SANITA’: lo scandalo di Pagani, la coda del diavolo e il paziente bruciato … vivo ?

Aldo Bianchini

NOCERA, PAGANI – La voglia di voler fare la cronaca giudiziaria senza mai andare in tribunale o senza mai partecipare ai codazzi (molto vergognosi, anche se praticamente usuali sia per le testate giornalistiche locali che per quelle nazionali !!) dinanzi alle stanze del potere (inteso per politico, amministrativo, imprenditoriale e giudiziario) mi ha costretto a rifugiarmi nell’approfondimento, una pratica che nel tempo è divenuta una sorta di amarcord di epoche lontane e dimenticate. Sono costretto, quindi, ad acquisire la notizia, a leggerne tutti i suoi aspetti, ad elaborarla ed alla fine scrivere. Ho letto, dunque, e riletto attentamente la dichiarazione che il direttore sanitario Maurizio D’Ambrosio “avrebbe” (il condizionale è d’obbligo) reso al giornalista de Il Mattino e pubblicata nell’edizione dell’ 8 settembre 2016. Ecco cosa avrebbe dichiarato il direttore sanitario dei due plessi ospedalieri di Pagani e Nocera Inf.: “Certe cose non devono mai succedere, ma probabilmente questa volta il diavolo ci ha messo la coda” riferendosi alla strana morte del compianto Stefano Zefferino (65 anni pugliese ricoverato a Pagani). Giusto dott. D’Ambrosio, è vero il diavolo ci ha messo la coda, fortunatamente le pentole non hanno sempre i coperchi; in questo caso la coda del diavolo ha fatto la sua parte. Ma non perché, come dice il direttore sanitario qualcosa non ha funzionato nella funzionalità (scusate il bisticcio di parole) dell’apparecchio utilizzato per la “termoablazione epatica” ma perché potrebbe esserci stato un errore umano nell’effettuazione dell’intervento sanitario, ma questo dovranno accertarlo gli inquirenti ai quali mi farò carico, da oggi, di inviare ogni articolo che scrivo su questa vicenda, perché avrò tanto da scrivere. Attenzione alle parole utilizzate dal direttore sanitario D’Ambrosio nella lunga dichiarazione resa a Il Mattino: “Facciamo cinquecento procedure all’anno di questo tipo. Le macchine sono sicure, oltre ad essere autorizzate. Il paziente, a quanto so, è venuto da
noi dopo essersi informato sul nostro centro oncologico. Mi dispiace ovviamente per quanto successo, sono cose che non dovrebbero mai avvenire. Ma da una nostra prima valutazione le ustioni e il decesso sono due fatti da distinguere. Questo intervento viene fatto attraverso
un dispositivo che arriva al fegato per raggiunge la metastasi, che viene
distrutta con la forza del calore. Il paziente è stato preparato sul tavolo operatorio ed è stato disinfettato, come da normale protocollo. Anche sulle parti non interessate dall’intervento . Credo che durante il processo di disinfezione, un po’ di liquido sia caduto accidentalmente sul lenzuolo. Quando poi l’operatore medico ha terminato l’operazione, rimuovendo dunque il
catetere, è possibile che sia stata sprigionata la scintilla che ha provocato poi la fiamma …
”. Per il manager sanitario non ci sarebbe stata, dunque, alcuna imperizia da parte del personale medico e paramedico nella preparazione del paziente e nell’effettuazione del delicato intervento eseguito in un reparto oncologico che, seppure di recente istituzione (ma da chi, come e perchè è stato istituito ?) sembra essere diventato all’improvviso uno dei migliori d’Italia (lo si desume dalle parole del manager !!), superiore addirittura all’Istituto per la cura dei tumori “Pascale di Napoli”. Ma il direttore sanitario dice, però, una cosa molto importante che convalida pienamente l’ipotesi che ho avanzato nel precedente articolo ed inerente la dispersione di liquido-disinfettante (che dovrebbe essere assolutamente sconsigliato per quel tipo di trattamento in quanto molto infiammabile !!) sul corpo del paziente e sulle lenzuola e le traversine che avvolgevano il corpo dello sfortunato Zefferino; difatti il direttore dice (è il caso di ripeterlo) che “durante il processo di disinfezione, un po’ di liquido sia caduto accidentalmente sul lenzuolo”. Dunque il direttore sanitario, forse non volendo, avalla pienamente la mia ipotesi nella ricostruzione dei fatti e mi tocca fare la prima considerazione: “Se è possibile che una scintilla si sprigioni dal macchinario utilizzato, è assolutamente inaccettabile che il macchinario venga messo in funzione quando c’è stata una perdita di liquido che notoriamente è infiammabile”. Faccio soltanto il giornalista e per questo motivo sul punto mi fermo, sperando che venga fatta subito chiarezza circa il quantitativo del liquido caduto sul corpo e sul lettino. Ma ci sono, ovviamente, numerose altre considerazioni da fare sull’intera vicenda; scusatemi l’ardire ma vi porterò quasi per mano nella ricostruzione dei fatti e non mancherò di sviluppare tutte le considerazioni che occorrono. Vi anticipo soltanto che nelle prossime puntate bisognerà capire come è nato il desiderio di avviare il reparto (?) di oncologia facendo un’analisi dettagliata delle specifiche professionalità preposte e delle macchine utilizzate anche alla luce degli onerosi costi delle singole operazioni che avrebbero potuto indurre gli operatori ad utilizzare un liquido infiammabile, e più detergente e disinfettante,  al posto della normale “betadine” (liquido giallo e appiccicoso) che è presente a damigiane nel plesso ospedaliero. Certo che il pm Roberto Lenza (Procura di Nocera Inferiore) è chiamato ad una indagine coscienziosa e complessa (a partire dal perché la salma non è stata refrigerata come si deve !!), ma la sua esperienza è tale e tanta che saprà dipanare ogni minimo dubbio. Alla prossima.

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