Precari della scuola: la parola passa ai giudici della Corte europea

Marco Bencivenga

 Con apposita ordinanza emessa in data 2 gennaio 2013,  il Giudice del  lavoro di Napoli, dott. Paolo Coppola, ha  rimesso alla Corte di Giustizia europea un ricorso presentato da una docente per  la mancata stabilizzazione. Il magistrato campano attraverso una precisa e complessa dissertazione ha, dapprima, valutato gli atti di causa alla luce della normativa interna e poi evidenziato, mediante quesiti interpretativi, la necessità di un chiarimento, data la sussistenza di incompatibilità tra la normativa italiana e i principi europei in materia di contratti a termine. Il giudice ha pure rilevato che, sebbene la Corte di Cassazione, negando la stabilizzazione e il diritto al risarcimento del danno, abbia precisato nella ormai nota sentenza 10127 dello scorso giugno 2012,  “(…) Non vi è alcun spazio per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea ”, è vero pure che “(…) Di contro deve rilevarsi come la Commissione europea ha aperto due procedure di infrazione (proc. n. 2010/2045 e proc. 2010/2124), per la non corretta trasposizione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato proprio in questo settore, al momento alla fase della  della  messa in mora complementare ex art. 258 TFUE. In particolare, nell’ambito della procedura d’infrazione 2010/2124, la Commissione europea ritiene che la prassi italiana di impiegare personale ausiliario tecnico amministrativo (Ata) nella scuola pubblica per mezzo di una successione di contratti a tempo determinato, senza misure atte a prevenirne l’abuso, non ottempera gli obblighi della clausola 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE”.  Il dott. Coppola nel suo argomentatissimo provvedimento, disponendo la sospensione del processo, ha sollevato questioni di pregiudizialità chiedendo alla Corte Europea di rispondere ai seguenti quesiti interpretativi:

1)      Dovendo questo giudice dare attuazione al diritto dell’Unione europea, è necessario chiedere alla Corte di giustizia se il descritto contesto normativo costituisca misura equivalente ai sensi della Clausola 5 della Direttiva 1999/70/Ce. Ne deriva quindi il quesito se il contesto normativo del settore scuola, come descritto, costituisca misura equivalente ai sensi della Clausola 5 della Direttiva 1999/70/Ce;

 2)      Ove la Corte di giustizia dovesse ritenere che il quadro normativo interno non costituisce misura equivalente, residuano ulteriori, necessari al fine di verificare se, sulla scorta della normativa interna, sia possibile applicare una misura ostativa effettiva. Sulla scorta delle predette considerazioni deve richiedersi alla C.g.u.e. di chiarire quando ricorra il concetto di “Stato” ovvero di “settore pubblico” al fine della verifica della compatibilità di una diversa disciplina quanto a misure ostative e conseguenze sanzionatorie in ipotesi di verificazione dell’abuso ed in particolare se nello specifico settore della scuola detto concetto ricorra, tenuto conto che analoga attività svolte da scuole private parificate e svolgenti la medesima attività la disciplina specifica applicabile è quella generale.

 3)      Il terzo quesito attiene alla Clausola 4 della Direttiva 1999/70/Ce ed in particolare se, tenuto conto delle esplicazioni di cui all’articolo 3, comma l, lett. c), della direttiva 2000/78/CE ed all’articolo 14, comma 1, lett. c), della direttiva 2006/54/CE, nella nozione di condizioni di impiego di cui alla clausola 4 della direttiva 1999/70/CE siano comprese anche le conseguenze dell’illegittima interruzione del rapporto di lavoro;

 4)       Se, in forza del principio di leale cooperazione, ad uno Stato sia vietato rappresentare in un procedimento pregiudiziale interpretativo alla Corte di giustizia dell’Unione europea un quadro normativo interno volutamente non corrispondente al vero ed il giudice sia obbligato, in assenza di una diversa interpretazione del diritto interno ugualmente satisfattiva degli obblighi derivanti dalla appartenenza alla Unione europea, ad interpretare, ove possibile, il diritto interno conformemente alla interpretazione offerta dallo Stato;

 5)      Deve richiedersi alla Corte di giustizia se nella previsione generale dell’art. 2, n. 1 (cfr. C.g.u.e. sentenza 8 febbraio 2001, procedimento C-350/99, Lange, punto 21), ovvero dell’art. 2, n. 32, lett. e) rientri anche la indicazione delle ipotesi in cui in contratto non è più temporaneo, ma a tempo indeterminato, posto che per tale effetto si ha una modifica di detto elemento del contratto di lavoro;

 6)      In ipotesi di risposta positiva al quesito che precede se una modifica con efficacia retroattiva del quadro normativo tale che non garantisca al lavoratore subordinato la possibilità di far valere i suoi diritti derivanti dalla direttiva, ovvero il rispetto delle condizioni di lavoro indicate nel documento di assunzione, sia contrario all’art. 8, n. 1, della direttiva 91/533/Cee ed alle finalità di cui alla direttiva 91/533/Cee ed in particolare al 2° “considerando”. Qualora i giudici europei assumessero una decisione interpretativa contraria a quella  posta in essere dai giudici di Piazza Cavour,  ne deriverebbe, per gli oltre ventimila ricorrenti, la possibilità di un contratto a tempo indeterminato.

Per approfondimenti:

Tribunale di Napoli – Ordinanza del 02 gennaio 2013

6 thoughts on “Precari della scuola: la parola passa ai giudici della Corte europea

  1. Che la speranza per i precari italiani, possa arrivare solo dalla UE è a dir poco gravissimo.
    Mi chiedo il senso di far parte dell’unione, se poi ci si discosta da direttive centrali

  2. Se l’Italia già non facesse parte dell’UE, di sicuro oggi non ci permetterebbero di entrarvi.
    Troppe e gravi sono le mancanze, non di noi Italiani, ma di chi ci governa dai quali ci tengo a prendere le distanze: corruzione, criminalità, carceri da terzo mondo, tagli indiscriminati a scuola e sanità, leggi medievali in fatto di diritti civili. Non ultimo la mancata stabilizzazione di migliaia di precari senza i quali le scuole chiuderebbero dall’oggi al domani.
    Vista la pochezza dei politici italiani temo che la sentenza non verrà rispettata, già siamo abituati a questo scenario del resto.
    Tanto in caso di multa pagheremmo noi!

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