Sogni giovanili e favole metropolitane

di Michele Ingenito

I volti seducenti dei giovani – lo sono tutti – sorridono sempre spontanei. Di sera, nei luoghi di evasione, nel tempo libero in genere. Sembrano non avere problemi, ammassati come sono tra i viali alberati o durante le movide cittadine. Eppure, già nei loro trenta anni e passa, quando rientrano a notte inoltrata, i loro musi annusano l’ozio del tempo che, in quanto tale, è inutile e vuoto. Si ingigantisce l’ombra del domani che verrà: senza prospettive, senza lavoro e, quel che è peggio, senza speranze. Fanno parte di una società che li ospita, ma non li accoglie per operare. Non c’è spazio, non c’è un’economia sufficiente, non c’è dinamismo operativo che stimoli le scelte e le conseguenti decisioni. Avvertono la disgregazione, il respingimento di una società che appare per questo sempre meno unita. Come la famiglia. Nuovi modelli si impongono, nuovi valori sempre più invasivi occupano le civiltà europee e affermano ciò che da lontane sponde attracca dentro i nostri confini. Come quell’utilitarismo brutale a stelle e strisce, le cui regole inflessibili traducono tutto in nome dell’interesse, della convenienza, del gelido rapporto tra calcolo e benefici. A dispetto dei sentimenti e delle passioni, delle emotività e degli impulsi, delle religioni e delle rivoluzioni. I valori perdono consensi tra le nuove generazioni attirate pericolosamente dal consumismo sfrenato, dalla competizione irrinunciabile. Quasi sempre in controtendenza con i loro genitori, in particolar modo con quelli provenienti da paesi lontani e integratisi in un’Europa ospitale, sì, ma sempre più sensibile ai non valori del consumismo e dell’utilitarismo. E mentre quei vecchi rinnovavano in questo nuovo altrove le proprie culture e le proprie civiltà, i neo integrati, cioè i figli, si lasciano andare con i coetanei ospitanti all’uso e all’abuso delle mode materialiste provenienti dall’infìda sponda americana. Esauritisi i valori, cala anche la spinta verso l’integrazione. Almeno da parte dei vecchi. Che rinsaldano sempre di più, e giustamente, gli antichi vincoli, le antiche tradizioni, i valori comuni dei propri paesi. La disoccupazione giovanile fa il resto. Le favole metropolitane si concentrano sui vuoti incontri della sera, per quella spruzzata di gioventù irradiata dai sorrisi dei volti, per una tristezza interiore che non concede spazio alla speranza.

 

 

 

 

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