Un Distretto Archeologico nel Cilento

Prof. Nicola Femminella

 

Prof. Nicola Femminella (docente - scrittore)

Mi soffermo a parlare di turismo, questa volta proponendo qualche elemento di contenuto, dopo averlo raccolto “andando per il Cilento”.

Venendo da San Rufo e sorpassato il Passo della Sentinella, al primo trivio che s’incontra, proseguendo a destra si raggiunge Corleto, a sinistra Bellosguardo. In quel punto, sul ciglio di strada, tra le frecce direzionali è un cartello che richiama la strada Istmica e ne indica il percorso.  Merita una brevissima sosta e di essere letto, perché quell’asso viario è scolpito nel nostro patrimonio genetico da una trentina di secoli.

Già esisteva nel X, IX sec. a. C., al tempo degli Enotri, e tre secoli più tardi univa la colonia greca di Posidonia (Paestum)  e le colonie di Metaponto, Sibari, anch’esse greche. Un collegamento così datato e prolungato tra il mar Tirreno e lo Ionio che oggi stentiamo a immaginare. Passava per il Vallo di Diano, superando il Passo della Sentinella o il valico del Corticato. Era una strada sulla quale transitavano carovane e transumanze e che produceva un flusso commerciale ricco di mercanzie e rapporti sociali. Sala Consilina godeva particolarmente di questo transito per cui acquistò ricchezza e vantaggi significativi già nel IX sec a.C., come dimostra il ricco corredo di oggetti ricavati dalle oltre duemila tombe trovate a Sala Consilina da ammirare nel Museo Archeologico della Lucania Occidentale nella Certosa di Padula.

Ebbene, oggi quella strada, se fosse a scorrimento veloce e con qualche galleria nelle viscere degli Alburni, tale da rendere percorribile in mezz’ora circa il tratto Capaccio-Vallo di Diano, darebbe un grande impulso alla vocazione turistica del Cilento, collegando il Parco Archeologico di Paestum alla Certosa di Padula e al Golfo di Policastro, questo attraverso la S.S. Bussentina. Un driver d’eccellenza per indurre i turisti a spostarsi nei comprensori e godere dei beni esposti nelle nostre vetrine.

Attualmente la distanza da coprire tra Atena Scalo e Capaccio Scalo offre le seguenti opzioni: 85 km per Battipaglia via autostrada e S.S. 18; 67,250 con la S.S. 166 (segue il percorso della Istmica) abbastanza disagevole. Con una strada nuova, ben tracciata, i chilometri scenderebbero a una quarantina e sicuramente sarebbe scelta anche dagli amici del Golfo di Policastro per raggiungere Paestum, perché più libera dal traffico e con meno chilometri. Nel 2004 la strada è stata dichiarata di interesse nazionale e dal 2006 è gestita dall’ANAS. Passa per Roccadaspide, Aquara, Corleto, San Rufo ed altre località.

Se l’opera fosse realizzata, il nostro Vallo di Diano invierebbe un convincente e di certo ben accettato invito a molti dei 500.000 turisti – tanti sono giunti l‘anno scorso nella città dei templi – a fare una piacevole e appagante escursione nelle nostre belle località. Inoltre, si sa che i turisti diretti a Paestum lungo tutto l’arco dell’anno, lusingati dai biglietti annuali “Paestum Mia”, appartengono a quel 30% che si muovono attratti dai richiami della cultura stratificata nei luoghi della storia e dell’arte (che le nostre terre possono elargire a piene mani) e non stare l’intera giornata stesi al sole sulle spiagge, che pure dispensano il loro richiamo.

A richiedere la costruzione della strada di cui abbiamo parlato, c’è un’altra considerazione da fare, di non poco conto e che richiama la generosità della storia nei confronti della nostra Terra. Lungo l’antica via Istmica sono stati rinvenuti negli anni scorsi importanti siti archeologici, dai quali sono venuti alla luce manufatti e reperti di varie epoche, a partire dal periodo eneolitico, alcuni dei quali sono stati collocati dalla Sovrintendenza ai Beni Archeologici in altri musei.

Colla d'ambra da Monte Pruno - Roscigno

Molti dei luoghi in cui sono in corso gli scavi, già offrono una lettura più o mena completa della narrazione che rivolgono agli amanti dell’archeologia, bisogna ora cominciare a tirar fuori la maggior parte dell’oro sepolto. Lo si faceva nel ‘700 a Paestum e oggi a Pompei senza alcun indugio. Si potrebbe iniziare con uno studio complessivo delle aree già monitorate (gli scritti di Giovanna Greco e di altri studiosi sui siti archeologici lungo la via Istmica sono luci nella notte), verificare quanto finora è stato fatto e ipotizzare un programma di interventi con una serie di progetti ben calibrati e distribuiti secondo una considerazione organica di prospettive temporali e finanziarie, nel senso che se un’area ha esaurito la campagna degli scavi e il materiale recuperato è pronto per la musealizzazione, si procede subito con la fase logistica e gli atti burocratici previsti per altri siti.

L‘obiettivo dev’essere quello di creare un percorso, una rete capace di accogliere i visitatori amanti delle civiltà trascorse che decidono di venire nel Cilento, perché, adeguatamente informati, possano accogliere un’offerta non solo di qualità, ma ricca di reperti archeologici che coprono migliaia di anni.

Sicuramente aumenterebbe il numero delle presenze con una ricaduta positiva sull’economia e sull’occupazione. Lieviterebbe la sua capacità di attrarre visitatori, unita ad altri richiami che il Cilento è in grado di diffondere nell’etere: un territorio privo di inquinamento, con aria salubre e ricca di biodiversità, il verde diffuso e senza discontinuità con mille tonalità, filiere della natura, dell’arte, della storia da apprezzare, dove le aree protette garantiscono ambienti incontaminati e vitamine salutari al corpo e alla psiche. Le suggestioni delle coste marine lambite da un mare pulito e il fenomeno carsico a Castelcivita, Pertosa-Auletta, Morigerati che “costruisce” da millenni una esuberanza speleologica unica in Europa. La tanto decantata dieta mediterranea riconosciuta come “patrimonio immateriale dell’umanità” dall’UNESCO acquisterebbe più vigore in un carnet composito: da sola rischia di non scuotere i neuroni dei viaggiatori che decidono i luoghi di vacanza. Si potrebbe anche pensare ad una denominazione della strada: “la via dell’archeologia” e collegarla al brend “Cilento” che, assicuro, è ben presente e conosciuto a Roma, Milano e anche all’estero.

Esiste una linea continua che inizia presso le sorgenti di Capodifiume, all’ombra del monte di Capaccio, nelle quali sorgono dall’acqua colonne e altri resti. Fu abitata fin dal IX secolo a. C.; nel IV vi sorse un santuario. I Romani nel III secolo vi costruirono un piccolo tempio e una strada per raggiungere Paestum. Presso un’altra sorgente, nei pressi di Roccadaspide, sono stati trovati necropoli con reperti votivi (dal VII al III sec a.C.) e anche qui un tempio (VI sec. a. C.), forse costruito dai greci e dedicato alla dea Era. Ad Aquara due insediamenti: il primo del IV sec. a. C. , il secondo a valle del paese, che ha rivelato una villa lussuosa del I sec a. C. con vasi, lucerne ed altri oggetti. A Bellosguardo ritrovamenti vari in luoghi disseminati sulla collina richiamano lo straordinario insediamento di Pruno di Roscigno, un sito complesso e ricco di ritrovamenti, cinto da mura fortificate su tre lati. Ricordo la tomba del guerriero, dalla quale sono stati estratti, tra l’altro, un carro, una corona d’argento e un candelabro di bronzo la cui bellezza desta meraviglia. Un’ampia rassegna di reperti dal VII sec. a.C. al IV, tra i quali molti oggetti in argento, bronzo e ferro rivelano fatture etrusche e greche, a significare relazioni con quei popoli. In località Cuozzi, a meno di un chilometro, è un’abitazione vastissima. Roscigno sorprende anche con le suggestioni silenti di “Roscigno abbandonato”. Sacco ha evidenziato resti nella grotta di Jacopo, già abitata da pastori nell’età del bronzo (XV-XIV sec.)

Il viaggio, ripete Licia Colò nel suo programma Eden, prosegue con il piccolo ma interessante Museo di Atena e con quello di Sala Consilina, per concludersi nell’apoteosi del Museo Archeologico della Lucania Occidentale ospitato nella Certosa di S.Lorenzo, (istituito nel 1957, raccoglie una collezione di reperti di grande valore, distribuiti in un arco di tempo che va dal X sec. a.C. al VI d. C.), dopo un rapido riferimento alla Grotta del Pino a Sassano, dove sono stati rinvenuti resti che attestano la presenza umana fin dal Bronzo antico e il Bronzo medio iniziale (dal XXIII al XV secolo a.C.)

Se vogliamo proclamare l’unitarietà del Cilento, dovremmo citare un’altra strada, denominata in un lontano passato “la Strada del sale” Il suo incipit era a Velia e risaliva prima la Valle dell’Alento e poi quella del Badolato. Incontrava Castelnuovo dove è stato scoperto un insediamento di case sparse risalenti al IV sec. a.C. quando già si era affermato il regno lucano. Una serie di attrezzi in ferro per il lavoro agricolo, pezzi di telaio per la tessitura, contenitori per i bisogni alimentari. Non mancano alcune necropoli a testimoniare un addensato abbastanza abitato, forse, da comunità che procuravano a Velia il legname necessario per costruire le sue navi. Ancora una necropoli, questa più complessa, con resti di abitazioni intorno, in località Chiuse delle Grotte a Pattano, frazione di Vallo della Lucania. Gli oggetti ritrovati rimandano allo stesso periodo citato per Castelnuovo. A Pattano la Badia poggia su una struttura agricola romana e sotto l’annessa chiesa di Santa Maria sono stati trovati resti di un edificio termale e non manca la necropoli del VII secolo che ha rivelato oggetti di gran valore artistico. A Moio è la struttura possente della fortificazione muraria che domina la Civitella e richiama i secoli a partire dal VI a. C. prima che i Romani ne segnassero il declino nel II secolo a.C. Interessanti le fila dei massi per le mura, le porte, gli archi. A Campora troviamo un insediamento del III millennio, mentre a Laurino l’Antiquarium, di recente allocato nel convento di Sant’Antonio, ci porta all’età del Bronzo (XV sec. a.C,) mostrandoci reperti di argilla grezza.

Restano la città sepolta a Laurelli di Caselle in Pittari e i due Antiquarium di Roccagloriosa che meritano uno spazio adeguato e ben altra considerazione.

 

Non è stata una buona notizia quella dei giorni scorsi con la quale abbiamo appreso la nomina del direttore di Paestum, Gabriel Zuchtriegel a responsabile del Parco Archeologico di Pompei. Di recente aveva dichiarato di voler stendere il Parco di Paestum e Velia a tutto il Cilento, dopo aver assicurato che in tempi brevissimi avrebbe portato un milione di visitatori nella città greca. Spero che qualcuno, dotato di talento e qualità simili, ne prenda il posto per procedere nella stessa direzione e traduca in fattualità le mille idee elaborate in poco tempo dall’archeologo tedesco.

Mi sono dilungato nel descrivere i luoghi che, secondo me, nascondono una ricchezza sepolta di notevole rilevanza storica, perché nasca nei nostri politici e nell’opinione pubblica che li deve stimolare e sostenere, il proposito di un “Distretto Archeologico” possibile, visto che non è abbastanza diffuso “quello Industriale”, quantunque nel Vallo sia sorto negli ultimi anni un nugolo di imprenditori capaci, che ottengono risultati eccellenti nei settori in cui operano.

 

 

2 thoughts on “Un Distretto Archeologico nel Cilento

  1. Le considerazioni e le idee del Prof. Femminella sono sempre argute e veritiere basate su una grande esperienza politica e conoscitore del territorio.

  2. Grande il prof.Femminella con la sua radicata cultura del passato e del presente ,lancia un messaggio futuro, da cogliere subito…..per” tornare a rivedere le stelle”Grazie infinite.Se alle infrastrutture citate ,aggiungiamo di poter salire su un treno AV a poche decine di km da casa,in qualsiasi punto del Vallo di Diano,.credo che nel Meridione non verranno solo migliaia di turisti, molti di questi si fermeranno a lungo..

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