Dossier Salerno/25: San Matteo, le due facce del potere e il dossier del ‘92

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Il potere, o meglio ogni sistema di potere, ha almeno due facce che determinano la sua imprevedibilità nell’immaginario collettivo. Un immaginario che ama il potere, soprattutto quello a più facce e quanto più potente possibile. La città di Salerno, più di qualsiasi altro capoluogo di provincia italiano, ha in se stesse ben connaturata e solida la possibilità della coesistenza di almeno due facce del potere; a Salerno ha sede la Curia Arcivescovile che è una sorta di chioccia anche per le altre quattro Diocesi del territorio provinciale (Nocera, Cava, Vallo della Lucania, Teggiano); da qui la ragione del titolo di “Arcivescovo Metropolita” per il prelato chiamato a sedere sulla poltrona religiosa più importante della provincia e addirittura seconda in Italia perché esistono soltanto due Arcivescovi Metropoliti. Dunque Salerno è dominata, in maniera assoluta, da due sistemi di poteri: laico e religioso. Di quello laico ormai sappiamo quasi tutto, parte dal lontano 1992 ed arriva fino ai nostri giorni con il capolavoro del boicottaggio in piena regola nei confronti della Curia e di conseguenza contro la festività di San Matteo e, soprattutto, della sua processione per le vie della città; una processione che da sempre è stata la massima espressione visibile del potere della Chiesa salernitana. Qualcuno ha scritto che in concomitanza con la festività di San Matteo del 2016 è stato registrato il completamento dell’anno XXIII dell’era deluchiana; tanto durò più o meno anche l’era mussoliniana; e mentre Mussolini cadde vergognosamente nel 1945 dopo 23 anni di indiscusso potere, il nostro kaimano (Vincenzo De Luca) sembra avviarsi, invece, per le strade periclanie (il mitico Pericle dominò forse suggestivamente l’intero IV secolo avanti Cristo) e si accinge anche a batterne il record scavalcando ben due secoli di storia dal XIX al XX dell’era deluchiana. Nessuno, però, fino a questo momento si è soffermato a pensare in quale anno è possibile registrare l’era del sistema di potere religioso, perché comunque la si pensi bisogna prendere atto che è innegabile l’esistenza di “un potere religioso” che nei millenni ha sempre inciso profondamente nella società riuscendo ad attraversare, indenne, tutti i rischi e le pericolosità del tempo. Il famoso o famigerato “potere temporale”, che i Papi hanno esercitato per oltre un millennio dal 725 al 1870 d.C. in maniera devastante ed anche arrogante in dispregio di tutte le “sante regole” del cristianesimo e della chiesa cattolica, è rimasto sepolto sotto la cenere soltanto per qualche decennio perché dal secondo conflitto mondiale in avanti ha ripreso vigore e riesce ad entrare nelle vicende della società e della politica fino al punto di condizionare, senza l’uso delle armi ed apparentemente in forma pacifica, azioni e decisioni importantissime che spetterebbero soltanto al potere della politica, cioè al potere laico. Ma al di là del discorso generale dobbiamo cercare di esaminare la situazione salernitana, sempre dal secondo dopoguerra fino ai nostri giorni. Il potere temporale è andato di pari passo con quello laico della politica e, difatti, tutti gli arcivescovi; Nicola Monterisi fino al 1944, Demetrio Moscato dal 1945 al 1968, Gaetano Pollio dal 1969 al 1984, Guerino Grimaldi dal 1984 al 1992, Gerardo Pierro dal 1992 al 2010 e Luigi Moretti dal 2010 fino ad oggi. Ebbene dal 1945 fino al 4 settembre 1999 il potere temporale veniva esercitato in forma quasi autonoma da tutti gli arcivescovi sedutisi sullo scranno della curia salernitana; è vero che ciò avveniva sempre all’ombra asfissiante della D.C. (Democrazia Cristiana) ma è pur vero che si cercava una sorta di “riconciliazione degli intenti” che anche se di natura diversa riuscivano a convivere sotto lo stesso tetto della intera comunità della città capoluogo di provincia. Difatti molti accadimenti e/o nuove usanze, anche quelle delle celebrazioni religiose, nel corso di cinquant’anni sono state smussate e modellate nel segno della duplicità del potere (temporale e laico) ed in maniera tale che nessuno dei due contendenti in campo (arcivescovo e sindaco) potesse soffrire la prepotenza e/o le monocratiche decisioni dell’altro. Insomma la Curia andava d’accordo con il Comune e il Comune andava d’accordo con la Curia; tutto questo appariva agli occhi della gente e, soprattutto dei portatori di San Matteo, che non si ribellavano ma zelanti applaudiva. Non come truppe cammellate osannanti e prone verso i due padroni (come qualcuno ha scritto), piuttosto come custodi di una pace mai fatta per una guerra mai seriamente e ufficialmente dichiarata. Tutto quì l’architrave di un sistema di potere che si reggeva sui due pilastri principali, curia e comune, con il supporto di tante traverse e traversine utili a definire e reggere il tetto della costruzione religioso-politica e fortemente scientifica. Poi è arrivato Lui, il kaimano, o meglio sarebbe dire “Kaiser Vincent”, è tutto è cambiato. San Vincenzo da Ruvo del Monte arrivò nella notte tra il 22 e il 23 maggio 1993 (dopo un lungo apprendistato fatto di longeve segreterie politiche nell’ambito del Partito Comunista Italiano, dove i giovani venivano indrottinati e preparati alla conquista del potere per il potere) quando, mancando pochi minuti alla mezzanotte del 22 ora in cui scadeva lo possibilità del consiglio comunale di eleggere il nuovo sindaco, baldanzoso riuscì a conquistare la seggiola di primo cittadino di Salerno alla fine di una lunga e febbrile trattativa politica tra DC, PSI, PRI, PSDI e PLI; tutti partiti destinati, comunque, a scomparire dalla scena politico-amministrativa della città e del Paese nel breve volgere di qualche mese a causa della travolgente tempesta di tangentopoli. Esattamente quattro giorni prima, il 19 maggio 1992, era arrivato a Salerno S.E. Mons. Gerardo Pierro per sedersi sullo scranno più alto della curia metropolita. Esattamente dieci giorni dopo veniva arrestato l’ex sindaco Vincenzo Giordano ed ancora esattamente quarantacinque giorni dopo (il 5 luglio 1993) partiva l’azione giudiziaria più significativa contro il gotha della politica salernitana (ma di questo parlerò in una successiva puntata di questa storia).  Il 1° luglio 1993, però, il sindaco Vincenzo De Luca si era dimesso dopo appena quaranta giorni di sindacato ed a Salerno erano arrivati in rapida successione i commissari Antonio Lattarulo (che poi si scoprirà essere una pedina importante dei servizi segreti) e Mario Laurino che la sera del 5 dicembre 1993 riconsegna il Comune nelle mani del kaimano dopo il legittimo passaggio elettorale con le nuove regole che nel frattempo erano intervenute per l’elezioni dei sindaci e in un tripudio di sventolio di bandiere rosse. Il clamore delle dimissioni di De Luca suscitò un vespaio di opinioni e di considerazioni; forse la più legittima è quella che, ancora oggi, accredita a De Luca la capacità di vedere oltre l’ostacolo dei compromessi di partito per la conquista del potere a 360°, ovvero sia quello laico che temporale. Per cinquant’anni il PCI e i comunisti in genere non erano mai stati ammessi nei salotti e nelle sfere del potere amministrativo e giudiziario; con l’ascesa di Vincenzo De Luca il quadro di riferimento cambia radicalmente; il kaimano, difatti, arriva al Comune sulla scia di un supporto giudiziario validissimo che gli viene offerto (forse inconsapevolmente) su un piatto d’argento da una magistratura soltanto apparentemente allo sbando e, comunque, in  cerca di una leader schip cittadina e provinciale convincente e duratura. Il gioco sembrava facile ma non fu così; anche per il mitico “San Vincenzo da Ruvo del Monte” ci vollero circa sei anni per mettere le mani sul potere assoluto che arriverà la mattina del 4 settembre 1999, il giorno della visita di Papa Giovanni Paolo II. Prima di andare avanti consentitemi un piccolo passo indietro per ritornare al giorno 19 maggio 1992 quando ci fu la grande cerimonia pubblica di accoglienza del nuovo pastore Gerardo Pierro in Piazza Amendola; ecco cosa ho scritto nel libro “A dieci anni da tangentopoli” (Loffredo editore  – Napoli) nel gennaio 2004 “”Il 19 maggio 1992 ….. i salernitani accolgono e salutano il nuovo Pastore di anime, l’arcivescovo metropolita Monsignor Gerardo Pierro, con la speranza che Egli, figlio della stessa terra, diventi un punto di riferimento morale e civile … Nel Duomo attendono tutti i big della politica nostrana: dal potente gran visir di Nusco, Ciriaco De Mita, al ministro Carmelo Conte; dal sottosegretario Paolo del Mese al presidente della Provincia Andrea De Simone … pochi minuti prima in Piazza Amendola è andato in scena il passaggio più importante e cioè la consegna delle chiavi della città … un atto che a distanza di tempo può apparire come un estremo tentativo della classe politica di consegnare tutti i segreti della città per farli chiudere, per sempre, nel più profondo buio delle segrete stanze del Palazzo, ma forse anche un atto estremo di riconciliazione globale con l’incalzante magistratura … “”. Ma la magistratura non si fermò, anzi inasprì la sua azione portandola fino alle estreme conseguenze anche se in quel momento all’interno del palazzo di giustizia (il palazzaccio) non avevano un ben identificato punto di riferimento esterno, cioè un leader sicuro e affidabile; De Luca operava ancora nel buio del bunker della segreteria provinciale del PCI ed era distratto dalla lotta senza quartiere contro l’astro nascente di Andrea De Simone che era il leader incontrastato ma inviso al palazzaccio per le sue notevoli frequentazioni socialiste. Ecco che, allora, arrivarono i servizi segreti con un’azione travolgente; riuscirono a fotografare un incontro segretissimo tra una donna (tale Maria Quaglia di Agropoli) dei servizi, un giornalista, un magistrato e un politico di sinistra intenti a scambiarsi voluminosi dossier che il servizio Scico della Guardia di Finanza aveva preparato nei mesi precedenti e che aveva passato strategicamente ai servizi segreti di Forte Boccea per la consegna definitiva alla magistratura salernitana. Le foto scattate quella notte vennero, poi, consegnate rocambolescamente ad un giornalista salernitano de Il Mattino (quello che probabilmente aveva preso parte a quella inquietante riunione) che a sua volta le consegnò al suo direttore Pasquale Nonno che, stranamente le perse e disinvoltamente dichiarò ai magistrati la sua disattenzione dovuta, forse, ad un trasloco nel frattempo intervenuto. Naturalmente tutto questo accade prima delle dimissioni e dell’arresto di Vincenzo Giordano, prima della elezione a sindaco di De Luca, prima delle sue dimissioni del 1° luglio e prima dell’arrivo del nuovo arcivescovo. Ma le voci e i chiacchiericci erano, comunque, venuti fuori; tanto che l’allora ministro per le aree urbane Carmelo Conte si era preoccupato di parlarne direttamente con Bettino Craxi prima e con il capo della polizia Vincenzo Parisi dopo. Il resto alla prossima puntata.

 

 

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