Prestiti alle banche dalla BCE all’1%: ci sarà spazio per l’economia reale?

Filippo Ispirato

La Bce ha fornito, nella giornata di ieri, un’ingente quantità di liquidità alle banche dell’Eurozona. Un quantitativo pari a circa 500 miliardi di Euro, 489 per la precisione, con lo scopo di dare una boccata di ossigeno agli istituti di credito in forti difficoltà e con un 2012 alle porte pieno di scadenze di prestiti obbligazionari da rimborsare.

Draghi, governatore in carica a Francoforte, ha deciso di elargire la liquidità ad un tasso dell’1% con a fronte una garanzia sulle obbligazioni posseduto in portafoglio dalle banche.

Lo scopo della manovra messa in campo dalla Banca Centrale Europea è quello di aiutare e sostenere il mondo bancario europeo che sta attraversando una forte crisi sul piano della liquidità; in parole povere a diversi istituti di credito mancano le risorse necessarie di breve periodo per far fronte agli impegni assunti nel 2012. Dei 500 miliardi di Euro erogati, 116 sono stati utilizzati dalle banche del nostro paese. La Spagna, analogamente, ne ha prenotato un quantitativo simile.

Immettendo liquidità sotto forma di prestito al costo di un punto percentuale, sarà possibile soddisfare i bisogni immediati per quegli istituti bancari che sono in forte tensione di liquidità, in particolare quelle banche dei paesi del bacino mediterraneo, che potranno ottenere delle risorse finanziarie ad un costo basso e di molto inferiore a quello di mercato pari al 7%. Ogni istituto di credito, quindi, per reperire la liquidità necessaria ai suoi bilanci risparmierà il 6% circa in termini di interessi passivi.

Il problema centrale riguarda l’utilizzo che si farà di queste somme; come verranno utilizzate? Posto che, come analizzato in precedenza, la maggior parte delle somme verranno utilizzate per poter ripagare nel 2012 i prestiti obbligazionari contratti dagli istituti di credito che scadranno nell’anno a venire, per un quantitativo di ca 90 miliardi di Euro, la parte restante in che modo sarà impiegata?

Diverse sono le opzioni in gioco:

–        comprare altri Btp, in modo da pagare l’1% e ricevere degli interessi del 6,5% dai titoli di stato ottenendo un vantaggio economico da un lato (in quanto acquisterebbero dei buoni titoli a prezzo da saldo) e aiutando il Ministero dell’Economia sostenendo con l’acquisto il debito italiano, attualmente in crisi

–        prestare la liquidità in eccesso sul mercato interbancario, sempre per lucrare sulla differenza tra interessi a debito e a credito

–        sostenere l’economia reale, come sostenuto da Draghi, per finanziare il sistema paese delle varie nazioni di Eurolandia ed in particolare le imprese, alle prese con una forte stretta del credito

La terza soluzione, come ovvio, potrebbe essere quella più efficace per le economie delle nazioni in difficoltà e potrebbero innescare un circolo virtuoso. Con maggiore credito le aziende hanno la possibilità di sostenere i debiti nel breve, produrre con maggiore qualità grazie a maggiori somme da dedicare agli investimenti. Con più innovazione si è più competitivi e ci si differenzia rispetto alle produzioni di massa e basso costo dei giganti asiatici in via di sviluppo.

Se si opterà ancora per la finanza a discapito dell’economia reale, favorendo le prime due opzioni, questa manovra potrebbe risolversi in un nulla di fatto, le aziende ed il sistema impresa non ne beneficerebbero in alcun modo, lasciando la situazione attuale immutata o, se non peggio, indebolita.

Si prevede una seconda tranches di aiuti da parte della banca centrale europea al sistema del credito nel mese di Febbraio, ma difficilmente si potrà arrivare ad una soluzione concreta del problema della crisi dei debiti sovrani se non si favorisce la ripresa dell’economia reale.

A latere, comunque, va evidenziato l’ottimo operato di Draghi che con l’abbassamento dei tassi di sconto, all’inizio del suo mandato, e con l’iniezione di liquidità alle banche di questi giorni sta espletando a pieno le funzioni di una banca centrale attenta alle esigenza dell’economia di riferimento dei suoi paesi; spetta ora ai governi e al sistema del credito mettere in piedi le azioni  e le riforme necessarie ad uscire dalla crisi.

 

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