Lo spopolamento esige rimedi e interventi concreti

 

da prof. Nicola Femminella

(docente – scrittore – storico)

Prof. Nicola Femminella

Ho partecipato di recente a convegni e dibattiti, svolti nel Cilento, nei quali si è discusso di spopolamento e della new entry riguardante l’autonomia differenziata, di recente approvata dal Consiglio dei Ministri. In tutte le adunanze politici, amministratori ed esperti hanno esposto argomentazioni ricavate da un copia e incolla ricorrente. Servono per conciliare il sonno inarrestabile degli intervenuti, il più delle volte impediti nel porre qualche domanda o pronunciare una nota personale dal moderatore attento e rigoroso. La “scaletta” degli interventi è riservata ai soli relatori!  E così, in bell’ordine, concetti uguali. Nel primo caso si spiega il termine spopolamento (a parer mio posseduto anche dallo scemo del villaggio che non c’è), poi si fa riferimento alle cifre dell’emigrazione storica ad iniziare dalla fine del ‘700 (si possono trovare agevolmente su Internet) per passare poi a quella recente dei giovani laureati e diplomati (il fenomeno lo si nota facilmente nelle case di noi tutti, con i figli a Londra, Berlino, Milano, Roma e in altre aree geografiche). Si finisce col comminare le colpe al nord prevaricatore che, a cominciare dall’Unità d’Italia, ha depredato le regioni del sud,  fagocitando le risorse e i mezzi finanziari destinati alle nostre regioni. Rimedi e proposte per iniziative volte a ridurre i danni stentano ad apparire sui palchi.

Con l’autonomia differenziata si minacciano, invece, barricate e si denunciano i tagli alla spesa pubblica, che hanno penalizzato maggiormente le regioni del Mezzogiorno, peggiorando la rete dei servizi e chiudendo il rubinetto degli investimenti. Si preannunciano catastrofi che accresceranno il divario tra il centro-nord e il sud. Si richiamano la sanità e i viaggi della speranza al nord, le viabilità incompiute e le Frecce Rosse contese che procedono… a piccoli passi, i poli industriali promessi negli anni ’50 dalla Cassa per il Mezzogiorno, sperati e mai costruiti, la Scuola con le 200 ore in meno che i nostri studenti non trascorrono a fare scuola, il lavoro latitante o precario, talvolta respinto per una paga misera, inaccettabile. E poi le mafie che ci soffocano e mai estirpate e le accuse alle famiglie che iscrivono i figli presso le Università del nord destinati a rimanere in quelle regioni, senza spiegare che le famiglie e i giovani sono più accorti e informati degli studiosi e dei relatori. Al nord le Università seguono piani di studio più adeguati ai nuovi tempi e offrono esperienze lavorative anche prima del conseguimento del titolo di studio.

Per l’autonomia differenziata sorgono difficoltà aggiuntive che peseranno sulla questione, rendendola più offuscata con elementi nocivi e turbativi: alcuni governatori del Sud l’hanno accettata, evidenziando, così,  quella divisione che già ci assilla da secoli.  Questa, avvertono i relatori, rende ancora più debole ogni azione posta in essere per tutelare i nostri diritti. Tutte le argomentazioni esposte ed altre da me messe da parte per non tediare i lettori, ma di cui ho parlato in altri articoli nel passato, contengono certamente elementi di contenuto veri che da tempo ci opprimono e ci impediscono di colmare, anche in parte, le fragilità nell’economia e nei servizi che caratterizzano l’esistenza dei meridionali. Ma se ne parla in ogni occasione tantissimo! Ormai le parole ripetute fino alla noia non entrano neppure nelle orecchie di colui che le ascolta con pazienza certosina.

A parer mio, invece, è tempo di agire, di sventolare la bandiera di un protagonismo che, in taluni casi, deriva dal carico di responsabilità che molti assumono, ricoprendo incarichi di rappresentanza democratica. Occorrono azioni mirate e concrete, progetti studiati e cercati, di protagonisti che lo vogliono essere a tutti i costi e contro ogni avversità o impedimento. Necessita l’impegno tenace e determinato, recuperando quello, messo ormai da parte, a causa di una rassegnazione paralizzante. Ognuno di noi deve entrare in campo e disputare la partita del riscatto. Bisogna segnare il maggior numero di reti, per evitare una ulteriore retrocessione. Gli amministratori e gli adulti sono convocati per dare l’esempio. Altrimenti i giovani consumano gran parte del loro tempo, dialogando con il telefonino e il web, assumono quote dannose di disaffezione e lontananza dalla politica attiva, di disattenzione ai bisogni comuni. Molti di loro si piegano su se stessi e si rifugiano nella movida o nel gioco d’azzardo; si ha notizia di giovanissimi che sprofondano nell’abisso della droga, nel labirinto della violenza gratuita o nella velocità folle sulle strade con l’auto dei genitori. I più coraggiosi prendono il trolley e partono. Non sempre verso una destinazione rassicurante. Eppure quanta energia è riposta nelle loro fibre! Quante capacità che possono tramutarsi in competenze e in progetti! Quanta passione possono esprimere per un compito assegnato! Possono scalfire sulle rocce destini diversi, sfavillanti per sé e per le comunità. Immessi nella società come persone attive, diventano propulsivi e creativi, possono svolgere qualsiasi ruolo e recitare la propria parte nel migliore dei modi. Le loro performance possono raggiungere livelli impensabili. Lo posso testimoniare per tutto il tempo che ho trascorso con loro a fare scuola, a fare ricerca. Lo può attestare il Presidente delle Aree Interne del Cilento, l’on. Michele Cammarano, avendo visitato molte aziende innovative condotte da giovani imprenditori e di cui ha comunicato i risultati sorprendenti all’interno delle sottocommissioni in cui mi sono trovato ad operare. I giovani hanno bisogno di un faro che illumini la strada giusta da intraprendere. Volendo però evitare le secche del blaterare alla luna e avendo parlato di fari di cui hanno bisogno i giovani destinati ad emigrare, ne voglio riportare qui due che hanno illuminato percorsi virtuosi lungo i quali sono avvenuti eventi di straordinario e significativo rilievo. Mi riferisco a due aggregati di Comuni, creati nell’area di Agropoli e nel Cilento centrale. Trattasi dell’Unione dei Comuni di Paestum-Alto Cilento, promosso dall’amico Franco Alfieri (composto di 13 Comuni) e dell’Associazione dei Comuni del Cilento Centrale, responsabile della segreteria. Renato Di Gregorio, presidente il Sindaco di Ascea, Pietro D’Angiolillo (costituito da 23 Comuni). Ne ho scritto diffusamente. Destano meraviglia i risultati conseguiti in pochissimo tempo, tutti destinati a promuovere lo sviluppo socio-economico del territorio interessato. Ognuno potrà conoscerne le finalità istitutive e i risultati raggiunti, andando sui siti delle due associazioni e sicuramente nei prossimi giorni si avranno notizie di altri obiettivi conseguiti. I responsabili dei due organismi, dotati di acume politico e professionalità eminenti, studiano e pongono in essere modelli di gestione e sviluppo del territorio, di azioni e strategie partecipate, di progetti calibrati sulle risorse (ne abbiamo tante nel Cilento!) e sui dispositivi emanati dalle istituzioni per finanziare iniziative volte ad allentare la presa del divario nord-sud, per affrontare su basi solide e concrete la piaga dello spopolamento dei nostri borghi. Dimostrano con la loro azione che sussistono condizioni di crescita e risorse che, utilizzate con procedure e modalità di gestione ispirate da elevate conoscenze e competenze collaudate già in altri luoghi, possono indurre le giovani generazioni a ritardare la partenza verso regioni più invoglianti. Auspico che nelle nostre contrade possa risuonare il grido “Io resto” con una speranza in più.

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