SEV SPA LUCE E GAS – LA PARTECIPAZIONE SECONDO IL CONSIGLIO DI STATO

 

 

 

da Alfonso Malangone

(Ali per la Città)

 

SALERNO – Il Decreto Legislativo n. 175 del 19/08/2016 – Testo Unico delle Società Partecipate – ha imposto stringenti limitazioni all’utilizzo delle aziende pubbliche per l’offerta dei servizi di competenza degli Enti Locali. Con la nuova disciplina, si è voluto porre un freno all’esponenziale incremento di tali strutture, talora responsabili di gravi problemi gestionali e finanziari (fonte: lavori Parlamentari).

In via preliminare, è stato introdotto un principio di carattere generale: non è consentito il coinvolgimento degli Enti in “attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali” (art. 4, c. 1). Per rendere ancora più stringente la disposizione, è stato anche perimetrato il gruppo delle attività “strettamente necessarie” con la precisazione che sono tali quelle rivolte alla “produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi” (art. 4, c. 2/a). A completare, c’è la definizione dei servizi di ‘interesse generale’ e di ‘interesse economico generale’. I primi sono quelli delle “attività di produzione e fornitura di beni e servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità…continuità…qualità e sicurezza che le amministrazioni pubbliche assumono come necessarie per la soddisfazione dei bisogni della collettività…così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale” (art. 2, c. 1/h). I secondi sono quelli delle stesse attività quando comportano un “corrispettivo economico su un mercato” (art. 2, c. 1/i).

Tanto premesso, l’inserimento tra gli ‘interessi generali’ delle ‘reti e degli impianti funzionali ai servizi’ ha alimentato discussioni sulla effettiva possibilità, per gli Enti, di gestire le forniture dell’elettricità, del gas e delle telecomunicazioni. Su tali dispute, il Consiglio di Stato, Sez. V, si è espresso con la Sentenza n. 578 del 23/01/2019. Dice, nel dispositivo, che spetta esclusivamente all’Ente stabilire se sia presente un “interesse generale” insoddisfatto e tale da giustificare l’offerta di un servizio che “il privato, potrebbe non. ritenere vantaggioso” anche “contro corrispettivo economico”. E, aggiunge che, se pure l’attività fosse svolta congiuntamente da privati e da soggetti pubblici con la produzione di reddito, lo scopo dell’Amministrazione, ente non lucrativo, resta diverso perché volto ad “orientare concretamente il servizio a soddisfare un bisogno della collettività a prescindere dallo specifico vantaggio economico”. Deve sussistere, però, secondo i Giudici, una effettiva possibilità per l’Ente di incidere sulle decisioni strategiche per realizzare una “reale interferenza sul fine dell’impresa in presenza di interessi contrastanti”. Così, una partecipazione “pulviscolare” o con quote minoritarie non sarebbe idonea a indirizzare le scelte societarie a meno di accordi parasociali che assicurino al Socio Pubblico il controllo sui provvedimenti più rilevanti riguardanti la vita e l’attività della partecipata. Diversamente, non si potrebbe parlare di “servizio di interesse generale”, ma solo di “sostegno finanziario ad una attività di impresa” (fonte: cit.). Ipotesi, non consentita dal TUSP. Questo è, per la Giurisprudenza. Salvo ogni errore di informazione e interpretazione.

Nei giorni scorsi è stata commentata l’attività di SEV-Iren Spa, società partecipata indirettamente dal Comune attraverso la Sistemi Salerno Holding, la cui maggioranza azionaria è stata trasferita a Iren, al 50%, contro il 48,82% della Holding e l’1,18% della GesCom Srl, con un’operazione di fusione chiusa ad inizio 2018. E’ stato osservato che accordi parasociali e modifiche introdotte nello Statuto hanno consentito a Iren di acquisire la gestione amministrativa, gestionale, commerciale, finanziaria, economica e fiscale. Cioè: di tutto (fonti: Iren, SEV e altre). In particolare, con l’attribuzione di azioni definite di ‘classe A’, la Iren ha il diritto di nominare tre membri del Consiglio di Amministrazione, a fronte dei due della Holding (tra cui il Presidente), condannando quest’ultima ad una perpetua posizione di minoranza per le delibere ordinarie, a maggioranza semplice. Per quelle straordinarie ‘speciali’, lo Statuto prevede il voto favorevole dei 2/3 e l’obbligatoria adesione del Presidente, di nomina Holding (fonte: art. 20). Se, mancasse, si applicherebbe la maggioranza semplice e la Holding avrebbe il diritto, che sembra più un obbligo, di avviare la procedura di exit, uscita, dal Capitale. In che modo? Leggendo lo Statuto, sembra di poter dire con “una mano davanti e l’altra dietro” (fonte: art. 28). In sintesi, gli accordi in essere potrebbero definirsi addirittura ‘costrittivi’, perché la Holding sarebbe tenuta ad accettare, ovvero a uscire. Ovviamente, è solo un’opinione. Ampiamente confutabile. Per questo, sarebbe doveroso un chiarimento da parte dei responsabili, anche in previsione del periodico riesame delle partecipate disposto dalla Legge. Perché, se fosse corretto quanto detto, mancherebbero le condizioni poste dal Consiglio di Stato e la quota azionaria sarebbe solo di sostegno finanziario, in contrasto con il TUSP e, quindi, da alienare ai sensi dell’art. 24 dello stesso. Una curiosità è alimentata dalla precisazione, nelle Relazioni annuali della Holding, del diritto all’acquisto delle azioni GesCom per ripristinare la parità. Detto in assoluta buona fede, potrebbe essere un tentativo per dimostrare la presenza di un sostanziale equilibrio. Ma, lette bene le norme, sarebbe a ‘numeri’, non effettivo. Il Decreto Legge e il Consiglio di Stato potrebbero non essere d’accordo, salvo errore.

Nei giorni scorsi, la notizia di osservazioni sollevate dal MEF di una presunta inadeguatezza del piano di rientro del disavanzo, presentato dal Comune per l’adesione al decreto Aiuti, ha fatto crescere i timori di ulteriori sacrifici a carico dei cittadini. Il recupero del capitale investito in SEV, ai sensi di Legge, potrebbe essere di aiuto se la quota azionaria fosse di gradimento per investitori o per la stessa Iren. Purtroppo, per i primi, non sembra di stimolo la condizione di subalternità imposta dallo Statuto mentre, per la seconda, potrebbe non esserci interesse, visto che di fatto già gestisce il tutto con il 50%. Di questo, sarebbe giusto parlare, prima di chiedere ai cittadini di mettere mano alla tasca. A meno che non siano solo gli attori di una rappresentazione teatrale delle ‘anime morte’ di Gogol.

Il presente commento non è un atto di accusa. E’ una richiesta di trasparenza. E, anche di soccorso.

(P.S.: le informazioni, tratte da siti ufficiali, sono fornite in buona fede, senza responsabilità e salvo ogni errore)

Alfonso Malangone – Ali per la Città – 08/10/2022

 

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