La lettura: non solo indicatore di cultura.

 

Prof. Nicola Femminella

prof. Nicola Femminella

L’OCSE organizza ogni tre anni, a partire dal 2000, Il Programme  for International  Student  Assessment, noto con l’acronimo Pisa, che rileva le competenze acquisite dagli studenti quindicenni nella lettura (su questa porrò qui l’accento), matematica e scienze, unite a notizie fornite dai ragazzi in un questionario. Il programma mostra dati e informazioni rilevanti, molto più valevoli di quanto si possa pensare. Sono attesi in tutti i paesi del mondo dagli studiosi dei sistemi scolastici, nonché dai governi e dagli istituti di economia, perché sono indicatori e parametri preziosi per verificare in che misura i soggetti testati abbiano acquisito talune competenze giudicate essenziali per svolgere un ruolo attivo e consapevole all’interno della società costituita di appartenenza e in che misura riescono a essere imprenditori di se stessi e tetragoni nell’affermazione del proprio io. Obiettivi che oggi si impongono alle giovani generazioni che vivono una condizione in cui necessariamente sono chiamati a confrontarsi, a interfacciarsi come si usa dire oggi, con due sfide irte di difficoltà: la società allargata, globale, in cui opera la finanza planetaria, e la tecnologia avanzata, ogni giorno di più convulsa. I continenti comunicanti immettono sul mercato manovalanze prive di formazione e disponibili per qualsiasi mansione; dotate delle sole braccia si accontentano di salari e mercati neri solo per sopravvivere. Le masse che si spostano, però, contengono anche eserciti di laureati e diplomati dotati di talento plasmato da curricula gravosi e studi estenuanti, di conoscenze e competenze al massimo grado nelle nuove discipline, che sono ben accette dalle aziende alla ricerca sempre più selettiva della produttività e del massimo profitto. Nel 2030 Cina e India avranno il 50% di tutti i laureati nei paesi OCSE G-20.

Nel PISA 2018 la literacy in lettura è definita e precisata come il “comprendere, usare, valutare e riflettere su e impegnarsi con testi scritti, al fine di perseguire i propri obiettivi, di sviluppare le proprie conoscenze e il proprio potenziale e per partecipare attivamente nella società”.

Ne deriva che la capacità di saper leggere decodificare comprendere analizzare un testo scritto è sicuramente una strumentalità che tutti i giovani devono acquisire e possedere compiutamente, per non diventare “scarto” nella ricerca del lavoro. L’argomento è di somma rilevanza per le regioni del sud ed è fortemente legato al loro sviluppo socioeconomico. È qui che inizia la Questione Meridionale. Livelli bassi dei saperi essenziali, tagli al servizio scolastico, dispersione scolastica, numero di diplomati e laureati non in linea con i paesi avanzati, minano la possibilità dei ragazzi di entrare nei cicli produttivi del Paese, specie quelli introdotti dalle innovazioni dei tempi nuovi.

L’ultima rilevazione OCSE-Pisa è avvenuta nel 2018 ed ha interessato 79 paesi, coinvolgendo 600.000 studenti. L’Italia ha partecipato con 11.785 ragazzi di 550 scuole, rappresentativi di 521.223 studenti quindicenni (85% della popolazione totale dei quindicenni), divisa in 5 aree: Nord Est, Nord Ovest, Centro, Sud (comprende la Campania) e Sud Isole.  Per quanto concerne la lettura sono quattro le operazioni della mente che i lettori attivano, quando si confrontano con un testo; tre erano previste nella struttura informatica usata in precedenza: “individuare informazioni”, “comprendere” e “valutare e riflettere”. In quella del 2018 c’è stata una new entry: la “fluidità di lettura”, che è fondamento non trascurabile per le altre tre. Da circa 30 anni ho sostenuto che la lettura strumentale, prevedendo la capacità di “scivolare” sulle parole per poter leggere correttamente un testo e con tempi giusti, in modo “fluido” appunto, è senz’altro un prerequisito ineludibile che un lettore deve possedere, se intende comprendere agevolmente l’enunciato comunicativo racchiuso in un testo scritto. Se uno studente, nel corso della scuola dell’obbligo, acquista questa abilità, la lettura diviene strumento primario per la propria emancipazione culturale e sociale. Lo affermai decisamente nel mio libro sull’argomento “Giocaleggendo” del 1996. Da qui gli innumerevoli corsi tenuti in molte regioni sulla lettura strumentale e la creazione, nel novembre del 2019, del centro di ricerca “Spazio Lettura Insteia” a Polla, unico nel Mezzogiorno d’Italia, istituito in collaborazione con l’amministrazione comunale locale, voluto dal sindaco Giuliano e dagli assessori Pascale e Corleto che ne avevano compreso la mission volta a formare i docenti su un tema trascurato dall’Università e dall’IRRE (istituto regionale ricerca educativa).

Quali i risultati ottenuti dai nostri ragazzi? L’Italia si colloca tra il 23° e il 29° posto con il punteggio di 476 punti. Cina (B, S, J, Z) 555, Singapore (549), Macao (525) Hong Kong (524), Estonia (523), Finlandia (520), Irlanda (518), Corea (514) Polonia (508), Svezia e Nuova Zelanda (505). Giappone (504), Australia (503). È evidente la discrasia con il nostro Paese!

In Italia, il punteggio medio in lettura nel 2018 è stato uguale se non inferiore a quello rilevato nelle sei precedenti rilevazioni. Ciò sta ad attestare che nessuna inversione di tendenza è avvenuta nello spazio di 20 anni. Il che è di una gravità inammissibile, perché, aggiungo io, nessuna iniziativa si è avuta fino a oggi, nonostante nel 2000, a Lisbona, dopo l’analisi dei risultati i governi interessati furono invitati a colmare il buio delle negatività rilevate. Gli stessi risultati si sono avuti per matematica e scienze.

Riporto i dati del 2006, quando molti dichiararono che occorreva, da parte di tutte le componenti coinvolte nel sistema scolastico, una nuova consapevolezza e assunzione di responsabilità rispetto al problema. Li cito perché ognuno potrà verificare come essi siano simili a quelli emersi con la rilevazione del 2018, che sono i seguenti.

2018 – Punteggio medio in lettura per macroaria geografica: Media Ocse 487; Media Italia 476

Nord est 501 ; Nord ovest 498 ; Centro 484 ; Sud 453 ; Sud isole 439.

 

Risultati medi in lettura per tipologia di scuola: Media OCSE 487; Media Italia 476

Licei 521; Istituti tecnici 458; Istituti professionali 395.

Ma diamo i dati, più analitici, rilevati dall’OCSE nel 2006 nell’analisi dei diversi ordini di scuole delle macroaree.

 

2006 – Lettura – Per Macroaree e Ordine di scuole – Media OCSE 492; Media Italia 469

Gli studenti di liceo (con media pari a 525) si collocano:

Nord Est (565), Nord Ovest (556), Centro (535), Sud (496), Sud Isole (490)

Gli studenti degli istituti tecnici (con media pari a 463) si collocano:

Nord Est (502), Nord Ovest (490), Centro 479, Sud 431, Sud Isole 413).

Gli studenti degli istituti professionali (con media pari a 391) si collocano:

Nord Est 441, Nord Ovest  431, Centro 401, Sud 362, Sud Isole 332).

I dati significano, a dirla breve, che nella competenza di leggere e comprendere un testo scritto un alunno degli istituti superiori del sud che frequenta la classe 3a ha gli stessi requisiti di uno studente della classe 1a o 2a che abita a Padova o a Marostica.

Se scrutiamo con occhi acuti tra le pieghe dei dati testé citati, si scopre una delle cause, per me tra le più dannose, che appesantiscono il cammino dei giovani del sud verso la conquista di un posto di lavoro nella società odierna. E ancora di più lo sarà nel prossimo futuro.

Molti studenti del Sud, definiti Low performer (il termine sa di discriminazione) non raggiungono il livello minimo (2) di competenza. Tra i dieci migliori licei nessuno è a sud di Pisa. E potrei dare altri primati di uguale gravità riferiti soprattutto alla Campania, che in qualche rilevazione è risultata ultima! La sola Basilicata nel sud limita il deficit, avendo organizzato iniziative significative e risolutive del problema.

Trascurare ancora la questione è una folle cecità che non è più tollerabile, anche perché dalla prima rilevazione sono trascorsi 20 anni! È un male nascosto che investe le fondamenta della Questione Meridionale! Da qui le quote di finanziamento del Ricovery previste dalla U.E. per l’istruzione e per il sud. Draghi conosce bene il tema. Spero che gli dia la dovuta rilevanza e che i nostri politici decidano finalmente di studiarne i contenuti. Finora non l’hanno fatto.

Una iniziativa potrebbe essere realizzata in tutte le aree interne del Cilento. Non comporta alcuna difficoltà e prevede un investimento finanziario di poco conto, molto meno di uno spettacolo canoro. L’abbiamo predisposta  – partirà appena il Covid allenterà la sua presa – per i 14 paesi della Comunità Montana del Bussento, di concerto con il presidente Vincenzo Speranza, da molti anni particolarmente attento al problema. Analogo interesse ha mostrato il consigliere regionale Michele Cammarano, presidente della Commissione per le aree interne. 

L’iniziativa può essere così modulata:

a)      uno screening su tutti alunni della classe quinta della scuola primaria nei paesi del Cilento, Vallo di Diano, Alburni, Golfo di Policastro, per individuare il livello della competenza nel leggere un testo semplice e vicino al vissuto dei ragazzi;

b)      eliminazione del deficit con rilevazione finale dei livelli di lettura degli alunni;

c)      formazione dei docenti, in affiancamento al metodologo, perché assumano ogni elemento di conoscenza sulle metodiche della lettura veloce, affinché in ogni scuola ci siano uno o più docenti esperti di lettura strumentale pronti a intervenire per eliminare il deficit appena manifesto.

 

Non è un’azione che presenti difficoltà particolarmente gravose, perché io stesso, con un gruppo di lavoro, ho prodotto e portato a termine analoghe iniziative nel 2002 per conto delle Amministrazioni Provinciali di Potenza, in tutti e cinque i Distretti Scolastici, e di Salerno nei paesi del Vallo di Diano, e promosso un analogo suggerimento nella città di Pisa, da cui la dott.ssa Maria Cristina Serra ha tratto la sua tesi di laurea, assegnata dal prof. Fabrizio Wolkenstein Braccini dell’Università degli Studi di Pisa-Facoltà di Lingue e Letterature Straniere. Occorre, però, che il governo regionale, i presidenti delle comunità montane, i sindaci comprendano la valenza socioeconomica del problema per le nuove generazioni. Che l’Università si colleghi alle esigenze della società e alla scuola militante, che deve mobilitarsi. Che l’IRRE svolga per intero il proprio ruolo sulle criticità che permangono nelle scuole. Che si legga almeno il documento dell’OCSE, dal quale erompe un allarme a fare presto e a non perdere più tempo prezioso.

 

 

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