DON NUNZIO: la verità è sempre utile ?

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Oltre quattro anni fa, nel luglio del 2014, ho scritto per l’ultima volta sul cosiddetto “caso Scarano” inerente quel sacerdote di origini salernitane (don Nunzio Vincenzo Scarano) balzato agli onori della cronaca giudiziaria nazionale ed internazionale per aver disposto a piacimento (secondo la pubblica accusa) di ingenti quantità di denaro pubblico e privato, tra la Banca Vaticana meglio nota come I.O.R. (l’Istituto per le Opere Religiose che entrò nell’alta finanza universale grazie o a causa dell’opera del mitico cardinale Paul Casimir Marcinkus) e alcuni paradisi fiscali a cominciare dalla Svizzera per finire in altre località del mondo.

            Ritorno oggi a scrivere di “don Nunzio” perché a tanto sollecitato da una riflessione scritta dall’avv. Salvatore Memoli (manager e personaggio molto noto a Salerno, e non solo) e pubblicata dal quotidiano “le Cronache” martedì 19 marzo scorso. L’avvocato Memoli con grande capacità espressiva ha toccato, in punta di piedi ma con coraggio, alcuni punti salienti dell’intera vicenda giudiziaria esaltando le qualità umane e le ansiose attese che ritagliano spazi profondi nella vita e nella fede di un uomo che, comunque, rimane profondamente sacerdote.

            Prima di pubblicare anche su questo giornale la riflessione di Memoli vorrei ricordare a tutti i momenti di grande sofferenza morale ed umana che don Nunzio ha dovuto sopportare in questi ultimi anni e riproporre all’attenzione dei lettori piccoli stralci di alcune dichiarazioni rese da S.E. Mons. Luigi Moretti (arcivescovo di Salerno) all’indomani dell’ennesimo mandato di cattura per il sacerdote che ormai vive stabilmente a Salerno, sua città natale; al giornalista Gabriele Bojano che lo intervistava il 24 gennaio 2014 l’arcivescovo disse: “Vivo con grande pena e sofferenza la vicenda di don Nunzio Scarano ma sono anche fermamente convinto che proprio questa vicenda non può diventare oggetto nè di dispute né di polemicheNon sapevo né la sua specificità di impegno in Vaticano né la sua collocazione ecclesiale”; e la precisazione dello stesso alto prelato esternata in merito alle dichiarazioni del docente universitario Pino Acocella che non  intendeva concedere neppure il dono della misericordia al prete che ha sbagliato: “Ma il peccato è sempre inganno, tradimento, tradimento dell’amore. E riguarda tutti, anche il Papa ha detto di essere peccatore. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, bisogna stare attenti ai giudizi facili”.

            E ritorna ancor più che mai di attualità la domanda con las quale avevo chiuso quell’articolo di qualche anno fa <<Ma don Nunzio è colpevole o innocente ?>>.

            Ognuno avrà le sue convinzioni più o meno radicate. Per quanto mi riguarda certamente è colpevole in via astratta soltanto per il fatto di essersi piegato ai voleri del sistema, perché è fuori di ogni dubbio che anche nella Chiesa esiste e prospera un sistema; tutte le eventuali responsabilità penali materiali dovranno essere provate e poi sentenziate con provvedimenti passati in giudicato.             Ma per piegarsi al sistema è necessario comunque entrarci (e solo Dio sa quanti vorrebbero entrare !!), e dunque “Don Nunzio come è entrato nel sistema e chi lo ha fatto entrare ?”.

            Per capirlo dovremo ritornare ai primi passi fatti dal giovane e intraprendente Nunzio Vincenzo Scarano che da brillante funzionario della Deutche Bank lascia la veste civile per avventurarsi nel complicato ed inesplorato “sistema economico-finanziario della Chiesa”, probabilmente portato per mano da mani esperte ed affidabili, almeno per don Nunzio e tanti altri giovani salernitani, di quella che passerà alla storia come “l’epoca d’oro delle vocazioni”.

            Ma questo cercherò di analizzarlo nei prossimi articoli partendo da una convinzione assoluta: “don Nunzio ha soltanto disciplinatamente ubbidito” e che per questo la verità non è sempre utile.

            Ecco la riflessione integrale dell’avv. Salvatore Memoli:

Don Nunzio Scarano: l’attesa della verità

di Salvatore Memoli

Attraversa silenziosamente e con modi raccolti le strade della città, tra le mani appena chiuse si scorge una coroncina del Santo Rosario, ne recita in continuazione e sempre con una Fede convinta ed implorante. Tutti i giorni, qualsiasi il clima, soprattutto sul lungomare che per lui inizia a Santa Lucia,  raggiunge le più lunghe distanze a piedi, passo lento e misurato, attento a conservare il suo raccoglimento ed a schivare occhi curiosi, non sempre benevoli ed incoraggianti. Sono ormai molti i mesi che come un serto doloroso si intrecciano, uno dopo l’altro, fino a mettere insieme anni, che don Nunzio Scarano, spesso in compagnia di un confratello, si consuma insieme a giornate di sole, di pioggia o di vento, in questo esercizio di penitenza e di orazione, aspettando che un bagliore di verità incontri una crepa nel macigno di cattiveria, di moralismo, di fatti interpretati male e di groviglio di cose reali e cose immaginate. Non entra nelle Chiese della città, non può entrarci per obbedienza, almeno fino a che tutto sarà chiarito, tutto riassumerà contorni di una verità non più  tirata per la giacca, un libello di accuse che fa male alla Chiesa prima che al religioso. Dalla residenza vaticana alla sua casa, raccontata come in un film di fantascienza per fare scalpore, con quadri firmati e d’autore che erano copie riuscite bene a qualche principiante, il passo fu breve, dopo che un disegno perverso ed indegno ne decise l’allontanamento forzoso. Tutti gli hanno gridato contro, pochi conoscono la verità, ancor meno persone sono interessate a cambiare le loro idee sulla Chiesa corrotta e sul prete finanziere. Tutto è perfino difficile da spiegare, anche l’ingenuità imperdonabile che lo ha accompagnato, permettendo a voraci fiere di girargli intorno e di blandire le sue qualità. Tutto è difficile da dire di un mondo che dovrebbe profumare d’incenso e che diffonde miasmi vomitevoli di corruzione e di cecità spirituale fino ai suoi vertici benedicenti. Le maglie della catena non sono tutte eguali e tra esse ci sono le più fragili, quelle che parano i colpi del male altrui. Poi ci sono i processi degli uomini, avvolti di penetrante ricerca della verità che si ripromettono di dare a chi aspetta una risposta che sarà parziale e lacunosa ma essa sarà la verità che calma la loro sete di vendetta. Non importa se altre potranno essere le sequenze di un fatto mai raccontato e conosciuto. Don Nunzio sta in mezzo a questa verità che altri non vogliono conoscere, non importa a nessuno se sarà schiacciato da una verità apparente che assolve tutti e schiaccia l’unico che, forse, voleva veramente altro. Sono anni che vedo consumare la sua vita, per contro assisto ad uno schiarire della sua vita di Fede ed al suo affidarsi nelle mani di Dio. La sua vicenda mi esalta e mi schiaccia al tempo stesso. Sono suo amico sincero, nessuno potrà impedirmi di volergli bene anche se fosse realmente colpevole. Conosco i suoi limiti ed i suoi slanci di carità reale. Non gli ho girato la faccia, non gli racconto favole, gli presento un conto salato ma lo difendo da chi gli mormora alle spalle, gli sputa e lo minaccia in nome di una presunzione di colpevolezza che contraddice il principio di presunzione di innocenza che nemmeno i suoi superiori e confratelli conoscono e praticano, avvolti da sentimenti indegni del vero amore Cristiano. Sono anni che questo prete non vive, se non per la Preghiera e la donazione di tutti a Dio. A quel Dio che condanna quelli che si credono santi e premia prostitute e ladri con cuore sincero e contrito. Ma forse è vero che in certi mondi certa luce non arriva, mentre io credo che entrerà nelle menti e nei cuori “laici” di chi deve capire e definire la “verità vera” dei fatti.

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