Tangentopoli: l’ipotesi di Carmelo Conte

Aldo Bianchini

SALERNO – Ho letto con molta attenzione l’analisi che l’ex ministro Carmelo Conte ha fatto della tangentopoli nazionale e locale. La stessa attenzione non gli è stata riservata dal quotidiano “La Città” che ha si pubblicato l’analisi ma l’ha relegata in un punto oscuro del giornale. Ma così vanno le cose, se  Conte si accontenta di essere bistrattato bontà sua. Il problema che più mi interessa è il contenuto dell’analisi che Conte fa su quel fenomeno devastante che tra il 1992 e il 1994 devastò la politica nazionale e locale decretando la fine ingloriosa della cosiddetta “Prima Repubblica”. L’ipotesi che Conte racchiude nelle poche colonne messegli a disposizione è un’ipotesi che conosco da tempo e che non ho mai condiviso fino in fondo pur essendo stato uno degli più strenui difensori dell’ex ministro. Perché al di là dell’azione dei magistrati, al di là dell’ipotesi dell’ex ministro, rimane un fatto certo: Carmelo Conte in quel periodo è stato letteralmente demolito da un attacco giudiziario preordinato, prevenuto e senza precedenti. Al di là delle colpe che anche l’ex ministro ha avuto. L’ipotesi di Conte parte da lontano, dalla caduta del “Muro di Berlino”, dall’abolizione delle barriere doganali e dall’apertura dei mercati a livello globale. Conte per avallare la sua ipotesi chiama in campo i “servizi segreti deviati” della Germania Est e un legame che questi avrebbero avuto con il giovane Antonio Di Pietro che aveva trascorso alcuni anni in Germania in assoluto silenzio mediatico. Conte si appella anche ad una fantomatica congiura di stampo mafioso che in connubio con pezzi istituzionali dello stato che insieme avrebbero pianificato la strategia della tensione con le grandi stragi, da Falcone a Borsellino, dalla galleria degli uffizi di Firenze a San Giovanni in Laterano di Roma, fino all’elezione di Oscar Luigi Scalfaro alla presidenza della repubblica. Poi Conte racconta anche l’episodio, certamente vero, della richiesta di Cuccia a Craxi di formare un governo forte nel ’90 spalleggiato dal “potere bancario” che avrebbe potuto condizionare la politica ed anche l’azione che stava avviandosi alla deviazione della magistratura. Che dire di questa ricostruzione di Carmelo Conte, non nuova ripeto ma pur sempre verosimile. Io personalmente non credo a questa congiura strategica di tipo internazionale, penso e credo però che in  quegli anni i “servizi segreti deviati”, innanzitutto quelli italiani e poi quelli degli altri Paesi, abbiano cercato di guidare e pilotare alcuni grossi movimenti planetari dovuti all’insorgere del potere economico-bancario che senza dubbio il mitico Enrico Cuccia aveva già individuato qualche anno prima. Ma erano movimenti ormai non più riconducibili in una dimensione ed in un alveo prettamente e soltanto di natura politica. E perché? Facile la risposta. Perché la politica aveva perso il treno, aveva contraddetto se stessa ed era finita nelle secche della corruzione e delle tangenti. Conte cita specificamente l’azione della Procura di Milano con il pool “mani pulite”. Ebbene quel pool chiese l’arresto di 2.565 persone, 1.408 patteggiarono la pena, 367 furono condannate e 790 furono prosciolte. Questi dati, da soli, danno l’esatta dimensione di cosa fu quel fenomeno che, spesso, negli anni successivi molti addetti ai lavori hanno cercato di sminuire o minimizzare. Anche io non sono stato mai dolce verso i magistrati, quelli più apertamente prevenuti, ma non ho mai creduto che i politici in genere non avessero mai sporcato le loro mani. Questo fu il grimaldello che fece scoppiare tangentopoli, la dilagante corruzione (un po’ come sta avvenendo oggi!!) era divenuta ormai incontrollabile anche da parte degli stessi politici che avevano perso i confini della sua immensa dimensione. Poi, a distanza di anni, tutte le ipotesi sono possibili e, perché no, anche ammissibili. Prima però sarebbe necessario un bagno di umiltà ed un esame di coscienza sereno e severo, anche da parte di Carmelo Conte.

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