OSTELLO: … un minuto dopo lo demolisco, parola di Vincenzo !!

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Prima di iniziare il discorso sull’ostello di Torrione (Lungomare Colombo) è necessario ricordare a chi volesse approfondire la vicenda che il sottoscritto è stato per circa 18 anni direttore della Tv locale “Quarta Rete” con sede in Capezzano di proprietà del compianto avv. Leonardo Calabrese (già patron della sanità privata salernitana con il Cedisa e la clinica La Quiete) che era anche titolare dell’edificio in questione adibito ad ex ostello della gioventù e di diverse altre strutture mai completate tra Salerno e Capezzano.

La vicinanza con Calabrese, che era anche il mio editore dell’epoca, mi ha consentito di entrare a gamba tesa in molti “segreti inconfessabili” della cosiddetta “Salerno bene”, segreti che riguardano personaggi che ancora oggi dettano legge nella vita aggregativa e sociale dell’intera comunità salernitana. Il mio, ovviamente, non è un messaggio trasversale, piuttosto il tentativo di offrire un modesto contributo al ristabilimento di alcune verità. Proprio sulla scorta del fatto che Leonardo Calabrese, grande affabulatore, era un uomo temuto e odiato da gran parte di quella Salerno prima indicata che, per svariate motivazioni, si era piegata a turno ai voleri del ricchissimo imprenditore della sanità privata: “imprenditori, politici, giudici, istituzioni, artisti, venditori, acquirenti ed anche affaristi di giornata”.

Oggi, dunque, parliamo dell’ex Ostello per la Gioventù, quella specie di edificio degradato e fatisciente sul lungomare Colombo che dovrebbe ancora ricadere nelle tante proprietà lasciate da Calabrese; tutte proprietà (divise tra personali e società) che sembrano oggi essere state assoggettate in un’unica società creata per la vendita a terzi, e tra queste proprietà  non solo l’ostello ma, forse, anche il Cedisa e La Quiete; insomma la fine di un impero.

Ma ritorniamo all’ostello che nella riqualificazione urbanistica della città fatta da Oriol Bohigas rientrava in quella “APU” inerente la zona tra la foce dell’Irno e Torrione con destinazione a punto commerciale di ristorazione. Cosa questa che Calabrese non aveva mai accettato e che, una volta rientrato nelle grazie di Vincenzo De Luca a seguito del fattivo imput di Massimo D’Alema che aveva indotto lo stesso Calabrese ad offrirsi come investitore privato per la riattazione di Villa Carrara nella cui struttura doveva anche vere sede la “Fondazione Calabrese” dedicata alla memoria del padre dell’imprenditore. Ma Calabrese che non era un pivellino qualsiasi aveva condizionato il suo investimento al “cambio di destinazione d’uso” dell’Ostello dentro il quale avrebbe voluto realizzare una nuova sede del Cedisa o una residenza per anziani.

Conosco benissimo anche i dettagli di quella vicenda, ma non cito né fatti e né personaggi in quanto l’unico testimone è ormai scomparso dopo avermi raccontato, a voce, tutta l’intricata vicenda.

L’unica cosa certa è che Calabrese non fece la fondazione per il padre, Villa Carrara venne ristrutturata con fondi pubblici e il “cambio di destinazione d’uso” non è stato mai concesso al richiedente Calabrese (e qui mi astengo dal raccontare altre storie veramente brutte in merito ai lavori di riattazione che a più riprese sono stati eseguiti dalla famiglia Calabrese su precisi progetti dell’architetto Ernesto Pagano) che più volte, quando era in vita, ritornò inutilmente alla carica.

E qui c’è un simpatico aneddoto; diversi anni fa  nell’imminenza della scadenza dell’ennesimo rinvio della licenza edilizia (ricordate che bisognava fare di quella struttura un ristorante) l’allora sindaco De Luca, dalle frequenze di Lira TV, per tacitare le proteste dei residente di Torrione ebbe ad esclamare: “Tranquilli, un minuto dopo la scadenza della licenza edilizia demolirò quella fatisciente e vergognosa struttura”.

L’Ostello, invece, è ancora lì dopo oltre vent’anni da quella incursione apodittica.

 

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