D’Andrea/5: chi è stato veramente “don Cosimo” ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Chi è stato veramente Cosimo D’Andrea?
E’ la classica domanda dalle cento pistole che prevede tante e diverse
risposte. Per alcuni magistrati è stato un capo della camorra, per altri
magistrati è stato un elemento di cui aver paura, per altri ancora un soggetto
di cui fidarsi era bene e non fidarsi era meglio, per molta gente era un
benefattore, per altra gente era un taglieggiatore usuraio, per chi lo ha
conosciuto (come me) era semplicemente un uomo da una cultura di base
consolidata che riusciva a farla lievitare anche grazie al suo particolare modo
di esprimersi e di convincere i suoi interlocutori della bontà delle sue convinzioni che non invadevano mai la sfera personale del prossimo. Quest’ultimo giudizio, se volete, me lo ha stuzzicato la lettura del brano del libro dell’ex
magistrato Domenico Santacroce nel passaggio quando scrive che “… gli usurai tra i quali Giovanni Marandino ed altri della zona ricevevano notevole disturbo quando dietro ai debitori operava D‘Andrea in quanto spesso
correvano il rischio di perdere le proprie garanzie …”
. Il magistrato,ovviamente e per comprensibili ragioni, non approfondisce il
concetto che di per se è essenziale per la definizione del mio discorso sul personaggio D‘Andrea. L’ho conosciuto tantissimi anni fa quando imperava in tutta la provincia il “verbo socialista” e mi apparve subito come un uomo dalle enormi capacità intellettuali e
imprenditoriali. Era capace di prevenire gli eventi, quasi all’americana, che gestiva e in un certo senso pilotava verso obiettivi che egli  stesso prefissava, quasi come una sfida per le sue stesse capacità organizzative. Era un decisionista in assoluto, sapeva di chi fidarsi e se si fidava lo faceva fino in fondo. Probabilmente questa sua punta caratteriale, quasi bonaria, lo ha perso. E lo ha perso in maniera strana ed inquietante, molti ancora oggi forse temono le conseguenze della sua vicinanza per alcuni fatti che necessitano essere eclatati verso l’esterno e
portati a conoscenza di tutti. Si racconta in giro, soprattutto nella Piana del Sele e nell’ebolitano, che con l’arrivo dei primi guai giudiziari e con le prime avvisaglie dell’instabilità delle sue condizioni di salute il mitico “don Cosimo” si sia liberato di tantissime proprietà immobiliari e terriere che aveva acquisito nei lunghi anni della sua attività. Sulle modalità con cui si sia liberato di queste proprietà per non farle ricadere nella rete della giustizia sono state raccontate molte versioni, alcune più o meno aderenti alla realtà, altre assolutamente fantasiose. Fatto sta che Cosimo D’Andrea aveva realmente messo su un impero immobiliare e terriero senza precedenti o quanto meno senza paragoni a memoria d’uomo in tutta la zona della Piana. Si liberò di queste proprietà, questa la versione più accreditata, facendo leva sui presunti
fidatissimi amici ai quali destinare, con regolari intestazioni e passaggi di proprietà, le immense risorse del suo patrimonio. Poi è accaduto tutto quello che è accaduto, fino alla prematura scomparsa avvenuta il 16 dicembre 2001 nel reparto detenuti, padiglione Palermo, dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Aveva soltanto 55 anni e tanti suoi presunti fedelissimi amici fecero, probabilmente,
salti di gioia. Tutta quella schiera di questuanti e di approfittatori che a lungo aveva bivaccato alle spalle di “don Cosimo” immediatamente, dopo la su morte, si eclissò. E con loro si eclissarono anche le cospicue proprietà che avevano promesso di proteggere
dagli strali della giustizia e che ora non vedevano il momento di tenersele ben strette per sempre. Impossibile fare nomi e cognomi, sono tanti e sono tutti ben coperti non solo dai regolari atti notarili e dalla scritture private ma anche, se non soprattutto, dall’oblio del tempo. E la famiglia, e gli eredi di Cosimo D’Andrea? Qualcosa probabilmente la conoscono, qualcos’altro ci arriveranno per deduzione, ma il grosso ormai è stato fagocitato dal tempo e dalla segretezza. Purtroppo!! Ma chi  stato veramente D’Andrea, un benefattore o un affarista ? Probabilmente nessuna delle due cose, più facile pensare che sia stato un uomo d’affari vittima del suo amore per il rischio.  Nella prossima puntata cercherò di capire come la famiglia vedeva e giudicava il proprio capostipite.

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