San Rocco: dal campetto tante verità !!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

SASSANO – Leggendo il titolo di questo articolo qualcuno si chiederà come fa un piccolo e abbandonato campetto di calcio a svelare tante verità. La risposta è semplice: come tutte le cose abbandonate parla; e lo fa utilizzando un linguaggio virtuale e in parte visibile che si ripercuote, attraverso le domande, sulle persone e sulle istituzioni che hanno contribuito prima a realizzarlo e poi ad abbandonarlo a se stesso senza dover rispondere di nulla; come se tutta la gente che osserva (pubblica opinione !!) non dovesse o non potesse mai rivolgere domande per chiedere il perché delle cose anche bislacche (e mi fermo a questo termine !!) che accadono sotto gli occhi di tutti.

            Il piccolo spazio di terreno recintato a mò di campetto di calcio, sito alle spalle della Chiesa Santuario di San Rocco è il più plastico degli esempi dello scempio di denaro pubblico, dell’insipienza della politica, della lentezza delle istituzioni e, perché no, della tracotanza delle persone che pensano e credono fermamente di poter fare e dire tutto e il contrario di tutto senza alcuna possibilità, per gli altri, di porre domande e/o di avviare inchieste conoscitive; e tra le persone mi vedo costretto a far rientrare anche i rappresentanti della Chiesa Cattolica che dovrebbero essere i primi a fare e chiedere chiarezza.

            Inizio proprio dalla Chiesa questo mio approfondimento, perché la Chiesa, comunque la si vuole vedere, ha recitato e recita un ruolo di primaria importanza nella triste storia del campetto di calcio di San Rocco; e sbaglia pesantemente la Chiesa, soprattutto quando i suoi esponenti locali si rifiutano sdegnosamente e pubblicamente di stringere la mano tesa, anche con una certa umiltà – rispetto e signorilità, di chi ha avuto la sfrontatezza di porre delle domande soltanto per capirne di più. Chi ha teso la mano, ovviamente, ero io e chi l’ha rifiutata era il parroco del paese che risiede proprio nelle vicinanze del campetto. Un gesto, quello del rifiuto pubblico, anche abbastanza forte seppure giustificato dal clamore del caso sollecitato da un semplice giornalista; un gesto, comunque, immotivato se si pensa che a compierlo è stata la persona (il parroco !!) che tra quelle interessate alla vicenda è la meno responsabile di tutte. Per questo continuo, nonostante lo sgarbo, ad avere stima e rispetto per l’uomo e per il sacerdote che tanto ha dato alla comunità sassanese; molto probabilmente è caduto anch’egli nella trappola dei chiacchiericci prima di leggere attentamente ciò che è stato scritto.

            C’è poi la questione puramente tecnica. Difatti sembra che il campetto non sia stato mai omologato e che lo stesso non abbia i requisiti necessari per la concessione della sua stessa agibilità. Se questa circostanza dovesse dimostrarsi vera il caso diventerebbe ancora più complicato; da un lato assolverebbe il sacerdote che ha giustamente chiuso l’impianto e dall’altro farebbe ricadere pesanti responsabilità su chi ne ha consentito l’uso negli anni passati. Poi si porrebbe anche la questione di chi, come istituzione, dovrebbe concedere l’agibilità: il Comune di Monte San Giacomo che sembra fare orecchie da mercante nonostante l’impianto sia sul suo territorio, o il Comune di Sassano che ha tirato fuori dalle sue casse la modica cifra di 150mila euro (provenienti forse dai Fondi Europei, ma pur sempre denaro pubblico) per la completa realizzazione della struttura ed ha pagato per anni le bollette per l’illuminazione del campetto. Il rimballo di responsabilità ha, però, prodotto costi abbastanza elevati ed ha lasciato la struttura sportiva  abbandonata all’incuria del tempo. E questo non è un bell’esempio di gestione della cosa pubblica.

            Il sornione Comune di Monte San Giacomo non risponde e prima si defila dinanzi allo sgarbo pubblico del parroco (avvenuto nel teatro comunale “Totò” di Sassano la sera del 31 agosto scorso in occasione del ventennale della Compagnia Teatrale Petrizzo) anche perché potrebbe rimanere coinvolto nella richiesta di domande sul campetto ma che è pronto, dopo, a lanciarsi in  una battaglia, sterile ed insipiente, riguardante la storia (devo ammettere anche bella, scoperta dal giornalista Antonio Sica) del piatto gastronomico “Patann ‘e Cicc” che ha tenuto banco per molti giorni ed ha distratto l’opinione pubblica dai veri problemi che assillano le contigue comunità sassanese e montesangiacomese. Capisco che il cosiddetto “potere temporale” della Chiesa incute più timore che rispetto, ma è necessario capire che la Chiesa proprio per esercitare con forza il suo potere ha avuto da sempre l’intelligenza e la scaltrezza, almeno all’apparenza, di dialogare e finanche di piegarsi agli eventi della storia

            Il Comune di Sassano, per parte sua, naturalmente non risponde alle domande già poste nel contesto del precedente articolo per non rischiare di dover rimescolare le carte di una vicenda che è meglio lasciarla decantare e morire così come è nata; tanto i soldi sono già stati spesi ed a questo punto c’è poco da fare per correggere gli errori strutturali del campetto per il cui vero completamento occorrerebbe un’altra barca di soldi che, al momento, non ci sono. Capisco che ribattere una notizia o rispondere ad una domanda potrebbe consentire alla notizia di essere pubblicata due volte (Andreotti docet !!) ma è proprio dalle mancate risposte che la gente trae la convinzione dell’inaffidabilità della politica politicante per scegliere altre strade.

            Avete visto quante verità un campetto di periferia, abbandonato e pieno di erbacce, riesce a far venire alla luce ? Per oggi mi fermo qui; nella prossima ed ultima puntata cercherò di descrivere i vari passaggi a cominciare dall’acquisto del terreno sul quale sorge il tanto famigerato campetto di calcio che doveva servire, badate bene, a coinvolgere i giovani in nuovi e aggreganti momenti di vita.

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