ELISOCCORSO: risarcimento dopo 18 anni ?


Aldo Bianchini

SALERNO – Sfogliando il quotidiano “La Città” dell’ 11 luglio 2015 la mia attenzione venne attratta da un titolo a pag. 15: “Eliambulanza precipitata – A 18 anni dalla morte del medico la famiglia risarcita dall’Asl”. Ho letto con interesse l’articolo, oltretutto ben fatto, a firma del giornalista Vincenzo Rubano ed ho ricordato subito il drammatico caso dell’eliambulanza decollata dal piazzale dell’ospedale di Polla e diretta sul piazzale dell’ospedale di Vallo della Lucania (era il 21 novembre 1997) per il trasporto di un ammalato grave “Vincenzo Petrocelli” che si schianto contro le rocce del Passo della Sentinella causando la morte di tutti i presenti a bordo: Alessandro Pratesi (pilota) Silvana De Vita (medico), Antonio De Marco (infermiere) e lo stesso paziente Petrocelli. La tragedia rimbalzò, all’epoca, su tutti i giornali e le tv anche nazionali, e ci furono accese discussioni sulla necessità di viaggi in elicottero così diffusi; difatti in quegli anni se ne faceva un largo uso anche per la convenienza economica che il servizio offriva ai medici ed agli infermieri, tanto che a Salerno ed a Vallo dove stazionavano gli elicotteri si faceva a gara per essere inseriti in quei turni che venivano ricompensati con una somma pro-capite che superava le 800mila lire a turno, al di là del normale stipendio di medico o di infermiere. Detto questo, resta il fatto che quel giorno i due operatori sanitari e il pilota stavano compiendo un’azione umanitaria di tutto rispetto perché bisognava salvare la vita di un ammalato grave. Qualche mese prima di quella tragedia avevo volato in elicottero con Alessandro Pratesi che nell’ambiente era ritenuto uno dei migliori piloti in circolazione; andammo, quel giorno, da Salerno ad Amalfi e da Amalfi alla foce del Sele per poi girare sulla città di Salerno con una puntatina sull’università di Fisciano. Stavamo girando alcune preziose immagini per la televisione che in quel momento dirigevo; quindi la notizia della tragedia e della morte di Alessandro, un ragazzo simpaticissimo e pieno di voglia di vivere, mi colpì ancora di più della stessa sciagura. Qualche giorno dopo la tragedia arrivò sulla mia scrivania in ufficio (ero ispettore di vigilanza per gli infortuni sul lavoro) l’intera pratica dell’incidente che evidenziava tutti i connotati di un infortunio sul lavoro. Pensando all’amico Alessandro mi mossi con maggiore velocità del normale e ricordo di aver incontrato anche il marito della dottoressa De Vita in un paesino vicino Vallo della Lucania (anch’egli medico in servizio nello stesso ospedale della moglie); sulla scorta del mio rapporto conclusivo l’Inail provvide a risarcire gli eredi del medico, dell’infermiere e del pilota; al risarcimento dell’Inail si aggiunse quello dell’assicurazione dell’elicottero (circa 200milioni a testa) che andò in favore anche del povero paziente elitrasportato. La mia meraviglia nel leggere l’articolo è stata quella che dal titolo si lascia intuire che lo Stato sia arrivato alla determinazione di risarcire i malcapitati soltanto dopo 18 anni. E’ falso. Ora, però, un dubbio si insinua nel provvedimento firmato dal direttore generale della ASL, Antonio Squillante, il 10 luglio scorso in quanto lo stesso provvedimento potrebbe configgere con quello già adottato dallo stesso Stato nell’immediatezza dei fatti. Bisogna attentamente valutare se il riconoscimento dello status di “vittima del dovere” possa dare origine ad ulteriore risarcimento rispetto a quello già elargito o se lo stesso debba essere gravato della ritenuta di quanto già avuto. Ovviamente è anche giusto valutare il tutto alla luce del fatto che un pilota, un medico, un infermiere ed un paziente hanno perso la vita in maniera drammatica e che i primi tre erano impegnati in un’azione di soccorso d’emergenza.

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