Antonio Calandriello: “Ndniuccio”, un uomo … una storia

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – “La perdita di Antonio mi ha creato un grande vuoto, insieme a lui sono volati via tanti ricordi della mia giovinezza. Antonio è stato prima il fratello maggiore a cui ci rivolgevamo quando combinavamo qualche guaio (come dimenticare la notte in cui facemmo un incidente in auto e bussammo al suo portone all’una di notte e lui e Giovanna ci accolsero e ci confortarono, oltre alle ovvie medicazioni del caso!) e poi il medico che si è preso cura con amore e passione dei nostri genitori e dei nostri nonni (mia nonna voleva solo Ndniuccio suo, come lo chiamava lei, e quante volte Antonio l’ha fatta rinascere sia con le cure sia con il suo straordinario affetto! Anche tu sei rinato più volte dalle malattie che ti hanno tormentato fin da ragazzo, questa volta purtroppo non è andata così, mi lasci in eredità la tua allegria, il tuo sorriso bonario e quell’umorismo degno solo delle gradi menti. Un abbraccio amico mio, avrai sempre un posto speciale nel mio cuore”.

Sono queste le parole, semplici e complicate insieme, comunque stracolme di amore e di riconoscenza, con le quali Michele Cavallone, noto professionista sassanese domiciliato a Napoli, ricorda Antonio Calandriello prematuramente scomparso nella notte tra l’ 11 e il 12 dicembre scorso all’età di 68 anni.

Chi è stato Antonio Calandriello ?

Antonio, lo chiamo per nome di battesimo in virtù di una lunghissima conoscenza, è stato innanzitutto un uomo, ed essendo stato un uomo ha anche avuto una storia tutta sua, forse particolare, comunque intensa sia sotto il profilo umano che professionale, politico e imprenditoriale.

E’ stato un medico, specialista in “fisiopatologia respiratoria” e primario ospedaliero presso il presidio L. Curto di Polla per molti anni; un’attività professionale che ha svolto per decenni con grande passione, competenza, disponibilità ed umanità. Un’attività, quella di medico, che ha espletato fino all’ultimo collaborando con una clinica privata battipagliese dopo il pensionamento dalla sanità pubblica.

E’ stato un uomo impegnato a fasi alterne anche nel mondo della politica locale, provinciale e nazionale; con la D.C. era stato consigliere comunale a Sassano e consigliere provinciale a Salerno; e per qualche tempo anche nel consiglio nazionale del P.D.

E’ stato coordinatore per il Vallo di Diano dell’Istituto di Studi Europei “Alcide De Gasperi” (organismo nel quale aveva coinvolto anche me, immeritatamente).

E’ stato anche, se non soprattutto, tra i pochissimi fondatori della BCC Sassano (Banca di Credito Cooperativo), nata per contrastare lo strapotere socialista dei primi anni ’80, che ha presieduto dal primo all’ultimo giorno, per circa trent’anni; fino a quando il piccolo ma solido istituto di credito è stato aggregato alla Banca del Cilento; una presidenza forte ed a tratti molto personalizzata, condotta tra alti e bassi soprattutto negli ultimi tempi, anche quando le sue condizioni di salute non gli consentirono di difendersi alla grande dalle imboscate ordite fin dentro le stanze più segrete di quella banca che coccolava come una “sua creatura”. Sempre e comunque al “servizio dell’economia locale”.

E grazie alla sua attività professionale di medico e di banchiere è stato anche capace di creare corposi momenti di solidarietà verso il prossimo che hanno coinvolto nel lavoro numerosi giovani, alcuni dei quali anche nel lavoro bancario, con punte di eccellenza professionale.

Look sempre ineccepibile, dall’aspetto fisico sempre in forma, Antonio è sicuramente stato un uomo con la “U” maiuscola, e come tutti gli uomini ha avuto pregi e difetti ed ha riscosso consensi e dissensi.

Un filosofo del passato diceva che un uomo vince la sua battaglia di vita quando riesce a superare il 50% dei consensi per l’azione che solitamente e quotidianamente svolge. Ebbene, per come l’ho conosciuto, Antonio superava brillantemente almeno il 90% dei consensi e dell’affetto di chi ha avuto modo di conoscerlo; quindi è facile, oggi, affermare, che ha sicuramente vinto la sua sfida con la vita terrena e che da qualche giorno si sta disponendo ad affrontare quella che lo vedrà impegnato per l’eternità.

Antonio è stato, sostanzialmente, un uomo perbene, disponibile, buono, aperto, a tratti anche un po’ spigoloso ma soltanto con chi non era sincero.

E’ stato protagonista, a livello locale, di battaglie politiche ingaggiate senza esclusione di colpi con Gaetano e Vincenzo; per quella che è passata alla storia come la “sacra trimurti” (Antonio, Gaetano e Vincenzo) che ha dominato la scena politica e pubblica sassanese per almeno trent’anni.

Ha avuto in particolare una virtù; quella di aver fatto crescere alla sua ombra diversi personaggi che ancora oggi rappresentano una parte della classe dirigente sassanese e valdianese; e come sempre accade nella vita degli uomini è stato ripagato con sufficiente distacco per non dire palese irriconoscenza.

Sotto il profilo della salute fisica è stato minato, fin da giovane studente universitario, da un male che  ha combattuto per tutta la vita; un male che con tutta probabilità lo ha sconfitto sulla soglia dei 68 anni; dopo averlo sconvolto anche nei momenti drammatici della chiusura della Banca, e nei momenti più belli della vita personale e familiare togliendogli la gioia di presenziare in perfetta forma fisica al matrimonio di uno dei suoi figli.

Ha avuto intorno a se, fino all’ultimo respiro, tutto l’amore possibile da parte della moglie (conosciuta sui banchi dell’università), dei suoi figli, delle nuore e dei nipotini.

Ai suoi funerali, celebrati nella chiesa Sant’Anna di Sala Consilina, tantissima gente comune e tutte le autorità religiose, politiche e istituzionali del Vallo di Diano, e anche oltre.

Ricordi personali

Ho conosciuto Antonio nel lontano 1968 (io ventitreenne e lui diciassettenne) e da allora non ci siamo mai persi di vista pur non essendoci frequentati con metodicità quotidiana come può capitare a due amici vicini; eravamo “amici lontani” ma pur sempre amici sinceri e liberi da ogni condizionamento personale, professionale e politico (lui democristiano ed io socialista).

Negli ultimi anni, per ragioni legate alla conclusione della sua esperienza bancaria, avevamo intensificato la nostra frequentazione; l’ho incontrato l’ultima volta nel settembre scorso ed insieme abbiamo centellinato un ottimo caffè; mi ha raccontato alcune delle grandi delusioni della sua vita, si sentiva tradito proprio da chi aveva certosinamente costruito e lanciato nel mondo delle professioni e della vita pubblica.

Il ricordo più bello che ho di lui risale, però, a diversi anni fa ed è legato alla sua professione di medico. Gianni, un ragazzo del Caiazzano, era gravemente malato e ricoverato presso il Ruggi di Salerno. Io e Antonio, insieme ai genitori del ragazzo (morto all’età di 20 anni per lo stesso male che aveva colpito Antonio quando era studente universitario), passammo una intera nottata su e giù per i corridoi dell’ospedale per stare vicini a quella giovane vita che si stava spegnendo.

In quella occasione Antonio, medico e politico già affermato, dimostrò di essere anche, se non soprattutto, un uomo.

Voglio ricordarlo così, per sempre.

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