SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.164, DEL 22 LUGLIO 2021 : LA TUTELA DELL’AMBIENTE CONSENTE ALLE REGIONI DI ALLARGARE L’INSIEME DEI BENI PAESAGGISTICI, NON DI RIDURLO.

 

Dr. Pietro Cusati (giurista-giornalista)

Dr. Pietro Cusati

Roma ,27 luglio 2021,Palazzo della Consulta. Le Regioni non possono pianificare lo sviluppo del proprio territorio con scelte di carattere urbanistico se non quando  siano rispettose dei vincoli posti dallo Stato per tutelare beni di valore paesaggistico. Lo Stato può adottare la dichiarazione di interesse paesaggistico di un bene anche quando la Regione sia contraria. La tutela di questi beni risponde infatti a una ‘logica incrementale’, che consente alle Regioni di allargarne l’ambito ma non di ridurlo, neppure per mezzo dei piani paesaggistici di competenza regionale, da redigere d’intesa con lo Stato”.  La Corte Costituzionale  nel procedimento per conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, promosso con ricorso   del 12 febbraio 2020, dalla Regione Veneto,  per la dichiarazione di notevole interesse pubblico  dell’area alpina  compresa tra il Comelico e la Val d’Ansiei , contro il  Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, perché la Regione sarebbe priva di attribuzioni costituzionali nella materia della tutela dell’ambiente, riservata alla competenza legislativa esclusiva statale dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.13. La Corte Costituzionale  ha emesso la sentenza n. 164,depositata il  22 luglio 2021,Presidente Coraggio,redattore  Barbera ,rigettando  le richieste della Regione Veneto. La Consulta ha ritenuto che spettava alla Stato , e per esso al Direttore generale della direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, adottare il decreto 5 dicembre 2019, n. 1676, recante Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area alpina compresa tra il Comelico e la Val d’Ansiei, Comuni di Auronzo di Cadore, Danta di Cadore, Santo Stefano di Cadore, San Pietro di Cadore, San Nicolò di Comelico e Comelico Superiore. Ha ritenuto altresì la Corte Costituzionale che le Regioni non possono pianificare lo sviluppo del proprio territorio con scelte di carattere urbanistico se non quando queste ultime siano rispettose dei vincoli posti dallo Stato per tutelare beni di valore paesaggistico.Lo Stato può adottare la dichiarazione di interesse paesaggistico di un bene anche quando la Regione sia contraria. La tutela di questi beni risponde a una “logica incrementale”, che consente alle Regioni di allargarne l’ambito ma non di ridurlo, neppure per mezzo dei piani paesaggistici di competenza regionale, da redigere d’intesa con lo Stato. La Consulta ha deciso  un conflitto proposto dalla regione Veneto contro la decisione dello Stato di riconoscere l’interesse paesaggistico di una vasta area del Comelico, valle che comprende tra l’altro diversi comuni dell’Alto Cadore. La Corte  Costituzionale ha riconosciuto che neppure la circostanza che il piano paesaggistico della Regione sia in corso di approvazione può privare lo Stato del proprio potere di indicare i beni da tutelare. Essi dovranno perciò essere inseriti nel piano regionale senza modifiche. La Consulta ha deciso che  la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area del Comelico rientrava tra le competenze costituzionali dello Stato nei confronti della Regione Veneto ed ha  respinto il ricorso proposto dalla Regione Veneto.Inizio modulo

Il potere statale è stato esercitato con riferimento a porzioni del territorio regionale che sono state ritenute rilevanti, in quanto «complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri e i nuclei storici» e in quanto «bellezze panoramiche» e «punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze». Il decreto del 5 dicembre 2019 ha, in particolare, riconosciuto alle aree della valle del Comelico «un aspetto unitario e uno spiccato carattere di identità, di notevole interesse pubblico», poiché segnate non solo da «bellezze naturali (Dolomiti) e siti panoramici», ma da elementi morfologici che la rendono un «unicum paesaggistico straordinariamente conservato».Sul piano delle competenze costituzionali attinenti ai beni paesaggistici,la Consulta  in precedenza aveva  già precisato che ‘’la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, rientra nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali’’. Vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi, quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni». Il potere conferito allo Stato di vincolare un bene in ragione delle sue intrinseche qualità paesaggistiche non costituisce una deviazione dall’impianto costituzionale.Il conferimento allo Stato della competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), e con esso della potestà di individuare il livello di governo più idoneo ad esercitare le relative funzioni amministrative, rende del tutto coerente con il disegno costituzionale la previsione, codificata dall’art. 138, comma 3, cod. beni culturali, secondo cui l’autorità statale possa autonomamente rinvenire in un bene le caratteristiche che lo rendono meritevole di tutela, anche se la Regione nel cui territorio il bene si trova dovesse essere di contrario avviso. Tale principio va ribadito nella vigenza del nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione, che ha ulteriormente rafforzato la competenza statale nel campo della tutela dell’ambiente. Non vi è alcunché di straordinario o di eccezionale nella potestà  riconosciuta ad un organo statale dall’art. 138, comma 3, cod. beni culturali, posto che essa, invece, è il naturale sviluppo delle attribuzioni dello Stato in tale materia. Infatti «è necessario che restino inequivocabilmente attribuiti allo Stato, ai fini della tutela, la disciplina e l’esercizio unitario delle funzioni destinate alla individuazione dei beni costituenti il patrimonio culturale nonché alla loro protezione e conservazione».Naturalmente, nulla vieta alla legislazione statale di coinvolgere le Regioni nella funzione amministrativa di identificare i beni degni di tutela, tanto più che si tratta di un compito logicamente e giuridicamente distinto, ma senza dubbio preliminare, e perciò connesso, a successivi interventi di valorizzazione, che rientrano nella competenza concorrente.Allo stato attuale della legislazione, ciò avviene sia mediante l’espressione di un parere regionale non vincolante nell’ambito del procedimento avviato dallo Stato, sia per mezzo dell’emanazione diretta, nel procedimento che fa capo alla Regione stessa, del provvedimento di tutela, ma sulla base della proposta alla quale è giunta una commissione cui devono partecipare anche organi statali .Il  piano paesaggistico ha una funzione di pianificazione necessariamente ricognitiva degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico, riveste anche una funzione eventualmente dichiarativa di nuovi vincoli , alla quale la Regione partecipa attraverso l’elaborazione congiunta di tale atto.Il legislatore ordinario si è perciò ispirato in tale materia ad una logica incrementale delle tutele che è del tutto conforme al carattere primario del bene ambientale, cui peraltro si riferisce, collocato fra i principi fondamentali della Repubblica, l’art. 9 Cost.

 

 

 

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