MIGRANTI: il caso Riace e le verità del Procuratore

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini 

SALERNO – Praticando la strategia del “contro canto” mi piace scrivere, soprattutto dei fatti giudiziari, quando tutti gli altri, dopo aver sparato la notizia velinata, tacciono.

Ritorno, quindi, a distanza di qualche mese sul cosiddetto “caso Riace” esploso la mattina del 2 ottobre 2018 con la messa agli arresti domiciliari del mitico sindaco Mimmo Luciano di Riace sul cui capo la Procura della Repubblica di Locri capeggiata dall’ottimo dr. Luigi D’Alessio (salernitano doc) che nella sua inchiesta aveva coinvolto, oltre a Luciano, anche una trentina di altri soggetti amministrativi e non.

Punto centrale della clamorosa inchiesta il “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti”; accuse che la Procura della Repubblica riteneva e ritiene conclamate e sufficientemente provate e che hanno, però, suscitato uno scalpore enorme con una sorta di levata di scudi di quasi tutta la sinistra del nostro benedetto Paese. Una reazione almeno strana, per non dire altro, che come spesso è accaduto per la sinistra che nell’intento di difendere a tutti i costi i suoi presunti migliori rappresentanti evidenzia un furore giacobino di rivoluzionaria memoria.

Ricordo, solo per fare un esempio, il caso di quel sindacalista dell’ASL di Castellammare che fu ucciso dalla malavita organizzata; la sinistra si schierò tutta per santificare quell’uomo facendolo passare per una vittima della camorra; anche il capo dello stato di allora si recò a Castellammare per decorare di medaglia d’oro al valore civile la vedova. Purtroppo dopo qualche tempo si scoprì che il sindacalista era stato ucciso per le sue pregresse collusioni con la stessa camorra.

Per non parlare del caso più clamoroso relativo all’uccisione del sindaco pescatore Angelo Vassallo che la sinistra ha prima portato sugli altari e che ora ha quasi dimenticato nelle secche di un’inchiesta giudiziaria nata male e portata avanti ancora peggio.

Ma è giusto ritornare rapidamente al “caso Riace” per poter capire meglio i gravissimi errori della sinistra nella gestione pubblica del fattaccio con attacchi mediatici e commenti televisivi senza precedenti nei confronti del capo della Procura della Repubblica di Locri accusato, senza se e senza ma, di aver condotto con superficialità  e leggerezza un’inchiesta che ha messo in croce il simbolo dell’accoglienza e dell’umanità sul quale l’intera sinistra aveva scommesso ed impegnato tutte le sue risorse strategiche e culturali.

Subito dopo il 2 ottobre scorso scrissi un pezzo per descrivere meglio le peculiarità di un magistrato che non ha mai amato apparire a tutti i costi e che ha sempre preferito lavorare, per quanto gli è stato possibile, nel silenzio delle sue stanze in Procura. Faceva così a Salerno, durante il tempestoso periodo di tangentopoli, e fa così anche a Locri dove è arrivato da cinque anni.

Sui giornali e sugli schermi tv se ne sono viste di tutti i colori; addirittura Mimmo Lucano ospite di Fabio Fazio con gli spettatori in piedi ad applaudirlo ed anche con gli interventi scritti (come quello dell’altro magistrato salernitano Claudio Tringali) a censurare l’azione giudiziaria di D’Alessio senza che nessuno conoscesse la vera entità degli atti che solo la Procura conosceva, atti che per la prima volta in questo Paese non sono stati pubblicizzati in tutti i loro aspetti.

E come è andata a finire ? si chiederà qualcuno.

La mattina del 23 dicembre 2018 la Procura di Locri, come un panettone di Natale, ha chiuso le indagini nei confronti del sindaco sospeso di Riace Mimmo Lucano ed altre 30 persone nell’inchiesta su presunte irregolarità nella gestione dell’accoglienza dei migranti nel comune di Locri (fonte la Gazzetta del Sud del 23.12.18). La Procura contesta a Lucano anche associazione per delinquere, truffa, falso, concorso in corruzione, abuso d’ufficio e malversazione.

Come si evince c’è di più; nell’avviso di conclusione indagini gli vengono nuovamente contestati alcuni reati più gravi per i quali il gip non aveva accolto la richiesta d’arresto: associazione per delinquere, truffa, falso, concorso in corruzione, abuso d’ufficio e malversazione, che non sono accuse da prendere sotto gamba anche se come è giusto bisogna aspettare innanzitutto il rinvio a giudizio e l’eventuale pubblico dibattimento.

Ancora una volta, quindi, il Procuratore Luigi D’Alessio si è comportato come dovrebbero comportarsi tutti i magistrati: apparire e parlare poco, lavorare molto e bene.

Io da garantista convinto aspetto, naturalmente, una sentenza passata in giudicato per pensare ad un Mimmo Lucano colpevole e ad una sinistra nuovamente e più di prima allo sbando.

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