Caimangate/41: le chiancarelle e la città turistica


Aldo Bianchini

SALERNO – Mentre il sindaco Vincenzo De Luca si prepara alla grande battaglia di maggio per dimostrare, con la mostra su come erano (schifosamente degradate !!, secondo lui) le Chiancarelle e su come sarà rigenerata l’intera zona retroportuale, la validità delle sue apodittiche scelte urbanistiche (leggasi Crescent e Piazza della Libertà !!) in città monta il dibattito sul turismo e sulle sue improbabili connessioni con l’annoso e, forse, irrisolvibile problema delle saracinesche commerciali abbassate durante le festività e le date comandate. Alla base di tutto, prima di scendere nell’esame dettagliato, c’è da spiegare che nella nostra Città esiste un senso di auto proclamazione e/o auto decisionismo molto diffuso; insomma non esiste la cultura del confronto e della sana e costruttiva discussione. A cominciare dal sindaco, purtroppo !! Se il primo cittadino non capisce che Le Chiancarelle sono la storia della città, e cerca disperatamente di far passare il messaggio mediatico (supportato da certa stampa !!) che quelle erano uno schifo rispetto a quello che dovremmo molto improbabilmente vedere in futuro, è facile comprendere che siamo fuori strada. Cancellare Le Chiancarelle vuol dire semplicemente cassare una parte della storia di questa Città; cosa che non ha fatto neppure New York (città lanciata verso la modernità planetaria) che si è ben guardata dal cancellare radicalmente il ricordo di quello che fu l’obbrobrio della civiltà con le Ellis Island (che ieri occupavano buona parte del mega porto e oggi sono state ridimensionate ad uno splendido museo). Ebbene a Salerno un non salernitano ha voluto caparbiamente cancellare anche la storia di quella parte della city che ha dato all’intera comunità le basi per la crescita e lo sviluppo. Senza queste tracce di storia non è possibile pensare e credere che Salerno possa diventare una città turistica tra ecomostri, piazze fantasma e fontane che non funzionano. Intanto, dicevo, monta in città il dibattito sul turismo. Ci ha provato anche il restaurato Il Mattino a mettere a confronto due voci dissonanti (Pina Testa e Alfonso D’Alessio) che hanno espresso il loro pensiero diviso tra la città turistica si è arresa e il ricatto del dio denaro. Due opinioni rispettabili, perché ogni opinione è rispettabile in un contesto di dibattito serio, articolato e continuativo, cosa questa sulla quale i quotidiani di carta stampata cadono facilmente perché forse presi troppo dalle notizie di cronaca che hanno sempre la precedenza rispetto all’approfondimento. Io personalmente propendo più per la spiegazione del fenomeno offerta da Alfonso D’Alessio (uomo di fede !!) che ho trovato più pragmatica e meno legata alla filosofia artistica di Pina Testa. Sarà anche sbagliato ma io ho una visione completamente diversa e per me rimane incontestabile il fatto che l’arte (quella pura e non legata ai carrozzoni politici come accade qui a Salerno, e la Testa è valida testimone perché non ha mai ricevuto niente per “grazia ricevuta” !!) non è l’unica essenza del turismo o quanto meno non è assolutamente l’unico attrattore turistico in una città come Salerno. La verità, in sintesi, è che Salerno non è mai stata, non è e non sarà mai una Città turistica ( e questo i due commentatori lo hanno volutamente ignorato); piuttosto è una città che dal dopoguerra in poi si sta ancora interrogando su quello che dovrà essere la sua destinazione futura: turistica, terziaria o industriale. A fasi alterne tutte e tre le soluzioni sono state provate senza esiti positivi. Finì rapidamente il turismo estivo di massa degli anni 50 e 60, finì l’industrializzazione forzata degli ani 70, così come è finita la città terziaria degli anni 80. E’ la mancanza di infrastrutture sicure e funzionanti (trasporti, bellezze artistiche e paesaggistiche) e, soprattutto, sgombre dall’ossessiva presenza dei rifiuti solidi urbani (lo dice bene anche Alfonso D’Alessio) che non rende Salerno appetibile per i grandi flussi turistici se non come base dormitorio e mangereccia (dice la testa). Ma sulla Salerno mangereccia stenderei, comunque, un velo pietoso; l’ho già scritto altre volte che stranamente a Salerno in molti locali è possibile pranzare con una spesa tra gli 8 e i 10 euro e cenare (più o meno con le stesse cose) con una spesa notevolmente superiore; una discrasia inconcepibile ma realmente possibile in una città che non sa scegliere e che, molto verosimilmente, non conosce gli elementi base della cultura dell’accoglienza. Su questo panorama poco edificante è arrivata, infine, come una ciliegina sulla torta la mania urbanistica personale del primo cittadino che, alla stregua di un grande architetto senza laurea specifica, cerca di disegnare addirittura una quarta via (dopo le cattive esperienze della città turistica, terziaria o industriale) incentrata sulle grandi opere urbanistiche delle quali, fortunatamente, soltanto una ha visto la luce con effetti decisamente devastanti. Gli alberghi, i ristoranti, i bar si affollano spesso soltanto di passaggio nell’attesa che i turisti svicolino per altre destinazioni, accade anche per le luci d’artista (un’altra apodittica scelta !!); questo è vero e se è vero bisognerà convincersi che Salerno è e rimarrà una tappa di passaggio e su questa sua peculiarità bisognerà lavorare a 360°. Del resto anche il troppo mitizzato litorale adriatico vive sul turismo non stanziale che conosce benissimo e sa accogliere, cosa che manca a Salerno. Le saracinesche abbassate, dunque, non sono l’unica colpa della crisi del turismo.

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