DAVIDE: sulla sua uccisione interviene don Aniello Manganiello

Aldo Bianchini

SALERNO – Come si fa a non seguire e semmai commentare un fatto di cronaca nera come quello dell’uccisione del giovane Davide Bifolco, soprattutto dopo la pubblicazione di alcune foto inquietanti e dolorose che ritraggono il corpo nudo e senza vita dello stesso Davide. Le foto sono state pubblicate sul maledetto Facebook dai familiari del giovane che vuoi per carenze culturali ataviche e vuoi per la rabbia e la fretta di pretendere giustizia hanno violato quella che dovrebbe essere l’ultima ed unica privacy veramente intoccabile per ognuno di noi: la rigidità della morte. Su questo giornale non le vedrete mai. Le foto pubblicate sul social network e su Il Mattino aggravano, se possibile, ancora di più la stridente differenza tra il ragazzo fanciullesco di una delle foto (lì veramente Davide appare come un bambino) e l’uomo con tratti somatici già duri e provati, forse, dalle esperienze della vita che egli stesso aveva scelto. Qualcuno dirà che l’alterazione dei tratti somatici è causata dalla rigidità cadaverica; può darsi, ma la differenza è talmente abissale da far riflettere su come il “fanciullo” stava trasformandosi in “uomo” in u n processo naturale di cambiamento e di somatizzazione con l’ambiente in cui viveva e stava organizzando la sua vita terrena futura. Ma queste sono considerazioni del tutto personali che potranno anche lasciare il tempo che trovano. La cosa che più mi ha colpito in tutto questo bailamme è stata l’intervista rilasciata a Il Mattino da “don Aniello Manganiello” (prete anticamorra e presidente dell’Associazione Ultimi) che ha parlato a cuore aperto e senza infingimenti della situazione di assoluto degrado ambientale di alcuni quartieri di Napoli. Il sacerdote, tra l’altro, dice: “”C’è Davide, 17 anni, che era in giro da minorenne su un motorino alle 2,40 del mattino. Non so cosa ci facesse per strada a quell’ora invece di essere a casa, ma la sua vita, qualunque fosse, è stata stroncata probabilmente dalle sue scelte … Una cultura giustificativa dell’illegalità. Come mai, quando è morto Lino Romano, ucciso per errore dalla camorra, nessuno è sceso in piazza a danneggiare le auto dei camorristi che in certe realtà conoscono tutti ? come mai certe reazioni sono scattate solo contro un esponente dello Stato ?””. Condivido pienamente le affermazioni del prete anticamorra anche, e non soltanto, perché in un certo senso e sotto certi aspetti danno più forza e credibilità a quella specie di scaletta dei valori per distinguere il ragazzo normale e bravo dal ragazzo normale meno bravo o assolutamente non bravo, prima ancora di sfociare nella delinquenza. Ecco il fatto che quando è morto Lino Romano nessuno sia andato a sfasciare le auto dei camorristi la dice lunga e conferma che quelle persone che sarebbero dovute andare a compiere il blitz sono “persone normali e brave” che vanno distinte da quei soggetti che accecati dalla rabbia per la morte di Davide sono andate a sfasciare le auto della polizia e dei carabinieri facendo loro stessi un distinguo tra <<persone normali e brave>> e <<persone normali ma meno brave o assolutamente non brave>>. E per essere persone normali ma meno brave o assolutamente non brave non bisogna essere forzatamente dei delinquenti, non è questo il problema perché basta essere soltanto meno brave e da lì comincia la discesa pesante e forse irreversibile. Il mio non è un giochetto di parole e neppure un esercizio di equilibrismo per dire e non dire, è soltanto la constatazione di una situazione di fatto che nei lunghi decenni di questo <<Stato cosiddetto liberale>> si è passati facilmente dalla libertà al liberismo assoluto ed incontrollabile. E lo Stato ha ceduto un po’ alla volta, passo dopo passo, di fronte alle manifestazioni sindacali di massa durante l’autunno caldo con in testa i metalmeccanici (che spaccavano tutto quello che trovavano sulla loro strada, vincevano ma alla fine hanno perso grinta e lavoro !!) così come da alcuni anni a questa parte sta cedendo di fronte ai “no global” ed alla “micro delinquenza” di strada nell’ottica di tamponare e calmare determinate situazioni che sul piano politico potrebbero compromettere tutto un percorso culturale che di fatto non c’è o se c’è è portato avanti da singole persone (come don Aniello Manganiello) senza un disegno organico e complessivo. E’ vero che lo Stato deve fronteggiare senza mai lasciarsi prendere dalla spirale della violenza o, peggio ancora, dal clima di guerriglia; ma è altrettanto vero che non dovrebbe essere consentito a nessuno, dico a nessuno, di assaltare un posto di polizia (il ricordo va a Roma dopo una partita di calcio), massacrare un poliziotto in piazza (leggasi caso Raciti a  Catania sempre dopo una partita di calcio) o sfasciare mezzi e strumenti che appartengono alla comunità nel suo complesso. Dopo, ma soltanto dopo, è chiaro che tutti dovremmo piangere la morte di un giovane che aveva tutta la vita davanti per ritornare sulla strada maestra della legalità e della convivenza civile.

One thought on “DAVIDE: sulla sua uccisione interviene don Aniello Manganiello

  1. Come si fa ,Illustre Direttore, a non raccogliere le sue stimolanti riflessioni.
    La prima cosa che mi viene in mente è una cosa che forse sembrerà non “azzeccarci” nulla con il discorso ma spero che nel prosieguo della lettura ne si comprenda il nesso : “Ahi serva Italia di dolore ostello – nave senza nocchiere in gran tempesta – non donna di province ma bordello.” Versi sottratti con il dovuto e reverenziale rispetto ad un certo Dante Alighieri.
    Nel primo commento fatto sull’episodio , in sostanza ,avevo chiesto : pietà( pietas cristiana) per il ragazzo morto, e pietà per il militare…nulla di più.
    Sono sicuro che Lei concorderà sul fatto che è sempre triste vedere un ragazzo di 17 anni morire in quelle condizioni, come è altrettanto facile pensare ………” ma se gli avessero insegnato a rispettare le Leggi ed i regolamenti ,……se alle tre di notte invece di stare a scorazzare in tre su un motorino senza casco, senza assicurazione , scappando davanti ad un alt delle forze dell’ordine fosse stato a casa a dormire , ora sarebbe vivo e vegeto, ma sembra,purtroppo, che a Napoli, Leggi e regolamenti siano opzioni o forse , cose da non prendere in considerazione.
    Nel contempo, non sapendo effettivamente cosa sia successo non sarebbe meglio astenersi da giudizi affrettati?
    Certo…..certissimo bisogna fermarsi all’alt intimato dalle forze dell’ordine e specialmente alle tre di notte a Napoli ma il prezzo da pagare, per non averlo fatto, non può essere la vita.
    Quando succedono queste cose penso alla polizia scozzese che è disarmata, o meglio, ha le armi chiuse in auto e possono essere rese disponibili dalla Centrale solo in caso di effettiva necessità. Una soluzione semplice, che evita errori o colpi di testa.
    Direttore, questo fatto è solo una tragedia per due persone: un ragazzo morto a 17 anni e un altro , il carabiniere, con la vita segnata.
    E’ possibile, in un paese civile, che i telegiornali debbano cavalcare l’onda dell’emotività, debbano far montare l’odio, l’irrazionalità, il disordine?
    Non sarebbe meglio analizzare e far conoscere i problemi di interi quartieri anziché raccogliere le voci più esagitate, mandarle in onda e quindi con questo, contribuire che altri giovani crescano nell’odio delle regole? Delle forze dell’ordine?
    Lungi dal voler passare, anche lontanamente per il sociologo del ***** di turno , certe cose , almeno secondo il mio punto di vista ,sicuramente discutibile, minimamente non foriero di verità assolute, non andrebbero esasperate ,pena, il fatto che si escluderebbe completamente e aprioristicamente da un analisi possibile, il “contesto sociale” del dove e perché certe cose possono verificarsi anche se non dovrebbero . Purtroppo per il ragazzo e il carabiniere si sono verificate.
    Immagino , con una certa facilità,che chi nasce in un territorio dove la legalità non si vede, dove è l’Antistato che detta la Legge (leggi camorra), è facile a livello inconscio temere più quelli che rappresentano la Legge, i quali in un certo senso destabilizzano lo squilibrio esistente e perdurante, che non quelli che illegalmente operano e posseggono,martoriando, il territorio.
    A tal proposito ,semplicemente a titolo esemplificativo , cito quello che mi confidò un ragazzo meridionale, come tanti, in una discussione occasionale : “ …… mi capita una cosa stranissima: quando entro in contatto con le forze dell’ ordine, soprattutto i carabinieri, comincio ad innervosirmi, quasi a tremare e provo un sentimento di odio misto a paura.
    Ma perché mi succede? Sono una persona corretta e a posto con la Legge ma vengo da una realtà nella quale lo STATO e’ visto come assente o presente veramente poco e le forze dell’ ordine avvertite come nemiche”.
    Sul Codice Penale non c’è scritto che chi non si ferma ad un posto di blocco sia passibile di pena di morte. Il carabiniere, che forse veramente nella concitazione dei fatti è inciampato ,arma in pugno e colpo in canna, poteva sparare alle gomme del mezzo, alle gambe, o cercare di fermare,bloccandolo, il ragazzo come in Inghilterra . Quindi l’averlo ucciso ,sia pure per un fatallissimo errore (come credo),forse per eccesso di zelo (lo escludo), andrebbe considerata una eccezione e non la regola. Poi naturalmente si dovrà appurare veramente se è stato un avvenimento fortuito o volontario (cosa che sempre escludo) e giudicare di conseguenza.
    Fin dagli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia, i meridionali non hanno mai davvero sentito di far parte dello Stato Italiano, perché lo Stato si è sempre manifestato ( non per colpe dirette) come qualcosa di esterno e di invasivo, fonte di sfruttamento e di oppressione,almeno sicuramente per quella fetta di Italiani-Napoletani che vivono o sono costretti a vivere al Rione Traiano o a Scampia……gente considerata nell’immaginario collettivo,gente di serie “Z”,senza lavoro,sogni,futuro. Brutti ,sporchi e cattivi.Da questo è nato e si sviluppato, fino a raggiungere le dimensioni attuali, il proliferare dell’Antistato nelle sue varie forme, dall’assenteismo al clientelismo,alla malavita organizzata.
    Figuriamoci, se con queste premesse, i ragazzi si sarebbero mai fermati all’ALT…..Alle tre di note….figuriamoci. Non fa parte del codice di certa cultura o sub-cultura metropolitana.
    I fatti, il dramma incredibile verificatosi, meriterebbero un ben diverso e necessario rispetto da parte di tutti, nessuno escluso, evitando, la prevedibile e non desiderata strumentalizzazione dell’episodio da parte di chi tira, da una parte , per il ragazzo o viceversa per le ragioni del carabiniere.
    Solo la verità potrà rasserenare gli animi di tutti.

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