Camorra & Politica: Aliberti, “una cosa seria per la quale nun ce putimm’ permettere ‘e pazzià”

Aldo Bianchini

SALERNO – Ho mutuato pari pari una frase significativa utilizzata dallo stesso Pasquale Aliberti in uno dei capitoli del suo libro “Passione e tradimenti”pubblicato nel novembre del 2014, otto mesi prima che iniziasse la tempesta giudiziaria (settembre 2015) che lo sta letteralmente travolgendo non solo come politico ma soprattutto come uomo, come padre di famiglia, come persona che mai avrebbe immaginato cosa potesse riservargli la sua innata passione politica.
Non so se Pasquale Aliberti è colpevole o innocente, non sono un indovino; ma come me non lo sanno neppure i magistrati e, dulcis in fundo, i giornalisti che continuano ad assediare letteralmente il malcapitato ex sindaco di Scafati basando i loro articoli soltanto sulle congetture (giuste o sbagliate, lo vedremo !!) portate avanti a testa bassa da una magistratura che sta adeguando la sua struttura investigativa ai tempi moderni del web e che persegue una sua primaria linea di pensiero, cercando di farla calare, stratificare e consolidare nel “diritto processuale” che dovrebbe essere tutta un’altra cosa. Siamo di fronte ad un cambiamento epocale nel comportamento investigativo della pubblica accusa e nella percezione del riesame (e forse un domani del tribunale); un cambiamento tendente a rendere come prova visibile e conclamata gli eccessi del web ed a penetrare nell’immaginario del pensiero; cosa questa assolutamente improponibile almeno fino a qualche settimana fa.
Per questi semplici motivi dovremmo tutti pensare e credere che siamo di fronte “ad una cosa seria per la quale nun ce putimm’ permettere ‘e pazzià”; qui è letteralmente in gioco il nostro futuro di esseri umani che al cospetto della giustizia devono cercare di “non pensare” e di “non scrivere” ovvero di “non parlare” perché il proprio pensiero, la propria scrittura, il proprio parlare potrebbe essere utilizzato dalla magistratura inquirente come una sorta di “giustizia preventiva” che non è mai esistita nel diritto che regola i diritti e i doveri di ogni essere umano. Mi viene da pensare, in questi giorni, quali siano le differenze tra un giornalista che scrive anche cavolate e un indagato che cerca di difendersi attraverso i social: nessuna. Anzi in favore dell’indagato c’è il valore aggiunto che ha sempre e tutto il diritto di difendersi anche mentendo. Mi sbaglio o fino ad ieri era così ?
E se una cosa del genere potrebbe comunque passare come quasi normale per la pubblica accusa, diventa infernale per chi dovrebbe svolgere il ruolo di giudice terzo ed imparziale. Insomma non possiamo correre il rischio di finire in galera perché esprimiamo il nostro pensiero attraverso i social che andrebbero comunque regolati ma non nel modo in cui la magistratura salernitana sta cercando di fare per sancire, forse, dei principi sovra territoriali da valere in tutti i tribunali del Paese. Aspettiamo almeno il processo che sembra non voler essere concesso ad Aliberti se prima non finisce in galera. Assurdo ed inquietante.
E’ vero che in diversi tribunali arde già qualche fuocherello ma quello acceso dalla Procura di Salerno ed avallato dal Tribunale del Riesame contro Pasquale Aliberti mi sembra un grande rogo su cui ardere l’intoccabile libertà di pensiero. Mica siamo tornati al tempo della Santa Inquisizione ? Sembra proprio di sì, ed il primo a finire sul rogo sarà probabilmente Pasquale Aliberti che farà, purtroppo, da apripista di un nuovo modo di indagare a carico dei presunti colpevoli delle più strane nefandezze. Proprio come quelle di cui è accusato Aliberti, reo secondo la Procura e secondo il Riesame, di aver pubblicato qualche atto comunale e di averlo commentato sui social nel tentativo intoccabile di difendersi da quello che ritiene un attacco alla sua persona senza precedenti.
E tutti dovremmo chiederci: “Quanti magistrati, quanti poliziotti, quanti giornalisti, quanti spioni dovrebbero finire in galera per le veline che fanno uscire dai profondi segreti (di pulcinella !!) dei loro fascicoli di indagini ?”.
E’ vero che sui social stiamo tutti esagerando ma non scherziamo minimamente con la libertà di pensiero perché potrebbe scatenarsi una sorta di “responsabilità a caduta libera” in grado di trascinare nel vortice inarrestabile del giustizialismo quanti di noi, per mera sfortuna, dovessero avere problemi con la giustizia.
Non ho ancora avuto modo di leggere l’ordinanza del Tribunale del Riesame sul caso di Pasquale Aliberti, non posso quindi commentarla; mi riservo di farlo appena possibile.

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