Piano Marshall … questa volta è cinese?

Filippo Ispirato

L’Europa alla fine della seconda guerra mondiale si presentava come un continente distrutto, da ricostruire completamente dopo anni di bombardamenti. Nel 1947 l’allora segretario di Stato degli Usa, George Marshall, annunciò un piano (il cosiddetto “Piano Marshall”) per avviare e sostenere la ricostruzione dell’Europa sia dal punto di vista economico, che infrastrutturale, politico e sociale. Ricordiamo che in quegli anni si era all’alba della guerra fredda che vedeva contrapporsi in un sistema duale due grandi superpotenze quali gli Usa e l’Urss. Grazie a questo piano di interventi l’Europa occidentale è riuscita in poco più di un paio di decadi a raggiungere un progresso economico-sociale al pari di quello americano, superando di gran lunga addirittura il suo sistema di welfare. L’obiettivo americano di ricostruire dalle macerie e dalla distruzione della guerra l’Europa è stato un grande successo dal punto di vista politico internazionale. Circa sessant’anni dopo le cose sono cambiate, in Europa è in corso una forte crisi, non bellica, ma finanziaria, una crisi tra le più forti dal dopoguerra ad oggi. Dal 2000 ci sono stati diversi eventi significativi nel sistema che hanno indebolito i governi occidentali in maniera via via più sensibile, la bolla dell’high tech nel 2000, la crisi del mercato delle obbligazioni societarie e dei bond internazionali nel 2003 e dei mutui subprime nel 2008, fino ad arrivare al 2010 con la crisi dei debiti sovrani (ossia del debito pubblico) di paesi quali Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo ed Italia. Tutti i paesi europei sono in affanno alle prese con una crisi del deficit e del debito pubblico che ha portato i governi a fare dei forti tagli sia sulla spesa pubblica e welfare che ad aumentare le tasse. Il tutto condito dalla sfiducia dei mercati finanziari che per tutta risposta non acquistano i loro titoli di stato aumentando, a causa della loro rischiosità, gli spread rispetto ai Bund tedeschi (considerati i titoli più sicuri). Gli Usa, alle prese con gli stessi problemi di casa nostra, stavolta non potranno venirci in aiuto. Chi potrà farlo al suo posto sullo scacchiere internazionale? La risposta ad oggi sembra essere la Cina. Notizia di questi giorni è che il governo di Pechino sta valutando di investire nel nostro continente e di acquistare titoli del debito italiano e degli altri paesi, in modo da immettere liquidità nel sistema e scongiurare un possibile default di alcuni stati. La Cina, che già in precedenza ha tamponato l’emergenza greca, acquistando gran parte delle quote azionarie del Pireo, il porto di Atene, facendolo divenire la sua porta verso il vecchio continente, potrebbe salvare l’Europa. Siamo davanti forse ad un nuovo piano Marshall in salsa cinese, in salsa agrodolce in quanto comunque bisognerà tener presente che la superpotenza asiatica non avrà intenti progressisti, ma principalmente economici per espandere la sua posizione e la sua influenza nei nostri territori, come già sta facendo in alcuni paesi dell’Africa subsahariana in maniera silenziosa. Siamo davanti ad un’Europa uscita fortemente ridimensionata non da una guerra mondiale, ma da un’eccessiva speculazione finanziaria, in nome dell’investment banking, a discapito dell’economia reale. Vedremo in futuro se l’Europa sarà in grado di imparare dagli errori del passato e a ritornare ad un modello di crescita più sostenibile legato all’economia reale, magari facendo profitto dall’esperienza passata e utilizzando in maniera proficua l’aiuto cinese che in questo momento potrebbe essere di vitale importanza, almeno nell’immediato.

 

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