Referendum giustizia: come andrà a finire ?

 

Aldo Bianchini

Le cinque schede utili per il referendum sulla giustizia del 12 giugno 2022

SALERNO – Era il 30 ottobre 1987 e il quotidiano “La Repubblica” in merito alla stagione dei referendum scriveva “E DAL CILINDRO DI CRAXI USCIRONO I REFERENDUMROMA: Invulnerabili, indistruttibili, capaci perfino di resuscitare: sono i referendum di questo autunno. Tre crisi di governo non li hanno sepolti, le elezioni anticipate li hanno fatti appena sobbalzare, quattro mesi di ritardo e nulla più. Almeno dieci vertici di maggioranza ne hanno via via stilato il certificato di morte presunta. In una sorta di schizofrenia collettiva, per venti mesi e passa il sistema politico italiano ha giurato ogni mattina che i referendum erano da evitare, assicurava a mezzodì che si potevano evitare e a sera registrava l’impossibilità di evitarli”.

L’ 8 novembre 1987 gli italiani furono chiamati a pronunciarsi sulla “responsabilità civile dei magistrati”; l’83% rispose ai quesiti referendari e il popolo vinse alla grande, ma la politica se la fece sotto e non decise. Anzi il Parlamento, con l’approvazione della cosiddetta «legge Vassalli» (legge n. 117 del 1988), disciplinò la materia in modo da vanificare del tutto l’esito del referendum.

E come ciliegina sulla torta poco dopo venne approvato il nuovo Codice di Procedura Penale che affossò le ultime residue speranze di modificare qualcosa in quel settore delicatissimo della giustizia. E arrivò tangentopoli che spazzò via tutto.

Per non ripetere gli stessi errori/orrori del passato meglio sarebbe che la politica (da noi delegata con il voto) facesse da sola la riforma della giustizia e la facesse scrupolosamente molto lontana da schieramenti di parte per assicurare al Paese un sistema-giustizia sicuro e, soprattutto, uguale per tutti.

Per quanto mi riguarda andrò a votare e voterò “SI” per tutti e cinque i quesiti referendari; ma la mia scelta conta davvero poco se il popolo (chiamiamolo una volta tanto per nome e cognome) diserterà le urne in maniera massiccia come da più parti i soliti esperti del diritto e dei sondaggi profetizzano.

Dovrebbero votare SI tutti quelli che sono convinti della bontà della riforma, votare NO quelli che sono contrari.

Ma c’è una disaffezione verso l’istituto democratico del Referendum che va tenuta da conto e che potrà condizionare l’esito della chiamata alle urne: “Prendete il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati, per altro, uno storico cavallo di battaglia del centrodestra: scheda gialla, quattro righe solo per il titolo e ben 25 di testo-quesito stampate in un corpo tipografico talmente minuto da far rabbrividire persino una lince. Può un elettore di media cultura, formazione e in-formazione, comprendere a dovere il politichese di questa scheda?”, questa in sintesi la spiegazione che i cosiddetti “analisti” forniscono alla pubblica opinione che, forse, è ancora più indignata degli stessi analisti.

Insomma i referendum, istituto democratico per eccellenza, nel corso dei decenni è divenuto troppo politichese ed al posto delle domande secche e semplici sono arrivati veri e propri trattati di diritto.

C’è solo da sperare che alla fine vinca la democrazia sotto forma di assunzione di responsabilità da parte della politica, degli elettori e, soprattutto, dei magistrati.

 

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