Padula/12: “caso Bloisi” … veleni e vendette al Comune ?


Aldo Bianchini

PADULA – Per la vicenda giudiziaria che dal 2007 coinvolge l’amministrazione comunale di Padula (prima retta da Giovanni Alliegro e ora da Paolo Imparato) sono stato un facile profeta quando nell’estate del 2014 con una serie di articoli ho prima descritto la vicenda Bloisi e poi ho anticipato che l’indagine del pm Carlo Rinaldi (da qualche tempo in servizio presso la Procura di Salerno) doveva essere letta, forzatamente, in uno scenario a 360° e con il coinvolgimento di altri casi come quello di Bloisi. Difatti se il “caso Blosi” è nato sulla base della denuncia di un imprenditore-commerciante “altri casi” stanno per nascere o sono già venuti alla luce in ragione di specifiche denunce da parte degli stessi dipendenti del Comune (come per il caso dell’officina meccanica per cui l’ex sindaco Alliegro -con altri- rischia un altro giudizio). Tutto questo all’ombra di un clima non certo sereno che da qualche anno si è respirato nella casa municipale padulese; se non si parte da questo assunto si rischia di parlare di aria fritta. Ed è proprio questo clima ambientale che, a mio avviso, ha mosso la mano del Procuratore della Repubblica di Lagonegro dr. Vittorio Russo nella stesura delle dodici pagine contenenti la “richiesta di rinvio a giudizio” per undici (c’è un errore di numerazione nell’atto giudiziario) persone (direttamente o indirettamente legate al Comune) che si ritroveranno il prossimo 17 giugno 2015 dinanzi al G.U.P. che dovrà decidere in merito all’eventuale giudizio. In caso contrario, se cioè non teniamo presente il clima da “ultima spiaggia” che secondo gli inquirenti si respirava e si respira in Comune non si capisce su quali basi solide fonda il suo libero convincimento il Procuratore della Repubblica per arrivare alla determinazione di richiedere il rinvio a giudizio che è, per chi non è addetto ai lavori, un atto di una certa gravità per chi lo subisce. Questo stesso clima, comprovato dalle denunce sia dell’imprenditore-commerciante che del dipendente comunale, posto alla base della denuncia per il “caso Bloisi” potrebbe essere la chiave di volta di quella che si annuncia come “l’inchiesta madre” perché è proprio in questa vicenda che si parla addirittura di tangenti e si ipotizza la dazione di ben 30mila euro per “oliare l’accoglimento della richiesta di variante urbanistica” in favore di un commerciante e in danno di un altro. Insomma tra “ingiusti vantaggi e danni irreparabili” si sarebbero svolte all’interno del palazzo municipale vere e proprie sfide con riflessi e ricadute sulla politica con spostamenti di consensi elettorali da una parte all’altra, nell’ottica di quel “disegno criminoso a sfondo politico” ipotizzato dalla Procura. Ho scritto l’ultimo articolo sulla vicenda in data 7 marzo 2015, per motivi indipendenti dalla mia volontà ho sospeso per qualche tempo la continuazione dell’inchiesta. La riprendo oggi per condurla a termine prima dell’udienza dinanzi al GUP del Tribunale di Lagonegro. Dato il tempo trascorso è giusto ripercorrere, per grandi linee, l’iter dell’intera vicenda. Dunque la storia nasce nel 2011 a seguito dell’esposto di un cittadino-imprenditore padulese e trova nella primavera del 2014 la sua promanazione pubblica che, all’epoca, sconvolse la quotidianità della comunità padulese con l’apposizione dei sigilli al locale commerciale denominato “Sportissimo Bloisi” sito lungo la Via Nazionale in località Bivio di Padula. Era esattamente il 1° di aprile e qualcuno pensò, ma soltanto nei primi minuti, che si potesse trattare di “un pesce d’aprile alla grande”. Purtroppo non era così e ci sono voluti diversi mesi prima che ai F.lli Bloisi venissero dissequestrati la maggior parte dei locali commerciali. Dalla vicenda Bloisi viene fuori, se possibile, un altro aspetto di quella che il Comune riteneva essere una giusta operazione urbanistica-commerciale basata su una legge regionale che consentiva diverse eccezioni sul piano delle concessioni per tutti quei comuni che potevano vantare un grande attrattore turistico (Certosa docet !!); questa possibilità di giudizio allargato avrebbe in pratica provocato il clima di “veleni e vendette” fin dal 2007 che la Procura descrive in maniera abbastanza diffusa nella richiesta di rinvio a giudizio. Pur rimanendo della convinzione che la stessa Procura, almeno da quanto scritto nella suddetta richiesta, non ha portato elementi probatori sostanziosi a sostegno della stessa richiesta, è necessario attendere l’udienza e le determinazioni del Gup. Infine riscrivo la domanda che ho posto nell’articolo del 2 marzo9 2015 e cioè: “Ma a Padula bastava pagare qualche mazzetta per ottenere tutti i permessi edilizi ?”. Sicuramente no, anzi decisamente no, anche perché, ripeto, fino ad oggi non c’è stato nessun arresto clamoroso anche se sul tappeto ci sono alcuni indagati che rischiano seriamente di essere mandati a processo. Le denunce, però, ci sono state e il “clima ambientale” non è stato dei migliori. Ed è proprio su questo aspetto che cercherò nella prossima puntata di esporre il punto di vista di “ignoto/1” (leggasi “Padula 11 del 7.3.15) sul predetto clima che sicuramente non è stato dei migliori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *