Formazione e unità tra uomini e donne

 

Prof. Nicola Femminella (scrittore)

 

Il 25 novembre è la Giornata contro la violenza sulle donne. È questo un argomento che identifica i casi di omicidio doloso o preterintenzionale contro di loro. Ugualmente drammatico, come quello di cui ho scritto qui in precedenza sulle vittime del lavoro, perché falcidia vite umane con una ricorrenza inaccettabile. Indicibile e profonda è l’angoscia che procura il bollettino di morte, quando squarcia il video della TV. Donne che subiscono violenza e massacrate da mariti e compagni, che le rendono capro espiatorio della propria furia omicida. Negli ultimi quattro anni ne sono state uccise 600, ad attestare che quasi ogni due giorni si ripete il macabro rituale. Il fenomeno è in salita. Nei giorni scorsi si è avuto uno dei più crudeli: a Sassuolo un uomo ha tolto la vita con arma da taglio alla compagna, alla suocera e ai due figli di 2 e 5 anni, quindi si è suicidato con la stessa arma. Un eccidio che non si riesce a immaginare, se non causato da uno stato di totale insania, dovuta a psicosi schizofrenica.

Negli ultimi tempi sono entrati in questo cerchio infernale anche i minori. A causa di padri che, in disaccordo con le proprie compagne, non si fermano davanti all’efferato impulso di dare la morte ai propri bambini. È il culmine di una atrocità incredibile, che a stento ognuno di noi crede possa avvenire. Stroncare la vita di un figlio in tenera età, del tutto innocente ed estraneo alla vicenda dei genitori, magari atteso con amore, quando è venuto alla luce e con il quale si sono consumati atti di amore profondo, è un crimine che non dovrebbe neppure lambire un essere umano, non affetto da gravissime patologie psichiche. Non mi risulta che qualcosa di simile avvenga nel mondo animale. Quando ascolto queste notizie, sono preso da pensieri devastanti, anche se non ho trascurato nello svolgimento del mio lavoro lo studio, seppure sommario, di talune sezioni nei trattati di psicologia. Mi è difficile accogliere la notizia e, come me, penso tutti coloro che l’apprendono. Nei dibattiti televisivi e sui social il tema è esaminato abbastanza. Si interpellano gli studiosi del comportamento e compaiono anche alcune spiegazioni del fenomeno: la mente assalita da una tempesta improvvisa e incontenibile, un raptus della mente causato da patologie genetiche della psiche, l’imperativo a maturare la fatale decisione distorta da una paranoica valutazione dei fatti, sentimenti disperati causati da amore non corrisposto, assolutizzazione della donna amata, progetti di vita irrinunciabili svaniti nel nulla, ecc.  Coloro che difendono la vita delle donne con maggiore fervore ripetono che, nel profondo, ogni percorso avverso alla donna parte da un concetto che da tempi preistorici ha sempre dominato la scena: la donna non appartiene a se stessa, non è padrona della propria esistenza, né decidere le sue scelte e stili di vita. Esiste in funzione dell’uomo, il quale spesso ne diventa padrone assoluto, e può perfino negarle la vita, se in lui prevalgono istinti e impulsi primordiali. Non so se nella zona oscura degli autori di femminicidio esista tale retaggio antropologico, anche se il contrario avviene raramente. È utile però che l’azione formativa della scuola, dei mass-media e dell’intera società la prenda in considerazione e la rimuova dalla mente di ragazzi e giovani. Le agenzie educative, tutte, devono inculcare nel magma attentivo dei bambini il rispetto per la vita altrui, il valore dell’uguaglianza tra i generi e l’attitudine a dirimere contrasti e incomprensioni con il dialogo, guidato dalla ragione, che è un privilegio concesso agli esseri umani. Su questa piattaforma è da promuovere e far crescere il neurone dell’empatia, come ci insegnano a fare i neuroscienziati che negli ultimi trent’anni hanno compiuti studi e scoperte illuminanti. Non so se nelle civiltà appena trascorse tali delitti siano avvenuti con la stessa frequenza, se la follia umana, che talvolta si avventa sulla mente degli uomini, abbia ripetuto tante volte l’azione feroce e barbara. Alcuni alunni mi hanno riferito che tra i loro amici non mancano quelli che usano prevaricazioni abituali e, talvolta, atti violenti, per imporre la propria volontà nei confronti delle ragazze, a cui sono legati sentimentalmente. Aggiungono che tali pratiche sono diffuse e a nulla valgono le parole che gli amici rivolgono loro, per dissuaderli da tale consuetudine. Mentre, spesso, le ragazze subiscono senza reagire, né pongono in atto iniziative per respingere quanto patiscono.

Prof. Nicola Femminella

Di recente è stato istituito il Reddito della Libertà che, al di là del titolo enfatico assegnatogli, prevede  400.00 euro mensili, cifra massima erogabile. Vale per un anno ed è concesso, solo se la donna è seguita da un centro antiviolenza, riconosciuto dalla Regione di residenza. Con tale misura la donna dovrebbe provvedere alle spese scolastiche dei figli minori e procurarsi una abitazione autonoma. È del tutto evidente l’insufficienza del provvedimento e non so, se avveduto e disposto dopo un’analisi seria e responsabile della misura adottata. Anche perché migliaia di donne non denunciano gravi abusi e violenze di ogni tipo per motivi vari.

So, invece, che in Francia, dove il fenomeno drammaticamente si ripropone, Marlène Schiappa, Segretario di Stato francese per le Pari Opportunità tra donne e uomini, dopo aver pronunciato una frase dirompente “Non è accettabile che una donna denunci una, due, cinque, dodici volte e non accada nulla”, ha promosso incontri e studi per un’analisi profonda del problema, volta a individuare le responsabilità e le soluzioni del governo in materia. Dopo le vibrate proteste dei parenti delle vittime, ha preso molteplici iniziative, per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento, per alcune delle quali è impegnata anche la moglie del presidente della Repubblica francese Brigitte Macron. Spero tanto che anche nel nostro Paese il tema abbia a ricevere analogo riguardo e che soprattutto veda uomini e donne, gli uni accanto alle altre, combattere l’ardua battaglia contro la sanguinaria follia che erompe, inarrestabile, dall’abisso imperscrutabile, nel quale la mente disperde ogni umana pietà.

 

 

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