LAVORO: dalla Thyssen alla pevenzione … passando per l’Inail

 

Aldo Bianchini 

 

SALERNO – Nell’ultima festa del lavoro, più una liturgia stanca e ripetitiva che una rappresentazione di novità, si è parlato molto del fenomeno infortunistico e della “cosiddetta” prevenzione, nonché dei controlli che, secondo un non meglio identificato e poco aggiornato sindacalista, vengono eseguiti da più Enti con personale di vigilanza che spesso non sa quello che fa o che dovrebbe fare. Come se il sindacato non avesse alcuna responsabilità per tutto quanto è accaduto nella storia degli ultimi cinquant’anni di questo benedetto Paese; ma di questo ho ampiamente parlato nel precedente articolo di qualche giorno fa. Oggi voglio intrattenermi più specificamente sulla prevenzione e sui controlli perché c’è poca cultura di questa disciplina e spesso la gente, anche le massime cariche istituzionali, parlano senza sapere bene quello che devono dire (tanto per rispondere al sindacalista di cui sopra !!). A conclusione della giornata del lavoro del 1° maggio 2014 ho seguito un interessante reportage televisivo, Rai/2, che non solo ha centrato bene l’argomento ma ha intervistato il direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello, (come è giusto che sia e come non hanno fatto in passato i grandi media !!), che ha sapientemente illustrato i compiti dell’Ente e gli obiettivi che lo stesso si prefigge, obiettivi che spesso trovano ostacoli legislativi e burocratici insormontabili.  Insomma, come dire che un Ente nato a ridosso della seconda rivoluzione industriale (correva l’anno 1898 !!) e che si è irrobustito di conoscenze e di esperienze in 120 anni di storia, deve rimanere al palo senza poter entrare nel cuore del problema infortunistico che a volte è costretto ad osservare da lontano ed in silenzio perché muoversi nel mare magnum delle disposizioni e delle competenze, distribuite e disseminate senza senso, come se fosse l’ultimo arrivato. Non volendo toccare minimamente quelle che sono state da sempre le prerogative dell’Ispettorato del Lavoro (oggi denominato Direzione Provinciale del Lavoro !!) non si può non rimanere perplessi di fronte al dilagare dello strapotere delle Unità di Prevenzione della varie Asl che dopo aver fagocitato l’Enpi e l’Inam per effetto della <<riforma sanitaria del ‘75>> ha pensato e creduto che la <<prevenzione della salute>> dovesse inglobare in senso lato tutto il sistema della prevenzione, ivi compresa la prevenzione infortuni che è e rimane tutta un’altra cosa lontana mille miglia. Ma all’epoca, parliamo degli anni ’70, ci fu una strana ed inquietante convergenza anche da parte dei sindacati che così facendo pensavano di allargare il loro orizzonte di rappresentanza e, soprattutto, di potere senza tenere minimamente in conto il fatto che si imprimeva una scossa tellurica al sistema di <<prevenzione e previdenza>> che già di per se era traballante e sull’orlo del collasso. Certo probabilmente in tutto questo ci sono anche responsabilità dell’Inail ma l’ente infortunistico, dopo la grande riforma sanitaria (si fa per dire !!) e almeno per un paio di decenni ha dovuto pensare alla sua sopravvivenza ed al superamento degli attacchi che la politica insipiente gli rivoltava contro, un giorno si e l’altro pure, per mettere le sue mani all’interno di <<un oggetto misterioso>> (l’Inail !!) che riusciva a superare crisi e congiunture varie ed a esibire un bilancio sempre all’altezza, se non superiore, della managerialità privata. Di fronte a questo totale squallore politico e legislativo non ci si deve meravigliare più di tanto che la recente sentenza della Cassazione abbia deciso di rinviare ad un nuovo processo la definizione, non tanto delle pene, ma del concetto di responsabilità del datore di lavoro e delle sue varie classificazioni (ma di questo parlerò in un altro articolo !!); ma attesa l’ignoranza della pletora (anche giornalistica !!) si è preferito, invece, puntare l’indice sulle pene in modo da suscitare indignazione e rabbia nei familiari dei setti operai deceduti nel rogo della Thyssenkrupp del dicembre 2007. Ovviamente ai giornali interessa la spettacolarizzazione della notizia e non la spiegazione culturale della stessa notizia facendo ben capire che tra omicidio volontario e omicidio colposo (seppure cosciente) c’è una differenza abissale. Questo lo può fare soltanto l’Inail che da oltre cento anni ha nel suo “dna” la cultura della prevenzione che viaggia su binari completamente diversi da quella della spettacolarizzazione di un dramma. E perché lo può fare solo l’Inail ? Lo può fare solo l’Inail perché è l’unico Ente (forse nel Mondo !!) che conosce fin dalle sue radici il cosiddetto <<combinato disposto>> della responsabilità in materia infortunistica che è composto dalla “colpa del datore e dal concorso del lavoratore”. Perché tutti dovremmo ricordare che in ogni infortunio sul lavoro esiste questa combinazione tra le varie sfaccettature della colpa. Alla prossima.

 

 

 

 

One thought on “LAVORO: dalla Thyssen alla pevenzione … passando per l’Inail

  1. il problema dei controlli affidati ai S.P.I.S.A.L (ASL) composti quasi sempre del tutto a medici che non hanno competenze ne formazione professionale nel riconoscere le “analisi di rischio” in un posto di lavoro se proprio non gli balza agli occhi e riconoscendolo così come lo può fare un comune mortale è stato il colpo di grazia alla cultura alla sicurezza dei luoghi di lavoro.La mancata attivazione degli Enti bilaterali ( per ente bilaterale si intende un associazione a partecipazione paritaria tra OO.SS e Datori di lavoro del settore merceologico di riferimento questi enti nella maggior parte dei casi sono Virtuali nelle diverse categorie professionali (con esclusione del settore edile che ha anticipato di anni il sistema della prevenzione e della formazione professionale perché storicamente è stato il settore con il più alto numero di incidenti mortali) che avrebbero dovuto essere il primo presidio per la tutela della salute sul luogo di lavoro non lo sono diventati.
    Per quanto riguarda l’INAIL è vero quello che dice il direttore A.B sulla capacità e competenza che l’istituto ha.
    Sulla questione delle pene per le violazioni anche in “combinato disposto”. ” Paragonare un incidente sul lavoro un omicidio colposo (seppure cosciente) ad un omicidio volontario c’è una differenza abissale”.Su questo non concordo e spiego il perché. Se il direttore generale di una azienda è ha conoscenza che in n reparto c’è il rischio concreto che si possa morire è quel rischio non è dovuto “ad un caso fortuito fuori dalla norma” ma dalla mancata applicazione delle norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e con un atto di volontarietà nel non applicarle questo atto non solo è da definire omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e se la sorte colpisce più di un operaio si applica il reato di strage. Questa è la cultura del Diritto e del rispetto per la dignità umana.(Il profitto viene dopo la salute umana).

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