CHIESA: quella che vorrei … dove porterà la rivoluzione al contrario

Aldo Bianchini

Mons. Andrea Bellandi - arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno

SALERNO – Se vogliamo dirla tutta, e con grande sincerità, il nuovo arcivescovo di Salerno S.E. Mons. Andrea Bellandi ha utilizzato “metodi deluchiani” per fare pulizia all’interno della curia salernitana, o quanto meno per cambiare con uomini di sua fiducia quelli che aveva trovato nei posti di comando al suo arrivo un po’ frettoloso a Salerno.

Erano giorni in cui il primate titolare Mons. Luigi Moretti era seriamente aggredito da un malore fisico che sembrava dovesse invalidarlo per sempre; e Moretti, con grande capacità di analisi, aveva rimesso nelle mani del Papa il suo mandato.

Era immaginabile, quindi, che un nuovo capo dovesse scegliere nuovi e fidati collaboratori; era immaginabile ma anche giusto se pensiamo al difficile ministero che Mons. Bellandi aveva di fronte a se in una chiesa travolta dallo scandalo che aveva colpito l’arcivescovo Gerardo Pierro e profondamente scossa dalla scissione (curia – portatori di San Matteo) verificatasi sotto l’arcivescovado di Moretti; ma che la rivoluzione venisse annunciata dalle frequenze di Telediocesi (la tv della curia) è apparsa un po’ a tutti ampiamente fuori tradizione, per non dire anomala, in forza del fatto che le sostituzioni (per non chiamarle epurazioni) sono state annunciate in tv prima ancora di comunicarle ai diretti interessati.

Uno dei momenti più difficile della chiesa salernitana: la scissione traumatica tra la chiesa e i portatori. Nell'ordine: don Felice Moliterno, l'arcivescovo Moretti e il capo della paranza di San Matteo

Parlavo della affinità dell’azione bellandiana ai metodi deluchiani; lo confermo. C’è un elemento essenziale che unisce in parallelo le due azioni, e cioè la misteriosa sopravvivenza  di due personaggi che sembravano e sembrano facilmente sostituibili: Felice Marotta per De Luca e don Felice Moliterno per Bellandi; entrambi discussi ma entrambi fermamente posizionati nei cerchi magici di rispettiva competenza.

Il primo ha accompagnato molti sindaci (compreso De Luca) nel loro sindacato, il secondo sembra essere diventato un punto insostituibile, quasi come lo fu per oltre quarant’anni la figura quasi ascetica di “don Comincio Lanzara” per ben quattro arcivescovi.

Steve Bannon, uno dei finanzieri più potenti del mondo

Per la Chiesa, questo che stiamo vivendo, è sicuramente un periodo buio con un potere temporale supremo diviso almeno in due fazioni apicali ed opposte: da un lato il capo in carica “Papa Francesco” e dall’altro il capo emerito con “Papa Benedetto”; una diarchia (secondo alcuni soltanto virtuale) che sta comunque erodendo l’apparato di potere della chiesa fin dalle sue fondamenta e con lo schieramento (sul piano economico !!) di grandi potenze mondiali sull’una e sull’altra sponda del Tevere; fino ad arrivare al potentissimo finanziere Steve Bannon (abilissimo consigliere del presidente Trump) che secondo una corrente di pensiero ben informata sta portando avanti la missione demolitrice della democrazia europea, passando appunto dalle casse del Vaticano gestite, si dice, prevalentemente dal Papa emerito.

L'arcivescovo mons. Gerardo Pierro

Se tanto mi da tanto, la situazione generale della Chiesa si ripercuote ancora meglio sulla curia salernitana dove c’è un arcivescovo titolare (Bellandi), due arcivescovi emeriti (Pierro e Moretti), un capo virtuale (cardinale Martino) che a tratti è apparso molto vicino al potentissimo Steve Bannon; con l’aggiunta, suggerisco, anche dell’uomo che conosce tutti i segreti della curia arcivescovile (don Comincio) che ha attraversato in lungo e in largo tutte le vicende di questi ultimi cinquant’anni.

Fortunatamente, come dice la nostra consigliera per gli affari spirituali signora Lorella M.: “ Per grazia di Dio, c’è uno Spirito che soffia e che alimenta la Chiesa. La storia insegna che nei periodi più bui, quando l’istituzione temporale  ha dato scandalo di se stessa, sono sorti fior di Santi. Le ho già scritto che Cristo ha voluto separare l’istituzione, affidata a Pietro, dal carisma, affidato a Giovanni (leggasi ultimo capitolo del Vangelo di Giovanni. Quando Gesù dice a Pietro: seguimi, Pietro gli chiede: e Giovanni? E Gesù risponde: se voglio che egli rimanga che importa a te ? Tu seguimi). Gesù conosceva il cuore degli uomini, anche e soprattutto di chi affidava la Chiesa. Non voleva una Chiesa perfetta. Perché la Chiesa perfetta è una Chiesa osservante della legge. E la legge uccide, rende schiavi. Invece Dio che ci ha pensato liberi, ha mandato il  suo unico figlio a morire, perché i suoi figli adottivi non fossero più schiavi della legge del peccato. Gesù ha versato il suo sangue per una Chiesa Santa, non perfetta secondo i canoni umani. E non mi dilungo su questo, perché già la scorsa volta le ho esplicitato il mio pensiero sulla santità della Chiesa e dei cristiani. Se riducessimo la Chiesa e la sua vita a una serie di leggi, regole e precetti,  vano sarebbe stato il sacrificio di Cristo. Con questo non sto affermando che pecchiamo con indifferenza, tanto c’è Cristo che ci ha redenti e salvati. Anzi, per chi si professa cristiano c’è una responsabilità maggiore. A chi più è stato dato, più sarà richiesto. Ma non mi scandalizzo di quanto ha scritto, perché Dio non si è scandalizzato mai di me”.

E veniamo alle epurazioni nel nome di Cristo.

Don Biagio Napolitano, già vicario generale della diocesi di Salerno-Campagna-Acerno

Quella che fa più specie riguarda don Biagio Napolitano (un sacerdote sacerdote, per dirla tutta) che era arrivato al vicariato generale dell’arcidiocesi, dopo essere stato in predicato per una sede vescovile, con la precisa missione di rimettere ordine e di riallineare la chiesa salernitana alla sua storia antica.

Ebbene, i meglio informati, sussurrano che don Biagio ha appreso dalla tv della sua sostituzione (al suo posto è andato don Alfonso Raimo); e con grande dignità personale e spirituale ha accettato la sua destituzione ed ha inviato un messaggio caloroso e molto riservato a tutti i suoi confratelli: “Carissimi confratelli, questo breve messaggio è per congedarmi da voi in quanto Vicario generale. Ovviamente continueremo a vederci e sentirci come membri del presbiterio. Desidero in questo momento ringraziare tutti per la collaborazione e la fraternità dimostrata in questi anni del mio incarico. Ringrazio Mons. Moretti per la fiducia che a suo tempo ripose in me, come ringrazio mons. Bellandi per le parole che ha speso nei miei confronti nell’intervista in cui ha annunciato il nome del nuovo Vicario. A don Alfonso Raimo manifesto la mia stima ed amicizia sacerdotale e mi rendo disponibile per sostenerlo nel suo difficile lavoro. Prego per voi, pregate per me. Con affetto in Cristo, don Biagio”.

Ma la storia, dicono in tanti, si ripete anche se non è mai la stessa pur essendo sempre un alibi per tutti.

Don Franco fedullo, il potente ex direttore della Caritas provinciale

L’altra poltrona che è saltata pur apparendo da tempo ben consolidata è quella della Caritas provinciale che da una quindicina di anni era nelle sapienti mani di “don Marco Russo” che aveva ereditato, guarda caso, la poltrona da ”don Franco Fedullo” al quale era toccata la stessa sorte di essere sostituito ad horas (corsi e ricorsi storici !!) da parte dell’arcivescovo Pierro dopo circa quindici anni di gestione della Caritas.

Nell’attesa del completamento della rivoluzione bellandiana, vi do appuntamento al prossimo articolo per parlare quasi esclusivamente di “don Alessandro Brignone” morto sul campo, da martire, a causa del covid-19.

 

 

 

 

3 thoughts on “CHIESA: quella che vorrei … dove porterà la rivoluzione al contrario

  1. Consentimi di non condividere questo articolo. Nessun richiamo a De Luca, l’arcivescovo Bellandi, dopo un anno ha il diritto di sceglierai i suoi collaboratori. Il collegio episcopale con il cardinale non é un senato per il vescovo regnante. Tanto di rispetto alla dignità episcopale e cardinalizia, Bellandi regna, gli altri vivono e sopravvivono! Don Fedullo, al di la del gregge, meritava di fare il Vicario Generale e meritava di essere consacrato Vescovo! Ma lasciamo stare… La Chiesa di Bellandi deve guardare avanti ed ha il diritto di posizionarsi con autorevolezza nel panorama civile, religioso e politico con nuovo piglio pari all’importanza della Sede Primaziale. Per troppo tempo offuscata da disgrazia ed insipienza! Che Dio salvi la Chiesa salernitana!

  2. Don Felice non é Felice Marotta! Non ha la stessa carriera, competenza e presenza nelle istituzioni. Don Felice é un bravo giovane prete, obbediente ed educato. Marotta é per dirla con affetto un marpione!
    Lascia stare i paragoni.

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