CASALNUOVO: verso l’appello (6)

Aldo Bianchini

SALERNO – Prima di avviarci verso la conclusione di questa umile inchiesta giornalistica bisogna ricordare un fatto fondamentale che sembra essere stato dimenticato da tutti: la sera del 20 agosto 2011 il maresciallo Giovanni Cunsolo si trovava il quel posto per ubbidire ad un preciso ordine del comandate la stazione dei Carabinieri di Buonabitacolo che a sua volta rispondeva, con quel blocco stradale, ad una precisa richiesta del Sindaco di quella comunità avanzata sulla base di un esposto-denuncia di una settantina di cittadini. Nelle precedenti cinque puntate di questa storia (morte per causa violenta di Massimo Casalnuovo la sera del 20 agosto 2011 dopo una rovinosa caduta dal motorino) ho cercato di analizzare, nei suoi punti cruciali, le 57 pagine della sentenza n. 44/13 pronunciata dal gup Enrichetta Cioffi e che ha mandato assolto “perché il fatto non sussiste” il presunto colpevole maresciallo dei carabinieri Giovanni Cunsolo accusato di aver sferrato un calcio al motorino e provocato la caduta del malcapitato Casalnuovo. Il prossimo 25 febbraio si aprirà il processo d’appello che, è bene ricordare a tutti, sarà celebrato soltanto sugli atti e che l’eventuale rivisitazione della sentenza di primo grado in senso peggiorativo potrà avvenire soltanto in presenza di elementi dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull’affermazione di colpevolezza. E nella fattispecie non vedo, almeno per il momento, alcun elemento nuovo in grado di ribaltare il principio dell’ “al di là di ogni ragionevole dubbio”, dubbi che sono quasi tutti dalla parte del presunto colpevole già giudicato innocente grazie anche all’eccellente difesa dell’avv. Renivaldo La Greca. Questo, però, non vuol dire che i dubbi non ci sono; come ogni sentenza, anche quella della Cioffi, lascia dietro di se una scia di situazioni dubbiose, almeno agli occhi di un attento lettore. La prima cosa che balza evidente all’attenzione è il fatto che in tutta la sentenza   viene  analizzata soltanto la dichiarazione resa ad “interrogatorio giudiziario” nelle mani del PM in data 15 ottobre 2012 (oltre un anno dopo la tragedia) dal maresciallo Cunsolo; una dichiarazione che per tantissimi aspetti appare impeccabile ed inattaccabile. Dalla stessa, difatti, risulta evidente che il motociclo non cercava di investire il maresciallo ma che l’impatto tra il mezzo e il corpo del militare veniva provocato soltanto dalla scivolata dello stesso maresciallo. Ma c’è di più, il maresciallo Cunsolo riesce a descrivere perfettamente ed in maniera assolutamente credibile l’accaduto successivo al momento dell’impatto tra il collo del suo piede sinistro e la marmitta del motorino; e sulla scarpa sinistra, poi, un perito di parte ritroverà elementi sufficienti a confermare l’impatto. Questa, ripeto, è soltanto un’inchiesta giornalistica ma verrebbe comunque da chiedere come abbiano fatto i presunti testimoni a descrivere, nonostante la tragicità del momento e l’incalzante oscurità, a descrivere i momenti salienti della tragedia evidenziando particolari che forse soltanto con la tecnologia del replay e/o della moviola sarebbe possibile osservare. Insomma dobbiamo soltanto aggrapparci alle diverse dichiarazioni di terzi che non hanno visto niente ed al contrasto palese tra le dichiarazioni di “Ignoto 1” e “Ignoto 2” e il carabiniere Chirichella per arrivare all’assoluzione del maresciallo Cunsolo. E’ evidente che tutto ciò non ci aiuta a capire la mano pesante del PM che aveva richiesto nove anni e quattro mesi di carcere.  Perché, ad esempio, non è stato mai interrogato “Anonimo” padre di “Ignoto 1” ? Nella sentenza non c’è alcun riferimento al suo possibile interrogatorio; avremmo potuto tutti capire meglio quale fosse, all’epoca dei fatti, il clima ambientale che  coinvolse centinaia di persone in un attacco senza precedenti contro l’Arma dei Carabinieri che, è bene ribadire, stava svolgendo il suo lavoro in perfetta armonia con le leggi e con i protocolli ufficiali; gridare da parte di Anonimo verso Ignoto 2 “dì che il maresciallo ha sferrato un calcio” è un fatto di una gravità inaudita che presuppone una volontà accusatoria precostituita al di là dei fatti. Scoprire il perchè avrebbe avuto un peso più significativo anche nell’economia della sentenza se il giudice avesse inteso aprire la sua visione sul clima ambientale di una comunità che è ancora in subbuglio. Clima che continua tuttora e che ha coinvolto anche la stessa Amministrazione Comunale che, smentendo se stessa e non ricordando di aver richiesto con forza l’intervento dei carabinieri (dopo la petizione popolare), è arrivata al punto di emanare una delibera contro il maresciallo Cunsolo per essere stato trasferito soltanto nella vicina Polla e di averla inviata al Comando Generale dell’Arma. Solo eccesso di zelo amministrativo per tenere buoni i concittadini di Casalnuovo o un voler coprire fatti molto più gravi che nessuno conosce ? Ma la gravissima dichiarazione di “Ignoto 1”, ritenuta praticamente inattendibile dal Gup ha dato luogo a naturali provvedimenti di competenza d’ufficio? Solo per la cronaca ricordo a tutti che se la dichiarazione fosse stata ritenuta attendibile poteva cambiare il destino e la vita di un uomo e della sua famiglia. Perché, inoltre, il giudice non si sofferma molto sulle lesioni patite dal Cunsolo al collo del piede sinistro ?  Se ben approfondite potrebbero, da sole, scagionare in pieno il presunto responsabile; è vero che il Gup si intrattiene parecchio sull’esame delle scarpe del maresciallo ma le due perizie tecniche appaiono abbastanza ininfluenti in primo luogo perché le scarpe sono state sequestrate diverso tempo la tragedia, e in secondo luogo –visto il tempo trascorso- perché il maresciallo avrebbe avuto tutto il tempo di sostituirle; cosa che molto correttamente, e con grande senso del dovere, non ha fatto. Questi “perché” sono soltanto una parte di quelli che ognuno di noi potrebbe avanzare dopo aver attentamente letto la sentenza che il GUP ha scritto e sottoscritto mantenendo sempre un filo logico ed una filosofia accettabilissima che conduce inevitabilmente verso l’assoluzione piena; anzi per dirimere qualsiasi dubbio innanzitutto in se stessa e poi negli altri la dott.ssa Cioffi impiega oltre trenta pagine nella ricerca attenta e meticolosa di principi giurisprudenziali e cassazionistici; una quindicina di pagine per le sue convinte considerazioni corroborate da riferimenti e documenti precisi ed inoppugnabili; una decina di pagine per una radicale analisi delle deposizioni testimoniali e delle molte perizie presenti nel fascicolo processuale. Fatto questo inusitato che mostra in tutta la sua gravità il peso professionale e morale che il GUP ha avvertito sulle proprie spalle con una sofferenza incredibile; e un giudice che soffre per le sue decisioni è un ottimo giudice. Ma cosa è realmente accaduto quella maledetta sera, soprattutto al momento dell’impatto tra il motociclo e il maresciallo; insomma qual è la verità ? A mio avviso lo sanno soltanto in due: Massimo che, purtroppo, non c’è più e il maresciallo Giovanni Cunsolo. Il resto è storia che porta alla luce una sola verità giudiziaria: il maresciallo Cunsolo è innocente. Dal prossimo 25 febbraio presso la Corte di Appello di Potenza sarà scritta, verosimilmente, la parola fine che comunque non ci solleverà dal peso di rimanere a metà strada tra la verità storica e la verità giudiziaria.

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