PIQ: nuovo codice di qualità

Filippo Ispirato

Sempre più spesso al giorno d’oggi termini quali BRIC , PIGS, STIM, PNL, PIL sono entrati prepotentemente nel nostro vocabolario quotidiano, complici le ultime crisi delle banche d’affari americane nel 2008 e di alcuni paesi dell’Ue come la Grecia e l’Ungheria nel 2010.

Acronimi che rappresentano gruppi di paesi emergenti o in declino ed i loro relativi indicatori economici di crescita; ma andando oltre i meri dati quantitativi è possibile misurare la crescita in termini di qualità della vita dell’economia di un paese, con un indice che rappresenti il valore aggiunto in termini di sviluppo e potenzialità di un territorio o di una nazione?

Economisti e specialisti del settore da qualche anno hanno cominciato ad interrogarsi su quanta parte del PIL (indicatore di crescita e sviluppo di un paese) corrisponda davvero ad un progresso in termini qualitativi, in quanto non sempre ad un aumento del prodotto interno lordo corrisponde una crescita in termini di sviluppo e miglioramento della nostra qualità di vita (basti pensare che in alcuni paesi in via di sviluppo la crescita della produzione industriale spesso è accompagnata da uno scarso rispetto per le politiche ambientali a scapito della salute della popolazione di quell’area)

Nel 2007 è nato l’indice PIQ (prodotto interno di qualità) che evidenzia la crescita di un paese non più solo sulla base della produzione di beni e servizi tout court, ma rettifica il dato facendo emergere la parte di innovazione, ricerca, creatività e produzioni tipiche ad alto valore aggiunto (peculiarità della soft economy) legati ad un territorio.

Salerno, con la sua provincia, in quest’ottica, grazie alle sue produzioni di qualità, come ad esempio nel campo delle produzioni agricole doc dop e docg, e all’offerta turistica, grazie al suo patrimonio storico artistico e alle sue bellezze paesaggistiche, potrebbe esprimere al meglio le sue potenzialità ancora espresse in maniera solo parziale, evitando di competere in settori maggiormente standardizzati in cui si è costretti ad entrare in concorrenza con paesi emergenti che hanno un costo del lavoro sensibilmente inferiore.

Partendo da questa nuova idea di crescita legata a fattori qualitativi, il nostro tessuto imprenditoriale, coadiuvato dalla classe politica, potrebbe focalizzarsi ancora maggiormente su comparti di eccellenza specifici del nostro territorio in modo da offrire nuove occasioni di sviluppo ed occupazione qualificata per le nuove generazioni sempre più dinamiche e flessibili, limitando la continua fuga di cervelli dei nostri territori.

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