PD: la situazione è seria, ma non è grave … nonostante il fuoco amico

 

Aldo Bianchini

La partita per laa conquista della segreteria nazionale del PD appare come un derby tutto emiliano: a sinistra Stefano Boccaccini, al centro Elly Schlein, a destra Paola De Micheli

SALERNO – La domanda è: “Ma dove va il Partito Democratico ?”. Credo che ognuno avrà la risposta giusta, quindi inutile soffermarsi più di tanto nella ricerca di “una risposta”.

La mia risposta personale è che “il PD va alla ricerca di un inutile segretario” capace di garantire la continuità della specie, fino alle prossime lontane elezioni politiche, in quella cosa che la chiamano “P.D.” e che non ha più nulla dell’idea iniziale e fondativa del 2007; un partito nato per traghettare il pezzo più grosso della sinistra italiana dai salotti della sinistra inutile all’officina della sinistra utile. Difficile credere che ci sia ancora qualcuno disposto a credere che in questo PD ci sia ancora quella cosa che si chiamava “P.D.”.

Dopo la randellata infertagli da Matteo Renzi per aver fallito la tanto sospirata – giusta e lodevole operazione di restyling generale e, soprattutto, dopo l’inutile e vendicativa parentesi di Enrico Letta (che è stato capace di sfasciare quel poco che era rimasto) siamo alle solite con candidati che si propongono per la segreteria nazionale senza neppure essere iscritti al partito e con qualcuna conosciuta soltanto ai suoi più intimi familiari.

L’iscrizione ad un partito, per me, ha senso se gli iscritti sono gli unici titolati a votare ed a decidere; allargare a tutti questa possibilità non è democrazia ma soltanto finzione e presa per i fondelli.

Ma è arrivato Stefano Bonaccini che, dal suo covo nel circolo PD in Piazza Castello di Campogalliano, ha annunciato la sua candidatura per la segreteria nazionale.

Incredibilmente innovativa, ma assolutamente pericolosa, la sua idea di un PD del futuro: “Non chiedo a nessuno di votarmi, ma se dovessi essere eletto cambierò tutta la classe dirigente”, che suona come un invito alla  leadership (composta d una decina di incartapecoriti soloni gonfi di potere)  di autosuicidarsi. Mi chiedo se Bonaccini ha riflettuto bene prima di lanciare una simile dichiarazione che potrebbe avere l’effetto di un boomerang, tanta è la sua giusta violenza contro l’apparato dirigente.

Difatti la classe dirigente del PD è tutta composta da parlamentari eletti e i pochi cittadini-iscritti non hanno voce in capitolo; ad esclusione della Elly Schlein, l’ultima scienziata che il PD ha trovato in ordine di tempo e che ha subito graziato iscrivendola (forse !!) d’ufficio anche contro la sua stessa volontà.

Meglio credere, quindi, che Bonaccini abbia fatto soltanto spicciola pubblicità elettorale perché se eletto, come dicono un po’ tutti, come farà a cacciare dalla sede nazionale del partito personaggi famelici come   Debora Serracchiani o Paola De Micheli (solo per citare alcune delle mitiche nove donne introdotte dal femminista Renzi), o meglio ancora come farà a cacciare potentissimi uomini del calibro, ma solo per fare un esempio, di Dario Franceschini.

L’errore storico del PD è stato proprio quello dell’aver, piano piano, messo nelle mani dei parlamentari eletti tutte le chiavi e le leve del partito che finisce così di essere un partito di sinistra e consente agli elettori veri di dire “non sono abbastanza ricco da essere di sinistra”.

Ma la dichiarazione di Bonaccini potrebbe anche essere la primissima mossa verso quella che in tanti già definiscono come la necessaria scissione.

Perché delle due l’una: o Bonaccini non ha capito niente, o fa parte di un finto progetto di rinnovamento e rilancio.

Per chiudere, il problema del Pd non è l’anima e neppure il corpo in generale, ma la testa. Il problema vero, e grave, è il gruppo di dirigenti che probabilmente non ha mai digerito la nascita del Pd. Sia per gli iscritti che per quelli che votano comunque il PD non resta che piangere; a meno di non consolarsi con l’aforisma di Ennio Flaiano “la situazione è seria … ma non è grave”.

 

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