A confronto le legislazioni fiscali in Europa – Flat-Tax ed equità fiscale

Dr. Giovanni Abbruzzese

SALERNO – E’ l’Italia il Paese Europeo tra quelli più industrializzati ad avere la tassazione più alta per i redditi più bassi e la tassazione più bassa per i redditi più alti

In Europa la legislazione fiscale è assai diversa tra Stato e Stato e come viene da più parti evidenziato non sono poche le persone che spostano la loro residenza da uno Stato membro all’altro in base alla possibile convenienza fiscale. La campagna elettorale che ci ha portato al voto il 4 marzo si è sviluppata su tre temi principali: la Flat – Tax , il  reddito di cittadinanza e quello sulla sicurezza. Tali temi hanno portato al successo  quelle forze politiche che in campagna elettorale avevano promesso di realizzarli qualora ci fosse stato il consenso degli italiani. IL risultato elettorale li ha premiati e , a distanza di poco più di un anno,   i due  temi che hanno caratterizzato la campagna elettorale ed il voto del 4 marzo 2018 sono diventati Legge. L’altro cavallo di battaglia della Lega e cioè la Flat-tax è ancora in discussione e a quanto emerge dal dibattito quotidiano dei partiti al governo dovrebbe vedere la luce nella prossima Legge di bilancio  da approvarsi entro il corrente anno.

Prima di ipotizzare una riforma fiscale delle cui modifiche se ne parla da alcuni anni è necessario fare una precisazione : le modifiche da inserire nella manovra finanziaria da legiferare nel prossimo autunno sono quelle di un elettore che ha sempre votato a sinistra ma che nelle due ultime competizioni elettorali per il rinnovamento del Parlamento ha votato il movimento 5 Stelle stanco di dare il voto a partiti i quali, solo a parole erano sono stati vicini  a  principi e valori quali la legalità e la difesa dei meno abbienti. La democrazia dell’economia nel nostro paese non è mai stata realizzata se si pensa al  noto divario dal punto di vista economico tra il Nord e il Sud sia in termini infrastrutturali che in termini di reddito pro-capite e soprattutto in relazione alla mancata presenza di aree industriali che hanno impedito lo sviluppo produttivo che avrebbe creato nel Sud occupazione soprattutto  in alcune zone con tassi che vanno oltre il 30%.

Dopo centotrent’anni dalla nascita dello stato Italia  come Stato e come nazione è ancora attiva la questione meridionale che da problema di integrazione si è trasformata in desiderio di separazione della parte più avanzata e sviluppata. Il dibattito sulle autonomie regionali in discussione in Parlamento, molto contrastato nel governo per le posizioni divergenti tra Lega e  movimento 5 Stelle ,  ne è la dimostrazione in quanto  la Lega è portatrice di interessi delle regioni  del nord e il Movimento 5stelle a difesa di una autonomia che non produca ulteriore divario di  una parte più povera e arretrata.

Questo argomento merita un approfondimento e mi propongo di analizzarlo attentamente quando le norme sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario saranno state scritte in un testo elaborato dal Governo a seguito delle iniziative intraprese da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

Dopo questa ampia premessa collegata al tema della Flat –Tax vediamone ora come essa possa trovare applicazione e normata nella riforma fiscale.

Il primo punto da chiarire è che la Flat-Tax esiste già sia per alcuni contribuenti quali i forfettari, i contribuenti minimi e per le Società che già ora pagano sul reddito prodotto una aliquota unica che per i forfettari è del 15%, ( su un reddito fino a Euro 65.000) i minimi il 5% mentre per le Società di capitali è del 24,00%.

Il problema si pone per i redditi prodotti da lavoratori dipendenti, dai pensionati, da artigiani e commercianti i quali pagano le imposte in base al reddito prodotto e in misura progressiva così come recita l’articolo 53 della nostra Costituzione “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”

Una prima riflessione  è come  il sistema tributario Italiano si ponga nell’ambito europeo e verificare se esso presenti una tassazione più alta o più bassa. Il confronto è stato fatto con i sistemi fiscali degli altri due paesi più industrializzati quali sono la Germania e la Francia. Di seguito si riporta la progressività delle aliquote applicate in questi Paesi:

 

 

ITALIA   FRANCIA   GERMANIA
REDDITO IMPONIBILE ALIQUOTE REDDITO IMPONIBILE ALIQUOTE REDDITO IMPONIBILE ALIQUOTE
FINO A € 15.000 23,00%   DA 0 A € 5.963 0,00%   DA 0 A € 8.004 0,00%
Da 15.001 a 28.000 27,00%   Da 5.963 a 11.896 5,50%   Da 8.005 a 52.881 14,00%
Da 28.001 a 55.000 38,00%   Da 11.896 a 26.420 14,00%   Da 52.882 a 250.830 42,00%
Da 55.001 a 75.000 41,00%   Da 26.420 a 70.830 30,00%   Oltre 250.830 45,00%
Oltre 75.001 43,00%   Oltre 70.830 41,00%      

 

Come è facile verificare dal prospetto l’ Italia è il Paese che per i redditi più bassi ha l’aliquota più alta mentre per i redditi più alti l’aliquota più bassa. Un pensionato e un lavoratore dipendente con un reddito di € 20.000 in Francia avrebbe imposte  per  € 1.460,00, in Germania per € 1679.00 e in Italia per € 5.800.00 non considerando le imposte locali quali quelle di Comuni e Regioni. Tradotti in cifre ancora più comprensibili, un pensionato o un lavoratore dipendente italiano avrebbe in Francia una diminuzione di imposte pari a € 270.00 mensili mentre in  Germania per  €  250.00. Tali calcoli sono stati fatti non tenendo conto delle detrazioni e deduzioni che sono differenti nei tre  Paesi menzionati.

Fatta questa ulteriore analisi sui sistemi fiscali applicati nei tre Paesi più industrializzati d’Europa vediamo ora quale riforma sia possibile in Italia visto che tutte le forze politiche sostengono di abbassare le tasse. Ovviamente siffatta riforma può essere di destra o di sinistra. Nel primo caso le aliquote dovrebbero consentire un risparmio per tutti i contribuenti per redditi fino a € 55.000 mentre nell’altro caso le aliquote dovrebbero aumentare per i redditi superiori.. Tale riforma dovrebbe produrre una redistribuzione del reddito e creare una maggiore disponibilità di risorse in mano alle classi più deboli e ceto medio. L’aumento dei consumi porterebbe, di conseguenza, vantaggio a favore delle imprese del nord e quindi ad una  maggiore produzione con  aumento del PIL ( Produzione interna lorda).

In un prossimo articolo cercherò di quantificare le maggiori entrate a seguito dell’aumento delle aliquote e le minori entrate verificando la  compatibilità per le casse dello Stato senza diminuire le entrate  che per l’anno 2018 sono state di € 187miliarti con detrazioni e deduzioni  fiscali pari a € 54 miliardi (Fonte: Rapporto annuale del Senato della Repubblica). Eliminare molte di queste deduzioni e/o detrazioni per  fasce di reddito alte credo sia un’operazione di equità fiscale. Ricordo che tali deduzioni e/o detrazioni sono 610 di cui 468 misure relative a tributi erariali e 166  a tributi locali   e secondo l’OCSE sono da considerarsi come rinuncia ad entrate  attraverso misure selettive in favore di alcune categorie e in maniera più esplicita una spesa pubblica attuata attraverso il sistema fiscale.

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