativo di sicurezza (POS) che era stato concordato tra la Ditta Simeone e figli s.r.l. e le Ferrovie dello Stato, era stato consentito agli operai di recarsi sul cantiere prima della interruzione della circolazione su entrambi i binari. Il processo durato otto anni ha visto contrapporsi per ben venti udienze la difesa degli imputati e il PM e la parte civile in un fervido dibattimento che ha chiarito la dinamica dei fatti ed acclarato le gravi responsabilità degli imputati condannati. La parte civile rappresentata dalla Sig.a Monica Giudice anche quale esercente la potestà sul minore Andrea Siano è stata presente ad ogni udienza con una dignità e una costanza esemplari nell’attesa che venisse fatta giustizia sull’episodio che ha per sempre segnato la sua esistenza e quella del suo bambino. Siano Michele di Sarno aveva 26 anni il giorno della sua morte e ha lasciato la moglie ventunenne e il figlioletto di appena 4 mesi. Il Siano è morto per “ottimizzare” i ritmi lavorativi e per “guadagnare” 10/15 minuti di lavoro; questo è uscito fuori dal dibattimento riferito un po’ da tutti i testi escussi. La vita di un uomo è stata quindi immolata per lucrare un profitto; per quei 10/15 minuti il piccolo Andrea non conoscerà mai suo padre. Il risarcimento dei danni cui gli imputati sono stati condannati, anche con una provvisionale immediatamente esecutiva di € 30.000,00 per ciascuna parte civile, non potrà mai riparare il dolore di questa donna e di questo bambino. La Sig.a Giudice infatti dopo la lettura della sentenza ha sentito il dovere di ringraziare il PM Dott.a Cozzolino e l’avv. Giovanni Falci per lo sforzo e la passione che hanno profuso nel ricercare la verità con una dura e leale battaglia processuale. “Al di là dei soldi sono contenta che una sentenza ha ridato onore alla memoria di mio marito; ero preoccupata solo che una prescrizione avesse potuto far calare il silenzio su questo grave episodio” sono state le dichiarazioni a caldo di Monica Giudice. Le ha fatto eco l’avv. Falci che ha commentato la difficoltà di portare avanti questi processi in cui le strategie difensive tendono ad allungare i tempi delle decisioni: “venti udienze sembrano veramente eccessive per concludere un dibattimento anche se complesso come quello che si è concluso oggi” è stato il commento del legale di parte civile. Il processo ha anche aperto uno spaccato su queste grandi imprese che appaltano lavori di  € 4.600.000,00 e poi ricevono in distacco operai con contratti con firma falsa e mandano gli stessi in cantiere senza accertarsi della formazione ricevuta in materia antinfortunistica. Dietro una facciata di efficienza e qualità imprenditoriale resta e resterà sempre lo sfruttamento del lavoro degli operai; persino nel processo la loro condizione di contraente più debole è venuta fuori e in più riprese è stato necessario il richiamo del Giudice a dire la verità per vincere il timore reverenziale che gli operai avevano nei confronti del “padrone”. Cambiano i tempi, cambiano le leggi, cadono i muri, ma non cambia lo sfruttamento del lavoro da parte del capitalista. Una considerazione finale è obbligatoria: a volte i giudici condannano i responsabili degli infortuni sul lavoro, quasi sempre la stampa si disinteressa di queste sporadiche ma coraggiose sentenze di condanna.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *