DE LUCA: il male oscuro del kaimano

Aldo Bianchini 

SALERNO – Ho letto con molto interesse l’articolo “Il male oscuro di Vincenzo De Luca” scritto da Lorenzo Peluso e pubblicato il 5 aprile 2017 su www.quasimezzogiorno.it. L’articolo si muove su una direttrice che porta, inevitabilmente, alla scoperta (o riscoperta !!) di tutti i possibili difetti dell’uomo De Luca, da poco chiamato a governare addirittura la Regione Campania. Come tutti gli esseri umani, Vincenzo De Luca, ha tantissimi difetti ed altrettante tante manie che lo espongono anche a critiche feroci che si allargano allo stesso modo di come la sua popolarità cresce tra il popolino che in sede locale e nazionale è pur sempre la stragrande maggioranza della popolazione. Non posso non compiacermi con l’autore dell’articolo che, anche se dopo molti anni di colpevole silenzio assordante (colpevole e assordante non solo per Peluso ma tuttora per tantissimi altri giornalisti e testate giornalistiche prestigiose), ha deciso di seguire la strada che io personalmente ho tracciato in perfetta solitudine fin da quella strana e tumultuosa domenica 5 dicembre 1993, giorno in cui il kaimano (così amo chiamare De Luca) salì sull’onda del consenso popolare lo scalone principale di Palazzo Guerra (sede del municipio di Salerno) in un tripudio di bandiere rosse che fino a quel momento avevano soltanto sfiorato il mitico e storico palazzo. Il kaimano era già stato sindaco, ma solo per poco più di un mese tra il 22 maggio e il 2 luglio 1993 quando il Consiglio Comunale lo promosse, con intrighi e compromessi, da vicesindaco di Vincenzo Giordano a suo successore. Da uomo di sinistra rimasi quasi sconvolto da quella marea di bandiere rosse sventolate anche da personaggi poco raccomandabili ed appartenenti ad alcune “famiglie” pericolose della Città; gli sbandieratori promanavano arroganza e strafottenza ed accompagnarono verso l’altare il “loro Dio incontrastato” che subito incominciò a minacciare tutto e tutti ed a dare del “mariuolo” a tutti quelli che gli si paravano davanti. Non mancai, quella stessa sera, di mettere in risalto tutte queste cose nel corso di una trasmissione televisiva (ero direttore di TV Oggi) con diversi ospiti in studio; ricordo che nel tardo pomeriggio, mano a mano che la redazione mi comunicava gli impensabili risultati, dovetti lasciare di corsa la cerimonia di matrimonio di mio cugino Enzo che era in svolgimento nel Kristall Palace Hotel di Atena Lucana per raggiungere Salerno.  Questo era il clima in cui il kaimano sconfisse al ballottaggio il professore Pino Acocella che al primo turno lo aveva battuto con una percentuale del 23 contro il 19 del futuro sindaco. Insomma tutto accadde nell’ottica e nello stile deluchiano che, comunque, rimane in sella intatto ancora oggi a distanza di quasi ventiquattro anni da quegli storici avvenimenti. In un altro hotel, esattamente La Lucertola di Vietri sul Mare, si era svolto nel pomeriggio di venerdì 3 dicembre 1993 un lungo incontro tra alcuni grossi e noti imprenditori salernitani e il candidato sindaco De Luca; cioè nel pomeriggio della chiusura della campagna elettorale quegli imprenditori portarono la loro sudditanza al kaimano, condividendone le scelte e i programmi. Peccato che quegli stessi imprenditori furono tutti arrestati la mattina del 5 dicembre, giorno del ballottaggio, ovviamente per un’altra inchiesta che non coinvolse colui che la domenica sera divenne il padrone indiscusso di Salerno. Quante strane assonanze nella lunga storia di De Luca; nel 2006 un’altra grande cena lo vide commensale con Paolo Del Mese (presidente commissione finanza camera deputati), Giuseppe Mussari (presidente Monte Paschi Siena), Mario Del Mese, Giuseppe Amato junior, Peppino Amato senior, Franco Ceccuzzi (deputato PD e membro del CdA del MPS) per discutere di affari, di quegli affari che porteranno all’esplosione di uno degli scandali più clamorosi di questi ultimi anni “il crac Amato” con avvisi di garanzia, perquisizioni ed arresti. Ma anche in quella occasione il kaimano non poteva vedere, non poteva parlare e non poteva ascoltare; la stessa cosa si è ripetuta nel 2015 per lo scandalo Scognamiglio (la giudice che avrebbe favorito la sentenza di assoluzione di De Luca per la decadenza ex legge Severino), anche per questo il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ha stabilito che il kaimano “poteva non sapere”. E così sia !! Questo in sintesi il personaggio Vincenzo De Luca, ben lontano da come lo descrive Lorenzo Peluso con un ragionamento più filosofico che vincolato alla realtà. Un ragionamento che condivido, però, in gran parte; anche perché ho letto fiabeschi appellativi che io utilizzo da 24 anni: il potere, la testa, il delirio, l’onnipotenza, l’arroganza, l’unzione, la prepotenza. Sbaglia, però, Peluso quando dice al passato che i salernitani lo hanno amato e sopportato; no i salernitani, almeno la stragrande maggioranza, lo amano e lo sopportano ancora anche perché dall’altra parte non c’è niente da poter scegliere. Per quanto attiene, poi, le cose che ha fatto (bisognerebbe fare un esame più dettagliato che naturalmente Peluso non conosce, e non per colpa sua) per capire se le ha fatte per la sua insopprimibile mania di onnipotenza e di grandezza. Qualche anno fa fu molto esplicativo il compianto collega Luigi Del Pizzo quando, orami fuori da ogni sistema di informazione (era stato già silurato da Telecolore), partorì una serie di editoriali che parlavano della “dinastia deluchiana” ed immaginava la processione di San Matteo nel 2293 (trecento anni dopo la nascita della stirpe) con una statua dedicata al mitico “San Vincenzo da Ruvo del Monte” e con un pronipote che da sindaco ne ricordava e rinnovava le gesta. De Luca, ricorda Peluso, attacca spesso la stampa salernitana e non; ignora forse che il kaimano dice anche che la stampa a Salerno si vende per una pizza e una birra. Non so quanto abbia torto; posso solo sperare che abbia clamorosamente torto. Le crozzate quotidiane non lo danneggiano ma, inverosimilmente, lo favoriscono ingigantendo nell’immaginario della gente comune l’immagine di guascone strafottente che piace molto. Non creda il pur bravo Peluso che l’Ordine e il Sindacato dei giornalisti possano fare più di una semplice lettera; questi organismi non valgono assolutamente niente e cominciano anche ad essere poco rappresentativi di una categoria che se non si spoglia delle vesti paludate le prenderà da destra e da sinistra. Anche perché De Luca strapazza tutta la stampa che a grande maggioranza ancora adesso non gli è ostile e che fino a qualche tempo fa era assolutamente sottomessa. A mio modo di vedere, infine, Lorenzo Peluso poteva risparmiarsela quella sua gratuita affermazione sulle origini lucane di De Luca; mi dispiace dire questo perché Peluso è oltretutto un attento studioso e ricercatore degli usi e dei costumi ma non conosce i lucani che sono tutto, tranne quello che è De Luca, e vanno fieri delle loro origini contadine. Lo sottoscrive un lucano doc come me, nato a Muro Lucano, un paese a pochi chilometri da Ruvo del Monte, e giunto a Salerno da ragazzino esattamente negli anni in cui arrivò anche il kaimano. Vincenzo De Luca è un figlio spurio di quella civilissima terra. Chiudo con la speranza che, comunque, altri colleghi giornalisti riescano a svegliarsi dal lungo torpore, proprio come ha fatto Lorenzo Peluso con coraggio e grande senso del giornalismo puro.

One thought on “DE LUCA: il male oscuro del kaimano

  1. Gentile Aldo, mi dispiace contraddirti ma solo un po’. Sono lucana di Muro Lucano come te (sono una tua ex compagna di scuola delle elementari) e conosco i modi bruschi che caratterizzano molti di noi. Essi sono dovuti alla difficoltà comunicativa che è propria della cultura contadina. Inoltre se chi , da questa proveniente, arriva al potere. si trincera, si arrocca, si difende per non confrontarsi. Il confronto implica spigliatezza verbale e mentale. Capacità di dire dire ‘ho sbagliato’ , ‘hai ragione’. La chiusura contadina spesso non lo consente.

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