Gaza: appunti sulle acque della città

Maria Chiara Rizzo

Il 95% delle acque di Gaza non è adatta ai consumi umani.

L’acqua delle falde freatiche da cui la popolazione di Gaza continuamente attinge risulta contenere  un tasso di contaminazione compreso tra il 90% e il 95%, oltre ad essere fortemente insufficiente a soddisfare i bisogni della popolazione palestinese.

Secondo la legislazione internazionale, Gaza ha gli stessi diritti di Israele nello sfruttamento di queste acque.

Dagli anni ’30 sono state riscontrate intrusioni di sale delle acque del mare nelle falde acquifere, rendendo l’acqua imbevibile e altamente salata.

Durante l’occupazione, gli Israeliani con i loro insediamenti a Gaza consumavano circa sette volte le quantità di acqua utilizzate dai palestinesi residenti nella città.

La guerra condotta da Israele contro Gaza nel 2008-2009 ha causato gravi danni e l’interruzione del controllo e dei trattamenti delle acque di scarico, aggravando gli effetti dell’assedio sionista.

Le restrizioni imposte da Israele sulle importazioni verso Gaza interessano molti materiali, oltre che il combustibile e l’elettricità, necessari per la manutenzione delle infrastrutture idriche e quelle delle acque nere, provocando la contaminazione delle acque.

Il 26% dei disturbi sono connessi alla pessima qualità dell’acqua.

I livelli di nitrato contenuto nelle acque sono superiori a quelli stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità al fine di un consumo non nocivo per la salute.

La diarrea è il disturbo più strettamente connesso alla contaminazione delle acque.

Morti evitabili sono causate in casi estremi dalla mancanza di acqua pulita e potabile.

 

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