Sono incostituzionali le disposizioni che escludono da alcune provvidenze, bonus bebè e assegno di maternità, gli stranieri extracomunitari non titolari del permesso per soggiornanti Ue di lungo periodo,lo ha stabilito la sentenza n.54, del 4 marzo 2022 della Consulta.

da Pietro Cusati

 

 

 

 

 

 

 

Rom 4 marzo 2022,Palazzo della Consulta. Irragionevole negare adeguata tutela a chi ne ha più bisogno,le disposizioni che escludono da alcune provvidenze ,bonus bebè e assegno di maternità, gli stranieri extracomunitari non titolari del permesso per soggiornanti Ue di lungo periodo sono incostituzionali perché “istituiscono per i soli cittadini di Paesi terzi un sistema irragionevolmente più gravoso, che travalica la pur legittima finalità di accordare i benefici dello stato sociale a coloro che vantino un soggiorno regolare e non episodico sul territorio della nazione”, e negano adeguata tutela proprio a chi si trovi in condizioni di più grave bisogno. Lo ha stabilito la sentenza della Corte costituzionale n. 54, depositata il 4 marzo 2022 ,redattrice la Vicepresidente Silvana Sciarra. La decisione fa seguito alla pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2 settembre 2021  che ha risposto ai quesiti posti il 30 luglio 2020 dalla Consulta, con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale n. 182. La Corte di Lussemburgo ha affermato l’incompatibilità della normativa italiana con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, che prevede il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, e con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/Ue, sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri. Rileva la Corte costituzionale  che è suo compito “assicurare una tutela sistemica, e non frazionata, dei diritti presidiati dalla Costituzione, anche in sinergia con la Carta di Nizza, e di valutare il bilanciamento attuato dal legislatore, in una prospettiva di massima espansione delle garanzie”. La disciplina dichiarata incostituzionale lede il diritto alla parità di trattamento nell’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale, tutelato dall’articolo 34 della Carta in connessione con l’articolo 12 della direttiva 2011/98 UE, che ha riconosciuto un insieme di diritti ai cittadini di Paesi terzi ammessi nello Stato per finalità lavorative o per finalità diverse, ai quali è consentito lavorare. Il principio di parità di trattamento, si raccorda “ai principi consacrati dagli articoli 3 e 31 della Costituzione ,secondo la sentenza- della Consulta e ne avvalora e illumina il contenuto  assiologico, allo scopo di promuovere una più ampia ed efficace integrazione dei cittadini dei Paesi terzi”. La tutela della maternità e dell’infanzia (articolo 31 della Costituzione), “non tollera distinzioni arbitrarie e irragionevoli”. La Corte costituzionale ha escluso una ragionevole correlazione tra il requisito del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, subordinato al possesso di requisiti reddituali rigorosi, e il riconoscimento di prestazioni che attuano la tutela della maternità e dell’infanzia, sancita dall’articolo 31 della Costituzione, e fronteggiano lo stato di bisogno legato alla nascita di un bambino o alla sua accoglienza nella famiglia adottiva. La Corte costituzionale ha esaminato le questioni sollevate dalla Corte di Cassazione sulla disciplina del cosiddetto bonus bebè (articolo 1, comma 125, della legge n. 190/2014 e successive proroghe) e dell’assegno di maternità (articolo 74 del dlgs n. 151/2001), ritenuta lesiva del principio di eguaglianza e della tutela della maternità perché subordina la concessione dei due assegni agli stranieri extracomunitari alla condizione che siano titolari del permesso per soggiornanti Ue di lungo periodo. Le questioni sono tornate all’attenzione dei giudici costituzionali dopo la pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2 settembre 2021 (C-350/20), che ha risposto ai quesiti posti il 30 luglio 2020 dalla Consulta con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale n. 182. La Corte di Lussemburgo ha affermato che la normativa italiana non è compatibile né con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, che prevede il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, né con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/Ue, sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme che escludono dalla concessione dei due assegni i cittadini di paesi terzi ammessi a fini lavorativi e quelli ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di durata superiore a sei mesi. È stata dichiarata incostituzionale anche la medesima esclusione contenuta nelle proroghe del “bonus bebè”. La Corte costituzionale ha ritenuto che le disposizioni censurate siano in contrasto con gli articoli 3 e 31 della Costituzione e con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

 

 

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