VASSALLO: a sette anni dal delitto parla la moglie

Aldo Bianchini

SALERNO – A sette anni dal famigerato delitto di Angelo Vassallo è cambiata soltanto una cosa: il giorno. Nel 2010 il 5 settembre cadeva di domenica quest’anno cade di martedì. Per il resto, per tutto il resto, è silenzio tombale; come se non fosse accaduto nulla o meglio come se qualcuno avesse tirato con un pennarello nero una striscia sui maledetti 2.555 giorni di calendario che sono passati invano da quella tragica prima notizia giunta in tutte le redazioni giornalistiche quando era già notte. In troppi hanno parlato di quel delitto ed avrebbero fatto bene a tacere, tra questi anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti che dal 16 aprile 2009 al 25 luglio 2013 ha ricoperto la carica di procuratore della repubblica presso il tribunale di Salerno; prima di andare via da Salerno dichiarò che non avrebbe avuto pace fino a quando non veniva a capo del delitto Vassallo. Da quel giorno il silenzio, se possibile, è stato ancora più tombale.

         Eppure la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania (all’epoca retta da Giancarlo Grippo che aveva come sostituto Alfredo Greco, grande amico di Vassallo) nelle fasi iniziali dell’inchiesta dimostrò grande capacità investigatrice e dedizione assoluta al caso, così come in seguito la Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno che ereditò il caso per competenza. Per anni rinchiusa nel suo ufficio la pm Rosa Volpe ha visionato con tenacia e competenza centinaia di migliaia di fogli di carta, di intercettazioni, di indagini mirate disponendo, con sequenza impressionante, sopralluoghi, blitz, fermi, perquisizioni ma tutto inutilmente, dell’assassino di Vassallo nessuna traccia; ha addirittura sentito anche me per alcune ore come persona informata sui fatti sulla base dei numerosi articoli che da quel settembre del 2010 ho scritto sulla vicenda. La dottoressa Volpe è arrivata fino in Bolivia per sentire in carcere uno dei presunti assassini, quel Bruno Humberto Damiani (figlio di un italiano e di una brasiliana) fortemente sospettato ed a lungo tenuto nel mirino degli inquirenti che alla fine si sono ritrovati con in mano un pugno di mosche.

         E l’assassino è ancora lì, forse continua a girare liberamente nelle strade e nei vicoli di Acciaroli sicuro che il delitto commesso in un momento di impeto e di rabbia irrefrenabile, dopo una lite verbale con Angelo, resterà per sempre impunito. Gli inquirenti, purtroppo, hanno voluto privilegiare sempre la pista del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti che probabilmente con la vera causa del delitto non c’entrano assolutamente nulla.

         “Di Angelo mi manca sempre tutto” dice oggi la vedova a distanza di sette anni dal delitto; una dichiarazione che senza dubbio le fa onore, che ha l’effetto di strappare qualche lacrima, ma nulla più.  “Io ho fiducia nel lavoro della magistratura ma a noi non dicono mai nulla. Così, quando arrivano questi giorni … sopraggiunge la rabbia. Gli anni passano e noi non abbiamo risposte. Ci arrabbiamo perché non riusciamo a credere che ancora non si è capito nulla. Poi succede qualcosa, una piccola novità investigativa, e torna la fiducia e la positività. Noi continuiamo ad aspettare ma sette anni sono davvero tanti…”. Non è vero che non si è capito nulla, forse si è capito tutto del delitto Vassallo e gli stessi inquirenti frenano in presenza di una verità che nessuno vuole leggere tra le migliaia e migliaia di rapporti e di fascicoli cartacei; di questo ne ho parlato ampiamente negli articoli che ho scritto prima di oggi. Una verità che non fa comodo alla famiglia per le eventuali troppe connessioni internodali e interfamiliari con l’esuberanza caratteriale di Angelo; una verità che non fa comodo agli inquirenti che potrebbero essere chiamati a giustificare sette anni di indagini senza una conclusione accettabile almeno sul piano della logica investigativa; una verità che non fa comodo alla politica che ha prima innalzato Vassallo sui vessilli della sinistra e poi, lentamente ma inesorabilmente, lo sta scaricando; una verità che  non fa comodo alla comunità locale che nel segno e nel nome del ricordo di Angelo Vassallo (il mitico sindaco pescatore) sale ogni anno alla ribalta nazionale almeno per un giorno; una verità che non fa comodo, infine, agli inventori ed organizzatori della “dieta mediterranea” che hanno mitizzato, falsando i fatti, la figura di Vassallo come primaria nella percezione e nell’adozione della dieta più nota del mondo.

E ci sarebbero una infinità di altre ragioni che, tutte insieme, portano verso il lento ma inesorabile oblio; ed in questo, soltanto in questo, ha perfettamente ragione la vedova quando dice: “l’affetto delle persone fa piacere anche se io resto sempre con l’amaro in bocca… avrei voluto Angelo vicino a me”. Si è proprio vero della vicenda resta un amaro in bocca difficilmente digeribile, e sarà così forse per sempre.

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