Università: morte e sicurezza (4), la scena della tragedia.

Aldo Bianchini

SALERNO – Sulla base delle ultime notizie filtrate dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore sembra che le indagini, dopo aver ricostruito la scena dell’incidente, stiano provvedendo ad esaminare la conformazione dei pullman della Sita rispetto a quelli del CSTP. Ma andiamo con ordine cominciando dalla scena dell’incidente facendo a meno di utilizzare il condizionale perché la descrizione corrisponde a quanto accaduto. Dunque l’autobus guidato da Pietro Bottiglieri entra nel terminal ma si ferma a metà, cioè mezzo autobus dentro e mezzo fuori; istintivamente tutti i passeggeri si alzano dai loro posti, unendosi con i tanti già in piedi, e prendendo letteralmente d’assalto le porte di uscita perché pensano di dover scendere. L’autista, però, non apre le porte e i passeggeri rimangono in piedi affollandosi sempre di più fino ad occupare anche la visuale della porta anteriore che, insieme ad un piccolo oblò, viene utilizzata dagli autisti per scorgere eventuali pericoli anteriori visto che gli specchietti esterni garantiscono soltanto una visuale verso il retro dell’autobus. A quel punto arriva la ragazza, probabilmente distratta, che si infila tra l’autobus e il marciapiede (una vera strettoia); l’autista non la vede anche perché ha tutta la visuale occupata dai passeggeri in piedi e riparte appena l’autobus che lo precede riprende la marcia. Urta la ragazza che cade e finisce sotto la ruota anteriore. A questo punto l’autobus si inclina sulla sinistra e l’autista si rende, forse, conto non tanto della tragedia ma di aver preso qualcosa di grosso sotto la ruota anteriore. Poi la macabra e sconcertante scoperta. Ho parlato a lungo con un autista di autobus del CSTP (ora in pensione dopo quarant’anni di servizio e molti anni di viaggi da e per l’università) e mi ha spiegato con chiarezza e dovizia di particolari come il momento in cui i passeggeri si alzano e si portano verso le uscite è quello più pericoloso per un autista; in pratica è quello il momento che tutti gli autisti temono perché lo definiscono il “buco nero” in quanto in quel preciso momento si ha la visuale posteriore del mezzo ma non quella anteriore. Bisognerebbe in quelle specifiche situazioni non ripartire se prima non viene sgomberata la visuale, vale a dire se prima i passeggeri non liberano quello spazio intercorrente tra la testa dell’autobus e la prima uscita. Sta proprio qui, forse, l’unico rilievo che può essere mosso a Pietro Bottiglieri: non doveva ripartire. Rilievo che, comunque, dovrebbe ampiamente essere scardinato dal fatto che la conformazione degli autobus della Sita è molto diversa e più a rischio di quelli del CSTP che nati come mezzi prevalentemente metropolitani hanno, sulla destra dell’autista, una  visuale anteriore molto più ampia dei mezzi della Sita e che spesso viene messa comunque a rischio dalla smania dei passeggeri di scendere dal mezzo. Per queste ragioni la Procura sta insistendo con la perizia sul mezzo della Sita, vuole verificare fino in fondo la funzionalità dei mezzi che vengono normalmente utilizzati su lunghi percorsi e, quindi, senza sovraffollamento e senza l’esigenza ansiosa di scendere dal mezzo; oltretutto gli autobus della Sita sono assolutamente più alti, come piano di calpestio, di quelli del CSTP e quindi molto più pericolosi se utilizzati per simili trasporti. In passato molti passeggeri si sono lamentati per l’eccessiva velocità utilizzata dagli autobus nelle manovre di avvicinamento e di allontanamento dai marciapiedi del terminal, cosa questa che aveva indotto (anche se con grave ritardo) le competenti autorità universitarie a rivedere la struttura del terminal stesso inadatta alla movimentazione di circa 500 autobus quotidiani. Per questa ragione non capisco la dichiarazione del magnifico rettore Aurelio Tommasetti quando dice che nessun ampliamento era previsto del terminal in quanto non si prevedeva e non si prevede l’incremento della popolazione studentesca nei prossimi anni a causa della decrescita generalizzata. Vorrei sommessamente ricordare al Rettore che la sicurezza di una struttura non dipende certamente dalla crescita e/o dalla decrescita degli studenti, se una struttura non è sicura bisogna intervenire e metterla in sicurezza. Gentile Rettore non si tratta di ampliamento ma di sicurezza, e le due cose sono completamente diverse. Punto. Anche perché non c’era tempo da perdere dopo l’incidente mortale della professoressa in circostanze molto analoghe a quelle di Francesca, e invece sono stati sprecati oltre quattro anni tra riunioni, rinvii e chiacchiere. Anzi il sindacalista  Pasquale Passamano (della Cisl Università) ha aggravato ancora di più la situazione dichiarando, in merito alla velocità degli autobus in entrata e in uscita, ed alla logistica strutturale del terminal, che: “Il problema della rapidità …. è una delle problematiche … purtroppo siamo stati anticipati dalla tragedia ma già da mesi si è costituito un tavolo tecnico per la sicurezza …” (fonte Il Mattino del 27 novembre), quasi come a dire che il problema grave c’era e che si stava perdendo tempo; difatti sono stati persi quattro anni e Francesca non c’è più.  Ma prima ancora del tavolo tecnico ci sono gli Organismi preposti ed è ai loro componenti che bisognerà chiedere conto e ragione.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *