GIUSTIZIA: quando la malasanità diventa “denegata giustizia”

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Ci sono casi e casi di “denegata giustizia” in diretta conseguenza di “malasanità”; se il caso entra nel vortice mediatico riesce ad esplodere ed a diventare oggetto di discussione nazionale, tutti i casi che non entrano in quel vortice restano fuori da ogni discorso e buttati nel dimenticatoio generale, sebbene molti di questi casi siano di gran lunga più gravi degli altri più fortunati.

Il caso preso in esame riguarda una signora ultranovantenne, C.B., che in assenza di un “amministratore di sostegno” rischia di perdere la vita a causa di un abbandono di fatto e di una deresponsabilizzazione derivante dal fatto che la tensione accumulata tra i figli ha prodotto sul piano pratico la defenestrazione di un primo amministratore di sostegno esterno (E.C.) con la nomina di uno interno (prima il figlio C.C. e poi l’altro figlio F.C., ricorrente) che, impossibilitato a tenere sotto controllo la genitrice perché ostacolato dagli altri figli, ha richiesto e sollecitato da parte del Giudice Tutelare che, nelle more della decisione, è cambiato.

Dalla breve descrizione emerge con chiarezza la difficoltà relazionale interna ad una famiglia di salernitani comunque rispettabili; questo mio intervento deve, quindi, essere letto non come una intromissione in vicende familiari che non mi appartengono e non appartengono a nessuno al di fuori del ristretto ambito della famiglia generata dalla sofferente C.B. che oltre ad aver perso la lucidità personale ha perso, probabilmente, anche tutto quello per cui ha sicuramente la vorato per tutta la vita.

Ed ora ?, ebbene ora si ritrova letteralmente in balia di un caso di “denegata giustizia” che il figlio F.C. cerca con ogni mezzo e in ogni modo a dipanare appellandosi ad una giustizia nella quale crede ancora fermamente anche se lo sta deludendo altrettanto profondamente.

Il figlio F.C., non potendo in prima persona provvedere a tutto quanto necessario per la doverosa cura della mamma in modo da accompagnarla in una forma di naturale avvicinamento all’ora fatale, sta cercando di ottenere la nomina di un amministratore di sostegno più o meno definitivo – capace e professionalmente all’altezza di superare con equilibrio ed oculatezza tutte quelle difficoltà interne alla famiglia che impediscono allo stesso F.C. di risolvere i vari problemi connessi ad una vita più che dignitosa per l’anziana genitrice.

Ma la situazione giudiziaria, tra rinvii non richiesti e passaggio del fascicolo da un giudice tutelare all’altro, si fa sempre più ingarbugliata fino al punto di impedire l’utilizzo della somma di circa 25mila euro (i risparmi dell’anziana C.B.) utili per le sue stesse cure mediche, personali e alimentari; un importo dal quale nel corso di questa diatriba sarebbero comunque stati stornati (non si capisce per cosa) circa 2.500 euro.

Dal 19 dicembre 2017 la situazione, già di per se drammatica, diventa ogni giorno più grave per il vuoto creato nella gestione giudiziaria del patrimonio a causa del fatto che il giudice tutelare, per un motivo o per l’altro, non riesce a decretare la nomina di un amministratore di sostegno effettivo e funzionale alle necessita del grave caso descritto.

Tenuto conto del ristagnare della situazione F.C., figlio dell’anziana, prende carta e penna e in data 15 giugno 2019 scrive all’ultima giudice tutelare, dott.ssa Palcera, che nell’ordine ha avuto in carico il fascicolo di C.B. oggetto di un balletto incredibile quanto inspiegabile che, però, sta durando da alcuni anni con grave nocumento per l’allettata anziana.

Scrive alla G.T. e cosa chiede, in definitiva, F.C. ?, semplicemente che la titolare del fascicolo provveda in breve tempo a colmare le lentezze e le carenze del recente passato attraverso la revoca del provvedimento della dott.ssa C. (giudice tutelare precedente) da considerare inammissibile e contraddittorio, nonché pregiudizievole per gli interessi della beneficiaria; e di pronunciarsi sulle istanze del ricorrente e risalenti al 21 dicembre 2015 e al 19 dicembre 2017.

La domanda è: possibile che debba passare tanto tempo, addirittura anni, per decidere a quale amministratore di sostegno affidare la vita di una persona ultranovantenne e bisognosa di tutte le cure necessario oltre all’affetto dell’ambiente che la circonda ?

Quando si intrecciano casi di malasanità e di denegata giustizia, tutto diventa molto più difficile a spese di chi non sa e non può difendersi.

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