San Gregorio Magno: quattordici anni dopo !!


Aldo Bianchini

SALERNO – “La giustizia è sempre giustizia, anche se è fatta sempre in ritardo e, alla fine, è fatta solo per sbaglio” così diceva il grande George Bernard Shaw. In questa affermazione potrebbe esserci tutta la filosofia che racchiude il “pianeta giustizia” dovunque essa sia esercitata e con qualsiasi mezzo essa venga sentenziata. Soltanto così si può comprendere, ma non giustificare, la decisione dei giudici della sorveglianza in danno dell’ex sindaco di San Gregorio Magno, Pierangelo Piegari, giornalista Rai e capo struttura del Tg/1-Economia per tantissimi anni. Dovrà andare per dieci mesi ai cosiddetti “servizi sociali” perché bella sentenza definitiva la Cassazione gli ha condonato soltanto tre anni dei tre anni e dieci mesi ai quali era stato condannato dalle precedenti sentenze. Lui, Piegari, democristiano e demitiano convinto, si era trovato più per caso che per scelta sulla scomoda posizione di “sindaco” del suo paese di nascita nel quale oramai non viveva più da molti anni; e proprio sotto il suo sindacato esercitato con molte deleghe a 360° si era verificato nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 2001 quel tragico incendio nella S.I.R. (una sorta di struttura residenziale sanitaria assistita) dove morirono bruciati vivi 19 malati di mente dei quali non tutte le salme sono state riconosciute e ritirate. Le indagini furono condotte dall’allora procuratore aggiunto Michelangelo Russo e della pm Maria Carmela Polito; indagini che hanno portato ad una serie impressionanti di processi senza mai riuscire a trovare e punire seriamente i colpevoli; indagini che gridano ancora vendetta per i due fantasiosi infermieri (un maschio ed una femmina) che invece di dedicarsi alla cura dei malati si sarebbero concessi momenti di intimità per poi (dopo aver chiuso a chiave l’ingresso della SIR) andare a tarda sera alla festa del paese invece di rimanere in servizio come era loro dovere. Tutte congetture, tutte chiacchiere, tutte supposizioni che sono entrate e uscite più volte dal processo e dalle aule di giustizia. L’ho già scritto tanto tempo fa e lo ripeto anche in questa occasione: quella struttura era largamente fatiscente e priva di ogni sistema di sicurezza, eppure forse nessuno ha pagato seriamente per quelle omissioni che, del resto, erano già note ai vertici della Asl. Non solo perché qualche anno prima dell’incendio la stessa commissione regionale ne aveva disposto la chiusura, ma anche perché c’era stata nell’estate del 2000 una denuncia specifica depositata, con perizia giurata, sia all’Asl che per conoscenza alla Procura della Repubblica di Salerno. Quell’anno c’erano state alcune ferme prese di posizione di una commissione provinciale per i malati di mente che aveva preso di mira la clinica “La Quiete” del patron Leonardo Calabrese che all’epoca era anche editore di “Quarta Rete Tv” di cui io ero il direttore responsabile. Insieme al direttore sanitario de La Quiete, dott. Domenico Belpedio, feci un’inchiesta giornalistica su tutte le strutture di accoglienza dei malati di mente disseminate sul territorio. Alla fine di quell’inchiesta i risultati furono rendicontati in una perizia giurata sottoscritta da me anche nella qualità di ispettore di vigilanza dell’INAIL e da Belpedio nella qualità di psichiatra e direttore sanitario de La Quiete e depositata sia all’Asl che in Procura. Durante quell’inchiesta ci recammo anche nella SIR di San Gregorio Magno dove ci impedirono di entrare fino a minacciarci; fummo costretti a chiamare i Carabinieri e grazie al loro intervento furono evitati spiacevoli incidenti e riuscimmo a fare, comunque, riprese esterne alla struttura. Anche i filmati furono depositati all’Asl e in Procura. Ma non accadde assolutamente nulla, forse perché quella perizia giurata fu ritenuta di parte in quanto il patron de La Quiete era, come dicevo, anche l’editore di Quarta Rete Tv. Quattordici mesi dopo arrivò puntuale la tragedia e di nuovo con i miei approfondimenti televisivi segnalai l’esistenza della perizia giurata. Macchè, niente da fare, quando le istituzioni vogliono rimanere sorde ci riescono alla grande. Al centro della vicenda rimangono ancora oggi inquietanti tre cose: una “porta chiusa a chiave” probabilmente dall’esterno, la presenza o meno dei tre infermieri al momento della tragedia, e l’orrenda morte di diciannove persone. Chi aveva chiuso quella porta a chiave che in pratica non consentì agli ammalati di fuggire? Dove erano e cosa stavano facendo gli infermieri nella notte tra il 16 e il 17 dicembre 2001 ? Domande alle quali le lunghe indagini preliminari, l’impegno profuso dalla pm Maria Carmela Polito e dal procuratore aggiunto Michelangelo Russo, non sono riuscite a dare risposte verosimilmente adeguate alla smisurata entità della tragedia. Alla fine, dopo quattordici anni, paga forse il meno colpevole di quella tragedia.

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